Storia della riforma universitaria
Malgrado il vecchio ordinamento stabilisca in 4 o 5 anni la durata legale del corso di studi, la media nazionale corrisponde a 7 anni di tempo per arrivare alla tanto agognata laurea. Solo il 33% di coloro che si iscrivono all'Università arrivano alla fine del loro percorso di studio

WELCOME TO ITALIAN UNIVERSITY!
L'Università italiana è probabilmente il luogo più vecchio, balordo e pazzesco del settore dei servizi e delle istituzioni pubbliche di questo Paese. E' qui che molto facile imbattersi nei migliori "imboscati" impiegati del settore pubblico; è qui che gli studenti possono allenare le proprie resistenze psichiche e nervose in quelle sfide alla pazienza umana che sono le code per i servizi, le lezioni super affollate, gli spazi minuscoli dove studiare.
LA LEGGE RUBERTI
Nel 1989 il Governo ha tentato, con la famosa Legge Ruberti, di riformare l'Università, cercando di renderla uno spazio dove ogni suo abitante (studente, docente o membro del personale che sia) deve rispondere di quello che fa a qualcuno. Fino al 1989 il sistema universitario era - dal punto di vista teorico - un sistema con un forte indirizzo centralista, in cui il Ministero dell'Istruzione dettava alle Università locali quello che doveva essere insegnato, quello che doveva essere amministrato, i temi e i campi della ricerca scientifica. La Legge Ruberti è anche famosa come "Legge dell'Autonomia": questo significa che l'obiettivo principale di quella legge era rendere autonomi nella loro amministrazione i singoli atenei, legando le loro attività al raggiungimento di obiettivi di massima fissati dalle leggi dello Stato, ma per il resto lasciando completa autonomia nell'amministrazione ai singoli istituti universitari.
Vediamo i settori in cui si è estrinsecata l'autonomia fino ad oggi, e come oggi di conseguenza funziona l'università:
AUTONOMIA STATUTARIA
Con la legge Ruberti ogni università ha avuto il potere di scrivere "da sola" la propria mini-costituzione, ovvero il suo Statuto. Questo vuol dire che nei singoli atenei, i rappresentanti dei docenti, i presidi (i "boss" di ogni singola facoltà) ed il Rettore, più eventualmente i rappresentanti degli studenti e del personale tecnico-amministrativo, hanno scritto le regole, i nuovi consigli ed il funzionamento dei singoli consigli all'interno di quelle università.
AUTONOMIA FINANZIARIA
Il primo passo dell'autonomia come sappiamo si è effettuato nei primi anni novanta con la responsabilizzazione dei centri di spesa, meglio nota come autonomia finanziaria degli atenei. Più che a responsabilizzare l'autonomia finanziaria è servita a tagliare i fondi del ministero rivedendo i contributi che il governo trasferisce agli atenei tramite il Fondo di finanziamento ordinario. I suoi effetti si sono visti nel '94 con l'aumento generalizzato delle tasse in tutti gli atenei, quando il carico sugli studenti è passato dal 3% al 20% e il gettito proveniente dalla tassazione da 400 a 1200 miliardi. L'autonomia finanziaria ha anche significato in questi anni un impegno sfrenato delle università nel "rastrellare" finanziamenti dai privati interessati finalizzati a condizioni circostanziate e immediate.