Svetonio: biografia, opere e stile
Indice
1Svetonio: introduzione
Svetonio è un personaggio con alcuni tratti sfuggenti: non sappiamo, ad esempio, la data di nascita e quella di morte. Sappiamo solo che, in un dato momento, ricoprì delle cariche molto prestigiose grazie all’appoggio del suo amico Plinio il Giovane. Riesce a ottenere lo ius trium liberorum e in seguito, sotto l’imperatore Adriano, diventa segretario dell’imperatore, procurator a studiis e ab epistulis, con il compito di sovrintendere agli archivi e di curare la corrispondenza imperiale.
Possiamo immaginare la mole e l’importanza dei documenti a cui Svetonio aveva accesso, fonti che sfruttò per comporre le sue Vite dei Cesari, le biografie degli imperatori da Cesare fino a Domiziano. Anche per questo motivo - anche se come storiografo non primeggia nello stile, nella cura, nell’interpretazione - Svetonio rappresenta una fonte straordinaria per conoscere meglio un lato dell’Impero romano che altrimenti ci sfuggirebbe.
2La vita di Svetonio
Abbiamo detto che non sappiamo la data di nascita e di morte di Svetonio, tuttavia possiamo indicare un intervallo di tempo più o meno attendibile in cui è vissuto. Alcuni storici collocano la sua nascita intorno al 70 d. C., basandosi proprio su di una lettere di Plinio il Giovane a Svetonio. Il nome di questo autore ricompare più volte nell’epistolario di Plinio: in una lettera a Traiano (X, 94).
Svetonio è descritto da Plinio come probissimum, honestissimum, erdutitissimum virum, «uomo integerrimo, onestissimo, eruditissimo». Sul luogo di nascita sappiamo poco: alcuni pensano Ostia, altri Ippona, perché c’è un’epigrafe che lo menziona.
Questa iscrizione ci è molto utile per capire meglio la vita di Svetonio: dopo aver esercitato la professione forense, entrò nell’amministrazione statale ricoprendo diversi incarichi sotto Traiano e poi sotto Adriano. Proprio sotto quest’ultimo imperatore divenne l’addetto agli archivi e alla corrispondenza imperiale.
Sarà stato anche un uomo eruditissimus, ma forse possiamo dubitare del probissimum e dell’honestissimum, anche se capita a tutti di sbagliare: fu coinvolto (chissà se colpevolmente o meno) in uno scandalo di corte insieme al suo protetto, il prefetto del pretorio Setticio Claro.
A volte questi scandali di corte venivano fatti uscire a bella posta per rimaneggiare l’entourage imperiale; fatto sta che Svetonio, da quel momento, scomparve, ritirandosi a vita privata. Era il 122 d. C. La sua morte può essere collocata in qualunque momento dopo questa data.
3Le opere minori di Svetonio
Svetonio fu un erudito, come Plinio stesso sottolineava. Scrisse moltissime opere in cui si abbandonava alla ricerca dei fatti e degli argomenti più stravaganti e curiosi. Questa era la caratteristica degli eruditi che a Roma erano chiamati antiquari: studiosi delle antichità.
Sotto il nome di Svetonio (e non potremo mai scoprire se si tratta di opere spurie) sono pervenuti alcuni titoli e frammenti come Peri ton par' Hellesi paidion (Sui giochi in Grecia) e un titolo che desterebbe curiosità in chiunque: Peri blasphemion (Sulla blasfemia), scritti in greco e di cui abbiamo traccia grazie ad alcuni glossari greci di epoca bizantina.
Di altre opere minori ci informano in parte il lessico Suda e in parte altri grammatici latini tardi: dalle Vite dei sovrani alle più piccanti Vite di famose cortigiane, per continuare con opere che erano, forse, sezioni di un trattato spesso citato come Roma e che doveva comprendere, in una sorta di miscellanea, vari aspetti della vita romana.
Lo attesterebbero titoli come Su usi e costumi dei Romani, Sull'anno romano, Sulle feste romane, Sui vestiti, Sul De re publica di Cicerone, Sulle magistrature.
Di carattere ancor più vario e meno compatto doveva essere il Pratum, che forse comprendeva titoli come Sui metodi di misurazione del tempo, Problemi grammaticali, Sui difetti fisici, Sulla Natura, Sui segni diacritici usati nei libri. Sono soltanto titoli e non possiamo stabilire, ripeto, se siano state veramente opere sue. Si dice che lo fossero, e questo ci deve bastare.
4Svetonio: De viris illustribus
L’interesse per le biografie fu particolarmente forte per Svetonio. Intanto esistevano due modelli di biografia: quello peripatetico, rigorosamente cronologico, adatto agli uomini politici, e quello alessandrino, legata agli studiosi della Biblioteca di Alessandria, che procedeva per categorie (per species), dedicata soprattutto a personalità della cultura. Svetonio crea una commistione di questi due modelli, cercando di esprimere il nuovo clima culturale che si era creato con il Principato.
Le due opere dedicate al biografismo sono il De viris illustribus (Gli uomini illustri) e De vita Caesarum (sulla vita dei Cesari). Partiamo dalla prima. Gli uomini illustri per Svetonio non sono re, sovrani e condottieri, come era stato per Cornelio Nepote, anche lui autore di un’omonima opera. Gli uomini illustri di Svetonio sono poeti, oratori, filosofi, storici, grammatici e retori.
L’opera era dunque organizzata in questo modo: 1) De poetis; 2) De oratoribus; 3) De philosophis; 4) De historicis; 5) De grammaticis e rhetoribus. Purtroppo ci restano solo due sezioni: quella dei grammatici e i primi cinque capitoli di quella destinata ai retori.
Anche se le altre parti non ci sono arrivate, Svetonio è stato studiato a lungo sia nella tarda latinità sia nel medioevo: quindi servì da fonte per altri scrittori che vollero cimentarsi con queste biografie. Pare comunque – e non ci stupisce, in fondo – che Svetonio fosse sempre più curioso di trovare aneddoti e curiosità rispetto a creare un ritratto psicologico approfondito.
5De vita Caesarum, La vita dei dodici Cesari
Quest’opera è conosciuta anche come Vita dei dodici Cesari in base al numero delle biografie contenute nell’opera. L’opera è dedicata al prefetto del pretorio Setticio Claro ed è suddivisa in 8 libri. I primi sei libri sono riservati a sei imperatori, da Giulio Cesare a Nerone (e quindi Cesare, Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone). Nel settimo libro abbiamo le biografie di Galba, Otone e Vitellio e nell’ottavo libro abbiamo la dinastia Flavia con Vespasiano, Tito e Domiziano. A parte alcuni capitoli sulla vita di Cesare, l’opera ci è giunta integra.
Avrai notato la particolarità: l’opera comincia da Cesare e non da Augusto… Cesare, infatti, aveva preso solo il titolo di dictator e non di princeps. Evidentemente Svetonio vedeva in lui la figura che aveva definitivamente trasformato le istituzioni repubblicane, adattandole a supportare il Principato. Quindi, almeno in questa scelta, Svetonio mostra una discreta sensibilità interpretativa.
Lo schema narrativo utilizzato è quasi sempre lo stesso: si parte con le notizie della famiglia del futuro imperatore, poi ecco la nascita, l’infanzia e l’adolescenza fino all’ascesa al trono; alla fine troviamo sempre le circostanze della morte e le onoranze funebri. Questi sono i due estremi: al loro interno Svetonio colloca per species diversi aneddoti e notizie senza seguire un ordine cronologico, procedenti per giustapposizioni. Gli aneddoti vanno a riguardare la sfera pubblica, dell’imperatore con le sue imprese militari, le leggi promulgate, gli edifici innalzati, le città fondate, etc., e la sfera privata con notizie riguardanti l’aspetto fisico, i gusti personali, i passatempi, le ossessioni, i gusti sessuali, spesso andando a cercare notizie e dicerie un po’ ovunque.
6Valore storico e letterario delle biografie svetoniane
Svetonio era talmente attratto da aneddoti e particolari da dimenticarsi di dare una visione interpretativa della storia e quindi anche una forte caratterizzazione politica alle biografie dei Cesari. Dunque i suoi limiti storiografici diventano, paradossalmente, materiale utilissimo per gli storici perché questa sua neutralità ci consente di rivedere l’interpretazione di alcuni personaggi molto discussi come Nerone, da tutti descritto come un mostro sin da subito, mentre Svetonio ce ne parla in modo molto più distaccato. Svetonio utilizza tutto il materiale a sua disposizione (ricordiamoci che era un archivista) e quindi se questi documenti sono contraddittori, non si sofferma più di tanto a sciogliere i dubbi e a dare un’interpretazione univoca, ma lascia a noi un ritratto chiaroscurale in cui luci e ombre del personaggio sfumano di continuo.
Vediamo un celebre passo riguardante Nerone (Vita di Nerone, 16):
XVI. Formam aedificiorum urbis novam excogitavit et ut ante insulas ac domos porticus essent, de quarum solariis incendia arcerentur; easque sumptu suo extruxit. Destinarat etiam Ostia tenus moenia promovere atque inde fossa mare veteri urbi inducere. 2. Multa sub eo et animadversa severe et coercita nec minus instituta: adhibitus sumptibus modus; publicae cenae ad sportulas redactae; interdictum ne quid in popinis cocti praeter legumina aut holera veniret, cum antea nullum non obsonii genus proponeretur; afflicti suppliciis Christiani, genus hominum superstitionis novae ac maleficae; vetiti quadrigariorum lusus, quibus inveterata licentia passim vagantibus fallere ac furari per iocum ius erat; pantomimorum factiones cum ipsis simul relegatae.
[Escogitò un nuovo genere di costruzioni per l’Urbe, facendo erigere dei porticati davanti agli isolati e alle case, per combattere gli incendi dai loro terrazzi, e li fece costruire a proprie spese. Aveva anche progettato di prolungare le mura fino a Ostia, e di condurre da lì il mare fino alla parte vecchia dell’Urbe con un canale. Sotto di lui, molte cose furono condannate e represse severamente, e furono messe in vigore molte nuove usanze. Fu posto un freno al lusso, i banchetti pubblici vennero ridotti a una distribuzioni di viveri, fu proibita la vendita di cibi cotti nelle bettole, eccettuati i legumi e gli erbaggi, mentre prima si servivano vivande di ogni sorta. Vennero condannati al supplizio i cristiani, genere di individui dediti a una nuova e malefica superstizione. Vennero proibiti gli scherzi dei guidatori di quadrighe, che per antica licenza avevano il diritto di andare in giro schiamazzando, a truffare e a rubare. Furono mandati contemporaneamente al confino i pantomimi e i loro più accesi fautori.]
Da questo ritratto emerge un buon sovrano, che si preoccupa della città, che la vuole riordinare e rendere più efficiente. Cerca, anzi, di limitare gli sprechi e di darle un tono più serioso e meno lascivo.
Ebbene, ecco adesso il capitolo che riguarda il famoso incendio di Roma del 19 luglio del 64 d. C. (Vita di Nerone, 38):
XXXVIII. Sed nec populo aut moenibus patriae pepercit. Dicente quodam in sermone communi: "Ἐμοῦ θανόντος γαῖα μειχθήτω πυρί," "Immo", inquit, "ἑμοῦ ζῶντος," planeque ita fecit. Nam quasi offensus deformitate veterum aedificiorum et angustiis flexurisque vicorum, incendit urbem tam palam, ut plerique consulares cubicularios eius cum stuppa taedaque in praediis suis deprehensos non attigerint, et quaedam horrea circum domum Auream, quorum spatium maxime desiderabat, ut bellicis machinis labefacta atque inflammata sint quod saxeo muro constructa erant. Per sex dies septemque noctes ea clade saevitum est ad monumentorum bustorumque deversoria plebe compulsa. Tunc praeter immensum numerum insularum domus priscorum ducum arserunt hostilibus adhuc spoliis adornatae deorumque aedes ab regibus ac deinde Punicis et Gallicis bellis votae dedicataeque, et quidquid visendum atque memorabile ex antiquitate duraverat. Hoc incendium e turre Maecenatiana prospectans laetusque "flammae", ut aiebat, "pulchritudine" Halosin Ilii in illo suo scaenico habitu decantavit. Ac ne non hinc quoque quantum posset praedae et manubiarum invaderet, pollicitus cadaverum et ruderum gratuitam egestionem nemini ad reliquias rerum suarum adire permisit, conlationibusque non receptis modo verum et efflagitatis provincias privatorumque census prope exhausit.
[38 Non risparmiò né il popolo né le mura della sua patria. Una volta che un tale, nel mezzo di una conversazione generale, disse: «Quando sarò morto, la terra si mescoli con il fuoco,» egli lo interruppe gridando: «Anzi, mentre sono vivo!» e realizzò pienamente questa sua aspirazione. In realtà, con il pretesto che era disgustato dalla bruttezza degli antichi edifici e dalla strettezza e sinuosità delle strade, incendiò Roma e lo fece così apertamente che molti ex consoli, avendo sorpreso nei loro possedimenti alcuni suoi servi di camera con stoppa e torce tra le mani, non osarono toccarli, mentre alcuni magazzini di grano, che occupavano presso la «Casa dorata» un terreno da lui ardentemente desiderato, furono abbattuti con macchine da guerra e incendiati perché erano stati costruiti con muri di sasso. Il fuoco divampò per sei giorni e sette notti, obbligando la plebe a cercare alloggio nei monumenti pubblici e nelle tombe. Allora, oltre ad un incalcolabile numero di agglomerati di case, il fuoco divorò le abitazioni dei generali di un tempo, ancora adornate delle spoglie dei nemici, i templi degli dei che erano stati votati e consacrati sia al tempo dei re, sia durante le guerre puniche e galliche e infine tutti i monumenti curiosi e memorabili che restavano del passato. Nerone contemplò questo incendio dall'alto della torre di Mecenate e affascinato, come diceva, dalla bellezza della fiamma, cantò la a Presa di Troia», indossando il suo costume da teatro. E per non lasciarsi sfuggire l'occasione di afferrare tutto il bottino e le spoglie che poteva, promise di far togliere gratuitamente i cadaveri e le macerie e non permise a nessuno di avvicinarsi a ciò che restava dei suoi beni; poi, non contento di ricevere contributi in denaro, ne sollecitò e ridusse quasi alla rovina le province e i privati cittadini più facoltosi.]
Svetonio è accurato, snello nella forma (talvolta anche troppo), si serve di un linguaggio semplice e lineare, senza artifici retorici. Una via di mezzo tra il linguaggio storiografico e quello scientifico.
Svetonio ebbe lunga fortuna sia tra i suoi contemporanei: citato nella Historia Augusta, venne poi preso a modello da Eginardo, biografo di Carlo Magno. E poi ancora anche Petrarca sarà autore di un De viris illustribus. Il suo gusto antiquario trovò terreno fertile anche nel Rinascimento fino ai secoli successivi. Insomma, alla fine, niente male per il nostro bravo erudito.
7Confronto tra Svetonio e Plutarco
Svetonio cerca di narrare la storia in modo nuovo: sceglie di utilizzare la biografia secondo il modello alessandrino ma adattandolo anche alla vita di uomini politici: ogni biografia viene divisa in 3 parti delle quali solo la prima e l'ultima rispettano un ordine cronologico, raccontando la nascita con gli inizi e la morte, invece la parte centrale raggruppa le azioni del personaggio per categorie, senza tralasciare pettegolezzi e mondanità.
Questo modo di esporre i fatti relativi ai personaggi è stato spesso interpretato come grossolano, mentre oggi la critica riabilita lo storico attribuendogli la volontà di esporre tutti i fatti noti nel modo più neutrale e obiettivo possibile.
Plutarco invece sceglie la biografia a coppie accostando un personaggio romano a uno greco, che vengono scelti e valutati in base a una scala di valori riferibile alla loro condotta politica.
In entrambi gli storici c'è la preventiva accettazione del consolidamento del potere imperiale e del mutare prospettiva storica nella narrazione dei fatti: dalla res publica alla descrizione di una visione circoscritta agli interessi del potente di turno.
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Domande & Risposte
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Chi è stato Svetonio?
Erudito, storico e biografo romano vissuto in età imperiale e che ricoprì cariche prestigiose grazie all’appoggio del suo amico Plinio il Giovane.
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Cosa ha scritto Svetonio?
Le opere principali di Svetonio sono due: De viris illustribus e De vita Caesarum. Tra le opere minori ci sono: Sui giochi in Grecia, Sulla blasfemia, Vite dei sovrani, Vite di famose cortigiane, Su usi e costumi dei Romani, Sulle magistrature e altre.
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Perché le opere di Svetonio sono importanti e autorevoli?
Perché, essendo amico e protetto di Plinio il Giovane, aveva accesso a fonti documentali importanti e rare.