Spesa pubblica: Keynes, moltiplicatore e acceleratore

Analisi del concetto di spesa pubblica, delle varie tipologie di spese e della teoria economica di Keynes sul mercato economico. Nei sistemi liberali dell'Ottocento la finanza pubblica era vista come un sistema a sé, senza poter interferire sull’iniziativa private, ed era chiamata finanza neutrale. A partire dalla fine degli anni Venti del Novecento, con la grande crisi, gli studi di Keynes hanno portato lo Stato ad assumersi il compito di assicurare lo sviluppo, la stabilità e l’equilibrio del sistema economico

Spesa pubblica: Keynes, moltiplicatore e acceleratore

Nei sistemi liberali dell'Ottocento allo Stato si chiedeva di garantire le condizioni essenziali affinché le attività dei singoli potessero svolgersi con tranquillità e sicurezza. La finanza pubblica era vista come un sistema a sé, senza poter interferire sull’iniziativa private. In questo caso si parla di finanza neutrale. A partire dalla fine degli anni Venti del Novecento, con la grande crisi, gli studi di Keynes hanno portato lo Stato ad assumersi il compito di assicurare lo sviluppo, la stabilità e l’equilibrio del sistema economico e di indirizzare a tal fine le attività dei privati. Questo ruolo attivo dell’ente statale porta cosi una finanza funzionale.

La spesa pubblica è l’insieme dei mezzi monetari che lo Stato e gli altri enti pubblici erogano per il raggiungimento dei fini di pubblico interesse. Il sistema economico nazionale è in equilibrio quando l’offerta globale è uguale alla domanda globale. L’incremento della spesa pubblica comporta uno spostamento di risorse dal settore pubblico a quello privato, modificando la propensione al consumo, la formazione del risparmio, gli incentivi nell’investimento e alterando la distribuzione della ricchezza incidendo sul reddito nazionale. Ma bisogna determinare se l’aumento delle dimensioni della spesa pubblica favorisca o rallenti la produzione del reddito.

I classici sostengono che il mercato da solo con il proprio andamento della domanda e dell’offerta (dal quale deriva il prezzo) può garantire una situazione di equilibrio ottimale: ciò implica che il ruolo dello Stato nell’economia deve essere assolutamente ridotto. Per Keynes di fronte ad una recessione economica, l’incremento della spesa pubblica riequilibra il reddito nazionale. Di conseguenza la domanda di beni di consumi deve essere assorbita sul mercato. La parte di reddito non consumata, cioè il risparmio, deve essere investita e trasformata in domanda per incrementare le attività produttive. Se ciò non accade, il risparmio esce dal circuito della produzione impedendo la crescita delle attività economiche.

Keynes dimostrò con la sua teoria che il mercato economico se lasciato agire liberamente poteva creare dei forti squilibri tra domanda e offerta (caduta della borsa del ’29). L’economista sosteneva che lo stato doveva svolgere un ruolo attivo nell’economia poiché doveva effettuare un'azione coordinata e programmata. In tale scenario infatti la finanza pubblica viene ad assumere un ruolo decisivo: le manovre dell’erogazione della spesa e del prelievo fiscale consentono di incentivare o scoraggiare l’attività dei privati, a seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Keynes mirava ad accrescere l’intervento dello stato al fine di correggere gli squilibri dell’economia di mercato e svolgere un'azione compensatrice sull’andamento dei cicli economici, cercando di garantire la stabilità del sistema. In una situazione di recessione economica nella quale si assiste ad un ristagno e ad una diminuzione di consumi e di investimenti, lo Stato doveva intervenire con una spesa pubblica aggiuntiva.

Keynes affermava che il livello del reddito nazionale e dell’occupazione erano determinati dalla domanda globale. Essa è data dai consumi privati (C), dagli investimenti (I) e dalla spesa pubblica (G). Da qui la famosa formula: Y = C + I + G (dove y rappresenta la domanda).

Il moltiplicatore
Gli effetti della variazione della spesa pubblica sono molto ampi e complessi. Essi si realizzano dando luogo a due fenomeni economici: il moltiplicatore e l’acceleratore della spesa pubblica. Si ipotizzi che ad esempio che l’economia versi in una fase di recessione caratterizzata da una domanda globale bassa, da risorse economiche non pienamente utilizzate e quindi da disoccupazione. Se lo stato interviene con una manovra di spesa pubblica, fa sì che il reddito nazionale salga nella stessa misura dell’intervento e che una parte della forza lavoro disoccupata venga assorbita dai lavori di realizzazione dell’opera pubblica. I nuovi lavoratori a loro volta faranno crescere la domanda sul mercato di beni e servizi che prima non potevano permettersi, in quanto salirà la loro propensione al consumo: ciò spingerà quindi le imprese ad accrescere la produzione e quindi l’offerta, che farà salire ulteriormente il reddito nazionale. Si crea così un meccanismo che in poco tempo produce un aumento della domanda aggregata moltiplicato rispetto al valore iniziale della spesa: si tratta del fenomeno del moltiplicatore della spesa pubblica. Più alta è la propensione marginale al consumo, più alto sarà l’effetto del moltiplicatore.

L’acceleratore
L’aumento della spesa fa sì che le imprese, per fronteggiare gli incrementi della domanda di beni da consumo dei privati, intensifichino le attività produttive, aumentando gli investimenti per l’acquisto di macchine e di beni strumentali. Le imprese accrescono la produzione assumendo nuova manodopera e facendo nuovi investimenti. Dunque cresce la produzione, crescono gli investimenti e cresce ancora la produzione: tale processo a catena viene denominato acceleratore della spesa pubblica. Le variazioni degli investimenti sono molto maggiori rispetto alla variazione della produzione ed in ciò sta il principio dell’acceleratore.

Diversi tipi di spese
Una prima classificazione distingue le spese a seconda della loro destinazione e contrappone le spese per beni e servizi alle spese di trasferimento. Le spese di produzione sono dette anche spese reali. Esse sono costituite dai compensi pagati dalla Pubblica Amministrazione per l’acquisto di beni, servizi e di prestazioni da impiegare nel settore pubblico (materie prime, prodotti finiti). Esse sono definite spese–prezzo in quanto rappresentano il corrispettivo di una controprestazione; hanno l’effetto di incrementare il PIL poiché danno vita alla produzione di beni o servizi pubblici. I trasferimento rappresentano le somme erogate dalla Pubblica Amministrazione a favore di determinate categorie di soggetti, senza alcuna controprestazione. Per il loro carattere gratuito si definiscono spese–sussidio ed hanno lo scopo di aumentare le disponibilità di reddito dei beneficiari.

Questo trasferimento da destinare ai privati o ad altri enti pubblici si esplica secondo tre modalità a cui fanno seguito differenti effetti economici:
- sussidi alle famiglie o sovvenzioni alle imprese;
- rimborsi ai possessori di titoli del debito pubblico;
- trasferimenti dallo Stato agli enti locali di previdenza e di assistenza sociale.


I trasferimenti non rappresentando un impiego delle risorse, non incidono né sulla domanda globale, né sul PIL, in quanto attuano solo uno spostamento di ricchezza tra i cittadini. Possono però aumentare le disponibilità monetarie della collettività e quindi influire indirettamente sulla domanda globale incentivando i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese.

Una seconda classificazione delle spese è basata sull’incidenza economica fra spese correnti e spese in conto capitale. Le spese correnti terminano la loro funzione in breve tempo in quanto sono destinate a soddisfare bisogni attuali. Quindi rappresentano l’impiego di risorse per consumi. Le spese correnti per beni e servizi assicurano il normale svolgimento delle funzioni pubbliche e dei servizi di pubblica utilità (spese per la manutenzione degli uffici, stipendi per il personale), mentre le spese correnti per i trasferimenti assegnano immediate disponibilità di reddito ai beneficiari costituendo un incentivo ai consumi privati (assegni famigliari, pensioni).

Le spese in conto capitale svolgono la loro funzione in periodi di tempo medio-lungo, in quando sono destinate a incrementare le risorse produttive. Esse servono a costruire infrastrutture pubbliche (scuole, caserme), oppure opere utilizzate da privati (strade statali). Le spese per beni e servizi sono finalizzate alla costituzione di capitali fissi (acquisto di beni strumentali durevoli), mentre i trasferimenti in conto capitale costituiscono incentivi o sovvenzioni agli investimenti privati (partecipazioni azionarie).

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