Tancredi e Ghismunda: trama, temi, analisi e personaggi
Indice
1Tancredi e Ghismunda, introduzione
“Tancredi, prenze di Salerno, uccide l'amante della figliuola e mandale il cuore in una coppa d'oro; la quale, messa sopr'esso acqua avvelenata, quella si bee e così muore”.
Filostrato decide che il tema della quarta giornata siano gli amori infelici; ordina a Fiammetta di cominciare a narrare la quale si lascia sfuggire un commento sulla difficoltà del tema: dice che si tratta di una «fiera materia», ostica quindi, e che il re sta chiedendo una cosa assai difficile: dilettarsi e rallegrarsi attraverso il male che è toccato in sorte agli altri. Si chiede come mai a Filostrato sia venuto in mente un simile tema: «Forse per temperare alquanto la letizia avuta li giorni passati l'ha fatto: ma che se l'abbia mosso, poi che a me non si conviene di mutare il suo piacere, un pietoso accidente, anzi sventurato e degno delle nostre lagrime, racconterò». Insomma qualunque sia il motivo, lo accontenterà.
La parola usata da Fiammetta è strategica: “temperare”. Infatti dobbiamo supporre che la prima circolazione del Decameron avvenisse a gruppi di novelle o per giornate, e dobbiamo convenire che le prime tre giornate siano degne del nomignolo boccaccesco: scherzi, amori adulteri, amoralità, avventura, etc. L’autore stesso aveva sentito l’esigenza di giustificarsi con la famosa apologia della sua opera posta proprio ad inizio della quarta giornata. Guarda un po’: adesso il tema varia d’improvviso, ecco gli amori infelici, con il loro carico di pathos e sentimentalismo. Questi racconti temperano gli eccessi dei giorni precedenti e mostrano come l’enorme contenitore narrativo del Decameron sia davvero duttile.
2Tancredi e Ghismunda: trama
Tancredi, principe di Salerno, uomo di grande umanità e indole generosa, è padre di Ghismunda, figlia che ama oltre misura, in modo quasi ossessivo, al punto che prima ne ritarda il matrimonio e poi, quando lei è rimasta vedova, fa di tutto per impedirle di risposarsi, allo scopo di trattenerla a sé. La ragazza è combattuta tra l’amore dovuto al padre e il desiderio di evadere dall’isolamento in cui è costretta. Col passare del tempo, comincia a nutrire il desiderio di innamorarsi: da tempo non prova le gioie dell’amore, da tempo non giace con un uomo e vorrebbe almeno un amante.
L’occasione arriva quando la ragazza subisce il fascino di un paggio a servizio del padre, di nome Guiscardo. Questi è un ragazzo bello e di animo gentile, sebbene povero e di umili origini. L’amore è corrisposto subito da Guiscardo non indifferente alla bellezza e nobiltà di Ghismunda. La ama in segreto. I due devono adesso trovare una modo per incontrarsi senza destare sospetti.
Ghismunda lo avverte recapitandogli con l’astuzia un messaggio nascosto in una canna di bambù. A favorire l’incontro c’è un passaggio segreto, una scala di cui nessuno serba memoria, che collega la camera di Ghismunda ad una grotta scavata nel monte a ridosso del palazzo. Guiscardo può calarsi agilmente nella grotta con una corda e raggiungere le stanze dell’amata. I due giovani possono così coronare il loro idillio amoroso.
Un giorno però Tancredi, come consuetudine, fa visita a Ghismunda nelle sue stanze, ma non la trova. Allora si siede ad aspettarla dietro ad un baldacchino, dove si addormenta. Nel frattempo Ghismunda, ignara della presenza del padre, riceve in segreto Guiscardo. Tancredi si sveglia quando vede i due ragazzi giacere insieme. Sbigottito e turbato per quel che sta accadendo, decide comunque di restare nascosto per evitare lo scandalo e soprattutto per darsi il tempo di decidere a mente fredda come risolvere questa situazione.
La prima mossa è far arrestare Guiscardo e rinchiuderlo in una stanza sorvegliato giorno e notte. La seconda mossa è comunicare a Ghismunda di aver scoperto la sua tresca con un uomo che, non solo è un amante (e non il coniuge), ma è addirittura di condizione inferiore, onta inaccettabile per il loro rango nobiliare.
Pur temendo che Guiscardo sia già morto, Ghismunda non perde la testa e in un lungo e accorato discorso, confessa al padre il suo amore per Guiscardo, esaltandone la virtù e la grandezza interiore, e ribadendo che la nobiltà non dipende dal sangue perché tutti gli uomini nascono uguali e solo la sorte a determinare la loro condizione con svolte impreviste. È una vera e propria apologia della gentilezza. Concludendo, lascia intendere al padre che si ucciderà, se accadrà qualcosa di brutto a Guiscardo.
Tancredi stenta a credere a quanto sente: è accecato dalla gelosia e, pur non credendo che possa arrivare a uccidersi, decide di punire Guiscardo. Ordina alle sue guardie di strangolare Guiscardo e strappargli il cuore – il colpevole simbolico, se così si può dire. Lo fa consegnare in una coppa d’oro alla figlia, accompagnato da una frase che chiarisce l’intento vendicativo del gesto.
Tuttavia Ghismunda, aveva già presagito quel che sarebbe accaduto e aveva distillato delle radici velenose per creare una pozione mortale. Dopo un appassionato elogio all’amato, versata la fiala di veleno sul cuore dell’amato, la beve da lì. Poi si sdraia sul letto in attesa della morte accostando il cuore dell’amato al suo, mentre le ancelle corrono a informare dell’accaduto Tancredi, che corre subito al capezzale della figlia: troppo tardi, ormai. Ghismunda è già in agonia. Ha però il tempo di esprimere un ultimo desiderio: chiede al padre di seppellirla al fianco di Guiscardo. E muore. Tancredi, straziato dal dolore e roso dai sensi di colpa, esaudisce quel desiderio e fa seppellire insieme i due amanti.
3Temi della novella Tancredi e Ghismunda
Il tema al centro di questa novella è l'amore sensuale, con la sua dirompente forza naturale, che l’intelligenza delle persone dovrebbe lasciare libero di esprimersi, senza porre vincoli artefatti, come il concetto di nobiltà che Boccaccio vuole qui smitizzare con un exemplum perfetto in cui Tancredi cerca di reprimere l’amore, che però, seppur tragicamente, trionfa. Molto significativo è Il fatto che sia Ghismunda ad affrontare il padre con un discorso che è un piccolo capolavoro di retorica e legittima il proprio comportamento in cui rivendica il diritto ad una propria vita sessuale, disponendo del proprio corpo come meglio crede; è impossibile resistere al «concupiscibile disidero» e sfidare «le leggi della giovanezza», dice la protagonista. Ghismunda non crede di aver fatto niente di male se non il «natural peccato», ossia aver assecondato la propria natura umana e i propri istinti. Tancredi, invece, è contro natura negandole di risposarsi.
La tresca tra Ghismunda e Guiscardo è inoltre un topos che si ricollega in parte agli amori furtivi della letteratura cortese, ma con un'importante differenza: l’amante non è cavaliere – e quindi un nobile – e la soddisfazione dei desideri carnali non è il punto di arrivo, ma la scintilla della relazione.
Dalla differenza di classe sociale, scaturisce il secondo tema, quello della nobiltà: chi è il vero nobile? Tancredi lo è di sangue, sì, ma si comporta in modo meschino e non come un magnanimo felice che la figlia possa tornare ad amare dopo che ha già subito il lutto del primo marito. Al contrario, la ostacola e la spinge alla morte uccidendo il suo amato. Ghismunda, invece, protagonista assoluta della novella si presenta come una vera “eroina", nobile di sangue e nel comportamento capace di mettere in discussione il concetto di peccato.
4Tancredi e Ghismunda: personaggi
Il personaggio di Ghismunda in parte riprende stereotipi già presenti nella tradizione precedente: è una donna di bell’aspetto e nobile; ma è anche una donna forte, coraggiosa, dignitosa, intelligente, capace di prendere l’iniziativa e di trovare un modo per realizzare ciò che desidera, e soprattutto eloquente e colta. Da un lato ricorda alcune protagoniste dei romanzi cortesi (Ginevra, Isotta,…), dall'altro evoca la figura della Francesca incontrata da Dante tra i lussuriosi nel famoso canto V dell’Inferno.
Guiscardo, per quanto rimanga in secondo piano, è un personaggio affine, per nobiltà e virtù alla bella eroina del racconto.
Antagonista e opposto morale di Ghismunda è il padre Tancredi, figura complessa ed incoerente, che al confronto con la lineare coerenza degli affetti di Ghismunda, rivela un irrisolvibile contrasto interiore: da una parte è infatti un principe virtuoso, dall’altra si rivela un padre vendicativo, che ammira la grandezza della figlia ma legato a lei da un amore morboso, quasi incestuoso, nei suoi confronti. Questa contrapposizione riproduce la discrepanza tra due mondi e due concezioni diverse della vita: l’apertura a un nuovo codice morale della gioventù (Ghismunda), l’aristocrazia chiusa e superba, incapace di cambiare se stessa (Tancredi).
5Tancredi e Ghismunda: analisi
La parte iniziale della novella è composta da un prologo – solito espediente per presentare i due personaggi principali – e da un antefatto in cui si narrano gli amori di Ghismunda con Guiscardo e del modo in cui sono riusciti a coronare il loro amore. L’azione comincia quando il narratore racconta la svolta negativa della sorte dei due amanti.
Tre diventano i nuclei narrativi:
- Tancredi scopre i due amanti e fa arrestare Guiscardo;
- dialogo tra Tancredi e la figlia con l’apologia di Ghismunda;
- uccisione di Guiscardo, Tancredi invia il cuore di Guiscardo a Ghismunda, suicidio di quest’ultima. La conclusione della vicenda è affidata all’ultimo desiderio di Ghismunda.
Questa è una tra le novelle più elevate del Decameron da un punto di vista stilistico che tocca il suo acme nel discorso appassionato della protagonista al padre, in una perfetta evocazione dei modelli cortesi, tipici della letteratura romanzesca in lingua d’oil e della poesia lirica in lingua d’oc. I valori di quella tradizione rappresentano per il mondo borghese cui appartiene Boccaccio la sfera ideale, sebbene per lo più non realistica, cui tendere come modello esistenziale e sociale.
Gli elementi tematici e strutturali ripresi nella novella da un punto di vista tematico sono il rapporto determinante tra amore e gentilezza, che contraddistingue entrambi gli amanti; la contrapposizione tra nobiltà di sangue e nobiltà d’animo, che si lega soprattutto all’orizzonte stilnovistico, ben noto all’autore.
Per quanto riguarda gli aspetti tematico-narrativi non si può non sottolineare la presenza della caverna e le difficoltà anche fisiche che il giovane deve affrontare per incontrare l’amata, ben ricollegabili alle prove d’amore per conquistare la dama. Anche il topos del cuore strappato all’amato e consegnato all’amante è un topos letterario antico, già riutilizzato da Dante nella Vita nova, quando racconta il suo sogno in cui Beatrice si nutre del suo cuore. Il particolare macabro del cuore strappato dal petto del servo è simile a quello della novella del cuore mangiato (IV, 9), in cui il marito tradito imbandisce alla moglie il cuore dell'amante di lei, che poi si uccide; anche nella famosa novella di Elisabetta da Messina (IV, 5) c'è il dettaglio della testa del giovane amato dalla protagonista che è stato ucciso dai fratelli, e posta dalla ragazza in un vaso di basilico.
Il motivo arrivava a Boccaccio da una ricca tradizione della letteratura franco-provenzale, specie dalla poesia trobadorica in cui talvolta si invitava a cibarsi del cuore di qualcuno per assumerne le virtù, come in molti planh. In base agli elementi finora visti, deduciamo che l’atmosfera è non tanto cittadina, come nella novella di Andreuccio da Perugia sguinzagliato per Napoli, ma davvero medievale, con il castello di Tancredi a ridosso del monte. Ghismunda, allora, è la portatrice del nuovo, dell’ideologia cittadina che si oppone a Tancredi arroccato realmente e simbolicamente nel suo castello.
In questo contrasto si nota l’originalità indiscussa di Boccaccio che esalta l’intelligenza e la fortuna. La fortuna governa la sorte degli amanti, scoperti per puro caso. L’intelligenza invece è quella che manca a Tancredi, roso dalla gelosia e incapace di cambiare punto di vista e aprirsi al nuovo. L’intelligenza è nel raziocino di Ghismunda, ben consapevole dei dettami della natura che coinvolgono anche la sfera sessuale.
L’amore, come abbiamo in parte visto, è presentato in termini molteplici e complessi: come istinto naturale dirompente, cioè l’amore sensuale; come amore puro e nobile che non presta attenzione ai criteri economici e sociali, ma solo alla dimensione interiore e spirituale; come amore tragico e contrastato.
6Ascolta l'audiolezione su Tancredi e Ghismunda
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