Storia dell'Ottocento: riassunto

Riassunto dettagliato della storia dell'Ottocento in Italia e nel resto d'Europa. Il congresso di Vienna e la Santa Alleanza.

Storia dell'Ottocento: riassunto
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Storia dell'Ottocento: riassunto

Storia dell'Ottocento, riassunto
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L’età della Restaurazione. Il Congresso di Vienna e la Santa Alleanza. La sistemazione dell’Europa dopo la sconfitta di Napoleone viene decisa nel Congresso di Vienna (novembre 1814 - giugno 1815), al quale partecipano i rappresentanti delle potenze che hanno contribuito alla sconfitta della Francia: Inghilterra, Russia, Austria, Prussia; la Francia, nonostante sia potenza vinta, viene anch’essa ammessa a partecipare al Congresso.

Il congresso considera legittime solo le autorità preesistenti alla Rivoluzione francese (principio di legittimità) e restaura perciò le dinastie che erano al potere prima del 1789.

La legittimità viene però ignorata quando risulta incompatibile con il principio di equilibrio, ovvero il raggiungimento di un rapporto di forze bilanciato tra le potenze, perché nessun paese ha una schiacciante superiorità sugli altri.

Nello stesso periodo del Congresso di Vienna, Austria, Prussia, Russia e Francia stringono fra loro la cosiddetta Santa Alleanza (1815), che impegna i sovrani a prestarsi aiuto a vicenda.

In realtà la Santa Alleanza, alla quale si affianca subito dopo una Quadruplice Alleanza tra Inghilterra, Russia, Austria, e Prussia, si propone di intervenire militarmente con la forza, dovunque sorgano moti di ribellione di ispirazione liberale o democratica, per restaurare l’ordine (principio dell’intervento).

La restaurazione in Europa e in Italia

La Restaurazione è caratterizzata dal ripristino dell’autorità assoluta dei sovrani sui propri sudditi. In Francia, viene restaurata la monarchia con Luigi XVIII e i confini vengono riportati a quelli del 1792.

L’impero austriaco, sotto gli Asburgo, cede il Belgio all’Olanda, ma ottiene in cambio il Veneto che, unito alla Lombardia, costituisce il Regno Lombardo-Veneto.

I territori tedeschi rimangono divisi in molteplici Stati, uniti in una Confederazione germanica presieduta dall’imperatore d’Austria. Anche in Italia vi è la restaurazione dei legittimi sovrani.

L’Austria, tramite il possesso del Regno Lombardo-Veneto, può di fatto esercitare un’influenza decisiva su tutti gli Stati italiani. Il Regno delle due Sicilie ritorna sotto il dominio dei Borboni; il Regno di Sardegna (che comprende Piemonte e Sardegna) sotto i Savoia, recupera Nizza e la Savoia e si vede assegnare il territorio della ex Repubblica di Genova.

Movimenti di opposizione e sette segrete

Le forze avversarie alla Restaurazione sono molteplici. Si possono distinguere, all’interno dell’opposizione, due correnti:

  1. liberale e moderata, costituita da borghesi e nobili di idee aperte, che punta ad una monarchia costituzionale, con una partecipazione al governo limitata ai soli ceti abbienti;
  2. democratica e radicale, costituita da intellettuali e membri della piccola e media borghesia, che si batte per la repubblica e la sovranità popolare.

L’organizzazione delle opposizioni si concretizza nelle società segrete, che fioriscono in tutta Europa. Fra le principali ricordiamo la Società dei Sublimi Maestri Perfetti o Adelfia, più diffusa nel Nord, e la Carboneria, la più importante per vivacità e impegno rivoluzionario, diffusa in tutta Europa e in particolare in Italia (soprattutto nel Regno delle due Sicilie, ma anche nell’Italia centrale e settentrionale).

L’indipendenza dell’America Latina

Tra il 1808 e il 1825 le colonie spagnole e portoghesi dell’America Latina, approfittando della confusione creata in Europa dalla Rivoluzione francese e dalle conquiste napoleoniche, rivendicano e ottengono l’indipendenza politica.

La lotta per l’indipendenza è guidata da capi valorosi, come Simòn Bolìvar e José de San Martìn, e appoggiata dall’intervento degli Stati Uniti.

Gli USA proclamano inoltre la cosiddetta “dottrina di Monroe” (formulata nel 1823 da James Monroe), imperniata sul principio: “L’America agli Americani”.

In questo modo gli Stati Uniti vogliono far cessare le intromissioni europee al di là dell’Atlantico e pongono le premesse della propria futura egemonia sull’intero continente americano.

Rivolte e reazioni in Spagna e in Italia

Fra il 1820 e il 1821 si verificano in Europa una serie di rivolte che si propagano rapidamente dalla Spagna al Portogallo, al Regno delle Due Sicilie, al Piemonte e alla Grecia.

I “moti del 1820-21” costituiscono la prima grave rottura dell’equilibrio imposto dal Congresso di Vienna.

La rivolta inizia in Spagna, dove le truppe, riunite nel porto di Cadice, che attendono di essere inviate in Sudamerica a reprimere la ribellione dei coloni, insorgono contro Ferdinando VII e gli impongono il ripristino della costituzione del 1812.

I Carbonari napoletani insorgono a loro volta contro Ferdinando I, costringendolo a concedere una costituzione simile a quella spagnola; giunta a Palermo la notizia del moto di Napoli, anche qui i cittadini si ribellano.

Il “contagio” rivoluzionario spinge all’insurrezione anche i patrioti piemontesi. Il re Vittorio Emanuele I abdica in favore del fratello Carlo Felice, in quel momento assente dal Piemonte.

Carlo Alberto, al quale è affidata la reggenza, accetta di promulgare la Costituzione spagnola. Insorgono contemporaneamente anche i Greci, decisi a sottrarsi al dominio dei Turchi.

Le potenze europee appartenenti alla Santa Alleanza si riuniscono in alcuni congressi e decidono di adottare il principio dell’intervento.

L’Austria, che ha ricevuto il compito di reprimere i moti insurrezionali in Italia, restaura con le sue truppe l’ordine nel Napoletano e nel Piemonte. La Francia invece riceve ed esegue il compito di domare la ribellione Spagnola.

Complessivamente i moti del 1820-21 si risolvono dunque in un generale fallimento.

L’indipendenza della Grecia

L’unico Paese nel quale i moti di rivolta hanno successo è la Grecia. Qui l’insurrezione scoppia immediatamente dopo i moti di Spagna e d’Italia, cogliendo alla sprovvista i presidi turchi.

L’Assemblea nazionale greca, riunitasi ad Epidauro, proclama l’indipendenza del Paese, mentre in Grecia accorrono volontari dai Paesi stranieri, come il poeta inglese Byron e il conte di Santarosa.

Il nuovo zar Nicola I induce l’Inghilterra e la Francia ad impegnarsi a dare alla Grecia un governo autonomo. Nella Conferenza internazionale di Londra (1830) le potenze europee riconoscono ufficialmente l’indipendenza della Grecia.

L’Europa tra liberalismo e reazione

In Francia, morto il re Luigi XVIII, gli succede il fratello Carlo X: un sovrano ultrareazionario che vuole richiamare in vita l’ancien régime, restituendo potere e prestigio all’aristocrazia.

Nel luglio del 1830, il popolo di Parigi, appoggiato anche da alcuni reparti dell’esercito, insorge e costringe il re ad abdicare e ad abbandonare la Francia.

Nell’insurrezione la parte decisiva spetta alle masse popolari, ma i risultati della vittoria vanno a vantaggio della borghesia, che offre la corona a Luigi Filippo d’Orléans, un nobile imparentato con i Borboni, noto per le sue idee liberali moderate.

La rivoluzione parigina del luglio 1830 innesca un processo rivoluzionario che si diffonde in Europa, investendo i Paesi Bassi, la Polonia e l’Italia.

Il Belgio, che per decisione del Congresso di Vienna era stato incorporato nel regno dei Paesi Bassi, insorge nel 1830 e ottiene l’indipendenza; le potenze della Santa Alleanza non intervengono perché Francia e Inghilterra si dichiarano apertamente solidali con i ribelli.

Russia, Austria e Prussia domano invece le rivolte divampate tra il 1830 e il 1831 in Polonia e in Italia; e la Francia, che pure ha proclamato il principio del non intervento, non osa opporsi alla loro intromissione.

Nel febbraio del 1831 l’Italia è agitata da moti insurrezionali che coinvolgono i ducati di Modena e Parma e le regioni settentrionali dello Stato pontificio, da Bologna alla Romagna.

Ma, come nel 1821, le truppe austriache riescono ben presto a sedare l’insurrezione e puniscono i ribelli. Ancor più che in Francia, il liberalismo si consolida nel Regno Unito, grazie ad una serie di riforme stabilite dal parlamento.

Aumenta in questo periodo la partecipazione politica del proletariato e nasce il Cartismo, un movimento chiamato così da una Carta del popolo, nella quale si enunciano le rivendicazioni della piccola borghesia, degli operai e degli artigiani.

Dopo il 1848 il Cartismo cessa di esistere perché la ripresa economica e gli atteggiamenti liberali della classe dirigente offrono al proletariato maggiori possibilità di azione pacifica.

Alla prosperità inglese contribuisce il vastissimo impero coloniale che viene consolidato in Australia, Africa meridionale e si estende fino a comprendere punti strategici di particolare importanza come Singapore e il Porto di Hong Kong, strappato alla Cina con la cosiddetta guerra dell’oppio (1839-1842).

L’Italia tra il 1831 e il 1848

Dopo il fallimento dei moti del 1831, si apre in Italia un periodo di riflessione che prepara il terreno alle riforme del biennio 1846-1848.

Nel Regno di Sardegna, alla morte di Carlo Felice, gli succede Carlo Alberto di Savoia, il quale avvia una serie di riforme, facendo nascere fra i patrioti speranze di rinnovamento politico.

Tuttavia le iniziative di rinnovamento non coinvolgono né i governi, né vasti strati popolari, ma solo gli ambienti culturali che si schierano attorno a tre correnti politiche fondamentali: il mazzinianesimo, il liberalismo moderato e il liberalismo radicale.

Giuseppe Mazzini, che era stato un attivo carbonaro e per questo era stato incarcerato, fonda nel 1831 un’associazione radicalmente innovatrice, la Giovine Italia, che mira ad educare il popolo mediante il pensiero e l’azione, perché esso diventi unico protagonista del proprio riscatto e unico sovrano di una repubblica democratica nazionale.

Nel 1834 Mazzini fonda la Giovine Europa, un’associazione internazionale che si propone di abbattere le dinastie regnanti, affinché le nazioni europee, conquistata con la rivoluzione la libertà, possano collaborare in piena unità d’intenti.

I primi tentativi insurrezionali, condotti dalla Giovine Italia nel Regno di Sardegna e dai fratelli Bandiera in Calabria (1834), si concludono però con un completo fallimento.

Le prospettive democratico-rivoluzionarie del Mazzini sono avversate sia dai moderati di ispirazione cattolica, sia dai moderati di ispirazione liberale laica.

I primi, detti “neoguelfi”, guidati dal Gioberti, vorrebbero che l’Italia diventasse una confederazione di principi presieduta dal Papa.

I secondi, che hanno i loro più illustri esponenti in Balbo e d’Azeglio, assegnano a Carlo Alberto il compito di guidare il movimento risorgimentale.

Ostili al mazzinianesimo sono anche i radicali Ferrari e Cattaneo, legati alla tradizione illuministica che mirano a costituire una repubblica democratica federale.

Il programma neoguelfo sembra sul punto di realizzarsi quando, dopo la morte di Gregorio XVI, il successore Pio IX inizia il proprio regno con una serie di riforme, accolte dall’opinione pubblica come un’autentica svolta politica; nasce così il mito del “Papa liberale”, e nelle maggiori città d’Italia si organizzano dimostrazioni osannanti a Pio IX.

La crescente pressione popolare costringe anche i principi degli altri stati a concedere riforme. Nel Lombardo-Veneto e nel Napoletano, dove i governi rifiutano ogni concessione, scoppiano violente proteste popolari.

Nel Regno delle due Sicilie il re Ferdinando II è così costretto a concedere una costituzione (febbraio 1848). A pochi giorni di distanza la costituzione viene concessa anche in Toscana, Piemonte e nella Stato pontificio.

La “primavera dei popoli”

Fra il 1848 e il 1849 gran parte dell’Europa è sconvolta da imponenti moti popolari. Il processo prende le mosse dalla Francia, dove nel febbraio del 1848 la monarchia liberale di Luigi Filippo viene abbattuta da una rivolta democratica e sostituita dalla cosiddetta Seconda Repubblica (la prima era stata nel 1792).

Presidente della Repubblica eletto è Luigi Napoleone, nipote di Napoleone Bonaparte. Ai fatti di Francia corrispondono rivolte nel mondo germanico e nell’impero austriaco. In Germania, in seguito ai tumulti, il re è costretto a concedere delle riforme.

Nell’Impero austriaco, all’insurrezione di Vienna, seguono i moti d’Ungheria, di Boemia, del Lombardo-Veneto. Nel Lombardo-Veneto le insurrezioni popolari di Milano (le Cinque giornate, 18-22 marzo) e di Venezia si concludono con la cacciata degli austriaci e la proclamazione dei governi provvisori.

Il 23 marzo 1848 Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria; ha così inizio la Prima guerra d’indipendenza (1848-1849). L’eroico comportamento degli universitari toscani, che a Curtatone e Montanara fermano, facendosi uccidere quasi tutti, le truppe austriache guidate dal maresciallo Radetzky, permette ai piemontese di vincere a Goito e di conquistare Peschiera (maggio 1848).

Ma nel mese di luglio le truppe piemontesi sono sconfitte a Custoza e costrette alla ritirata. Nel marzo del 1849 i piemontesi riprendono le ostilità ma sono duramente sconfitti a Novara.

Carlo Alberto firma la Pace di Milano e abdica in favore del figlio Vittorio Emanuele II. L’Austria, sconfitto definitivamente Carlo Alberto, restaura in Toscana Leopoldo II, stronca la lunga resistenza di Venezia e costringe alla resa gli Ungheresi.

Intanto in Francia Luigi Napoleone, eletto alla presidenza della Seconda Repubblica, attua una svolta autoritaria limitando la libertà di stampa, restringendo il diritto di voto ed eliminando progressivamente le caratteristiche democratiche della repubblica.

Infine si fa assegnare la presidenza della repubblica per dieci anni (1851) e un anno dopo, restaurando l’impero, assume il titolo di Napoleone III, imperatore dei francesi (1852).

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