Taedium vitae: saggio breve sulla noia di vivere

Taedium vitae: La fuga come via di scampo dalla noia di vivere, con cenni a Orazio, Lucrezio, Seneca, Baudelaire e Gide. Saggio breve sulla noia

Taedium vitae: saggio breve sulla noia di vivere
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Taedium Vitae

Cos'è il taedium vitae?
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La fuga è un'opportunità di fuga, una prospettiva di salvataggio. Va dalla ricerca disperata in vari paesi del mondo alla rifugio nei paradisi artificiali descritti da Baudelaire. La fuga può essere reale o immaginaria, e il tema della fuga come via per sfuggire alla noia è molto caro a artisti di ogni epoca. Se confrontiamo tre scrittori latini, Orazio, Seneca e Lucrezio, ci accorgiamo che ciò che li accomuna è il modo in cui pensano alla fuga. Questi grandi pensatori hanno trattato questo argomento utilizzando spesso topoi letterari, come l'idea del viaggio. Osservando le loro opere, notiamo che la loro visione della vita è simile: essa è una continua fatica, una ricerca senza fine. Lucrezio lo chiama "tædium vitæ", anche Seneca usa termini simili, mentre Orazio parla di strenua inertia.

I tre autori rivolgono la loro attenzione a un interlocutore immaginario o fittizio, spiegandogli con esempi e citazioni che viaggiare non è la soluzione per chi è annoiato dalla vita, considerato come un "malato". La vista di paesaggi esotici e la scoperta di nuovi luoghi non possono curare questo malessere, che è interiore e dipende dalla relazione che uno ha con se stesso, piuttosto che dal luogo in cui si trova. Seneca scrive: "Perché ti meravigli che i viaggi non ti giovino per nulla, se porti sempre te stesso con te?". Questa affermazione spiega tutto.

La noia di vivere è stata conosciuta per sempre, poiché fa parte della natura umana; il nome può cambiare, ma il significato è sempre lo stesso. Lucrezio descrive perfettamente questa insoddisfazione, questo odio per la vita e questa noia più forte di qualsiasi altra cosa che indebolisce e consuma giorno dopo giorno: "Sbadiglia immediatamente, appena varca la soglia della villa, o crolla pesantemente nel sonno cercando l'oblio, o corre velocemente verso la città per rivederla. In questo modo, ognuno fugge da se stesso, ma purtroppo, a quel se stesso non è possibile sfuggire e resta attaccato e lo odia

Il termine "spleen" è stato usato da Charles Baudelaire per descrivere uno stato d'animo di profonda malinconia e insoddisfazione, tipico della letteratura decadentista. Questa sensazione di angoscia non lo abbandonerà mai e cercherà di scappare attraverso "paradisi artificiali", come l'alcol, la droga e l'amore. Tuttavia, scoprirà che non c'è via di fuga dallo spleen se non attraverso la morte.

André Gide, d'altra parte, ha cercato di liberarsi dalle convenzioni della società e dalla propria educazione rigida e oppressiva, trovando la propria felicità nei viaggi in Marocco. Grazie a queste esperienze, è stato in grado di superare la sua noia per la vita e di viverla appieno.

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