Storia degli ebrei: origini, religione e identità del popolo ebraico
Indice
1Origine degli ebrei: da dove viene il popolo ebraico?
Il popolo ebraico ha una storia secolare e distintiva, che ha avuto origine nella regione della Palestina durante il secondo millennio a.C. Questo gruppo etnico si è trovato in un antico contesto di vicinanza con potenti imperi, includendo quello egiziano a sud e quello assiro-babilonese a nord. Dopo il periodo di dominazione romana, la popolazione ebraica si è dispersa in diverse parti del globo nel I secolo d.C., successivamente riallacciandosi parzialmente nel moderno Stato di Israele.
La storia degli ebrei narrata nella Bibbia racconta che Yahweh ordinò ad Abramo di trasferirsi dalla Mesopotamia nella terra di Canaan. Racconta della secolare schiavitù in Egitto e del ritorno del popolo ebraico alla terra promessa, guidato da Mosè. Questo, e molto altro.
Dal punto di vista storico, però, il racconto biblico non è affidabile soprattutto per quanto riguarda le fasi più antiche della storia degli ebrei.
Le prime fonti storiche che parlano del popolo d’Israele risalgono circa al 1200 a.C. Oggi, la storia e l’archeologia ci raccontano che la cultura ebraica si è sviluppata nell’area degli attuali Israele, Palestina, Libano e Giordania, presso una società di pastori seminomadi, che parlavano una lingua semitica e vivevano suddivisi in clan e tribù.
Intorno al 900 a.C., alcune tribù ebraiche avevano istituito un regno, chiamato regno d’Israele, con capitale a Samaria. Nell’VIII sec. a.C., gli Assiri distrussero la città e deportarono i suoi abitanti in Mesopotamia.
In seguito, emerse il regno di Giuda, più a sud, con capitale Gerusalemme, dove sorgeva il più importante tempio dedicato a Yahweh.
Nel VI secolo a.C., il re babilonese Nabucodonosor attaccò il regno di Giuda e la sua capitale, distruggendo il tempio e deportando parte degli abitanti a Babilonia. Circa settanta anni dopo, l’imperatore persiano Ciro conquistò Babilonia a consentì agli ebrei di tornare a Gerusalemme. Il regno di Giuda diventò allora una provincia persiana, senza re. La comunità ebraica iniziò a essere di fatto governata dai sacerdoti del tempio.
1.1Che differenza c'è tra ebrei e israeliti?
Gli Israeliti sono gli antichi membri delle dodici tribù discendenti di Giacobbe, conosciuto anche come Israele, che costituivano il popolo di Israele descritto nella Bibbia. Questo termine si riferisce specificamente a una fase storica e biblica del popolo ebraico, legata al periodo del Regno di Israele e all'epoca dei patriarchi e dei re biblici.
Gli Ebrei, invece, sono i discendenti moderni degli Israeliti, e il termine si è evoluto per indicare il popolo che pratica l'Ebraismo. Include sia l'identità etnica che religiosa, ed è usato per descrivere il popolo ebraico nel corso della storia fino ai giorni nostri. In sintesi, gli Ebrei sono i discendenti culturali e religiosi degli antichi Israeliti.
2La Bibbia e il monoteismo
Gli storici ritengono probabile il fato che i primi libri della Bibbia, che raccontano l’origine del popolo ebraico e le storie dei suoi re, siano stati scritti nel periodo dell'esilio babilonese.
Ed è sempre a questo periodo che sembra risalire l’inizio del culto monoteista di Yahweh, che fino ad allora era stato solo il dio supremo di una religione con elementi politeisti, più simile a quella degli altri popoli della regione.
La religione ebraica si fonda sull’idea che fra Dio e il popolo di Israele ci sia un patto, un’alleanza. Si trattava, allora, di una grande novità rispetto alla tradizione dei culti politesisti, nei quali ogni dio o dea aveva un suo scopo: vincere in guerra, proteggere i raccolti ecc. Mentre il dio biblico è un dio in relazione col suo popolo, sensibile alla fedeltà e alla moralità.
Insieme al monoteismo, si diffusero presso il popolo ebraico anche alcuni riti (come la circoncisione e il riposo del sabato) e la volontà di mantenere intatta la propria identità, evitando di mescolarsi con altre genti e altre tradizioni.
Infine, allo stesso periodo risale anche l’inizio di quella che sarà chiamata diaspora ebraica: la migrazione e la conseguente diffusione di comunità ebraiche in diverse città, sempre più lontane dalla Palestina.
L’aver mantenuto un’identità precisa, fatta di tradizioni culturali e religiose comuni, nonostante la migrazione in molti luoghi diversi, anche lontani fra loro, è una delle caratteristiche particolari della storia del popolo ebraico.
3L’ellenizzazione degli ebrei e la diaspora
Fra il II e il I secolo a.C., anche gli ebrei, come gli altri popoli del Mediterraneo, furono coinvolti nel processo di ellenizzazione. Le grandi città ellenistiche, come Alessandria, attirarono molti immigrati ebrei, che impararono il greco, sostituendolo all’aramaico, parlato in Palestina.
Al periodo ellenistico risale la traduzione della Torah dall’ebraico al greco, ad opera di un gruppo di dotti di Alessandria (ricordati come i “i Settanta”, erano probabilmente 72). Questa versione della Bibbia, di grande importanza per la storia della religione (anche per il cristianesimo), fu poi chiamata “la Settanta”.
La distruzione di Gerusalemme e del tempio – Nel I secolo a.C. i romani conquistarono la Giudea, facendone una provincia dell’impero. Al periodo della dominazione romana risale un evento molto importante per la storia del popolo ebraico. Nel 70 d.C., per reprimere una rivolta scoppiata a Gerusalemme, l’esercito romano saccheggiò la città e distrusse il tempio .
La diaspora – In seguito a ciò, moltissimi ebrei migrarono in altre città dell’impero. Il termine “diaspora”, che abbiamo già usato in riferimento al periodo babilonese, è usato soprattutto per indicare questo esilio forzato, indotto dalla distruzione di Gerusalemme da parte dei romani.
Al periodo della dominazione romana risalgono anche le origini del cristianesimo che nacque e si diffuse inizialmente nella Giudea ebraica e in Asia Minore, poi in Grecia e a Roma. Gesù e i primi cristiani erano ebrei della Giudea (che all’epoca era una remota provincia dell’impero romano). Lo stesso Gesù e i suoi primi seguaci erano ebrei della Giudea.
La storia del cristianesimo e quella dell’ebraismo sono strettamente legate. Non solo il cristianesimo è nato all’interno della tradizione ebraica, ma il fatto che sia diventato prima la religione di stato dell’impero romano e poi la religione più diffusa dell’Europa medievale, ha avuto conseguenze determinanti per la successiva storia degli ebrei.
4Gli ebrei fra tolleranza e persecuzione
Nell’Europa dell’alto medioevo (V-IX sec.), le comunità ebraiche vissero perlopiù tranquillamente, senza subire persecuzioni. La Chiesa cattolica cambiò atteggiamento nei loro confronti quando inaugurò la stagione delle crociate (dall’XI sec.). Le comunità ebraiche, allora, iniziarono a essere oggetto di violenza ed esclusione.
Nell’impero islamico, le comunità ebraiche godevano di condizioni di vita migliori. I musulmani erano più tolleranti, sia nei confronti dei cristiani, che degli ebrei. Non li costringevano a convertirsi, ma imponevano loro il pagamento di una tassa.
I cristiani non imponevano sempre la conversione a chi professava una fede diversa. Lo fecero però in alcune occasioni, come nella penisola iberica, dopo la fine della reconquista nel 1492. In quel contesto, ebrei e musulmani furono costretti a “scegliere” fra la conversione e l’esilio. Moltissimi ebrei dovettero andarsene e migrarono soprattutto nell’Africa settentrionale e nei territori dell’impero ottomano.
Ancora oggi, le comunità ebraiche discendenti dagli ebrei spagnoli si chiamano “sefardite”, dal nome ebraico della penisola iberica “Sefarad”, e hanno tradizioni rituali e linguistiche peculiari. L’altro grande gruppo in cui si suddivide l’ebraismo è quello degli ashkenaziti, provenienti invece dall’Europa centrale, in particolare dalla Germania.
Fra il XV e il XVI secolo, l’ostilità e l’odio nei confronti degli ebrei che prima avevano motivazioni esclusivamente religiose, iniziarono ad assumere un carattere razziale: gli ebrei erano mal tollerati in quanto popolo, considerati diversi, avidi, infidi.
Fra il XVII e il XVIII secolo, invece, le sorti delle comunità ebraiche d’Europa migliorarono. I neonati stati nazionali iniziarono a considerare gli ebrei cittadini come gli altri. Con l’illuminismo, poi, furono apprezzati il loro dinamismo economico e la cultura media elevata che possedevano.
Alla fine dell’Ottocento, nonostante l’ormai avvenuta integrazione delle comunità ebraiche nel tessuto sociale, economico, culturale e politico delle nazioni europee, sopravviveva ancora in Europa un diffuso antisemitismo.
A questo, negli anni Trenta del Novecento, fece appello Adolf Hitler, per sostenere le proprie teorie e politiche antisemite, culminate nello sterminio di milioni di ebrei, durante la seconda guerra mondiale.
Dopo la fine della guerra, l’assemblea generale delle Nazioni Unite deliberò l’istituzione dello stato d’Israele in Palestina. Fu una decisione carica di conseguenze. Innanzitutto per la storia del popolo ebraico, perché pose fine (almeno teoricamente) alla diaspora iniziata millenni prima. Poi, per gli arabi palestinesi, che già da tempo avevano iniziato a subire il processo di colonizzazione da parte degli ebrei che migravano in Palestina, e infine per le sorti di tutta la regione, fortemente condizionate, da allora in poi, dalla presenza di Israele.
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Domande & Risposte
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Che vuol dire essere ebrei?
Ebrei, o popolo ebraico, sono coloro che professano la religione ebraica.
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Qual è la terra degli ebrei?
La Terra di Israele.
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Quanti sono gli ebrei italiani?
Circa 35.000-38.000.
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Come si chiama il luogo dove pregano gli ebrei?
Sinagoga.