La seconda rivoluzione industriale nelle opere d'arte

La seconda rivoluzione industriale nell'arte: ecco come gli artisti hanno interpretato le innovazioni del periodo nelle loro opere d'arte

La seconda rivoluzione industriale nelle opere d'arte
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La seconda rivoluzione industriale nell'arte

Le innovazioni e i cambiamenti che la seconda rivoluzione industriale portò nelle società occidentali si possono ripercorrere alla perfezione grazie alle opere d'arte e ai pittori contemporanei del periodo. 

La Gare di Saint-Lazare di Claude Monet

La Gare di Saint-Lazare, Claude Monet
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La Gare di Saint-Lazare di Claude Monet, qui il pittore descrive perfettamente l’avvento della ferrovia e ha colto le impressioni visive prodotte dal fumo delle locomotive. La Gare di Saint-Lazare è un celebre quadro di Claude Monet del 1877. Da questa tela si respira quel clima di stupore e di esaltazione per i successi della rete ferroviaria che, nella seconda metà dell’800, si stava diffondendo nelle regioni più progredite d’Europa. 

L'impressionismo

Agli occhi degli impressionisti la luce dissolveva i contorni degli oggetti e rifletteva i loro colori nelle ombre circostanti. Essi perciò non rappresentavano tanto un paesaggio in sé, quando l’impressione evocata da quel paesaggio, e per far questo accostavano sulla tela rapide pennellate, piatte e di colori vivaci, senza fonderle tra loro. Il termine “impressione” era entrato a far parte del loro linguaggio. Monet per ritrarre dal vero l’ingresso delle locomotive nella stazione di Saint-Lazaire, chiese il permesso alle autorità per posizionare il suo cavalletto vicino ai binari. Così ha realizzato ben otto tele che rappresentano lo stesso soggetto in diverse stagioni e in varie condizioni di illuminazione.

Il realismo di Daumier

Il vagone di terza classe di Honoré Daumier
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Honoré Daumier è invece un realista. Si concentra sulle persone, entra nelle carrozze ed è attratto dai personaggi. Monet invece è “rimasto fuori”, affascinato dallo spettacolo di un treno sbuffante che entra sotto la tettoia della stazione. Daumier invece vuole sottolineare il rapporto tra le varie classi sociali, il modo in cui erano vissute le innovazioni.

Il Futurismo

Quelli che vanno, Umberto Boccioni
Fonte: ansa

Nel 1911 un altro pittore, l’italiano Umberto Boccioni ha dipinto tre quadri che formano un trittico: Gli addii, Quelli che vanno, Quelli che restano. I suoi quadri hanno un linguaggio ed un impianto radicalmente diverso. I giovani d’Europa pensavano alla guerra come una breve ed entusiasmante avventura la cui forza rigeneratrice avrebbe purificato i popoli. Perché il soggetto del treno continuava ad esercitare il suo fascino? In primo luogo era ancor più il simbolo della moderna civiltà macchinista. I futuristi avevano introdotto nella pittura l’idea della velocità, della sequenza, di movimento che derivava dai fotogrammi del cinematografo. 

Quelli che restano, Umberto Boccioni
Fonte: ansa

Boccioni ha colto anche gli stati d'animo prodotti dalla vita moderna. Sulle panchine della stazione, al momento della partenza la tensione emotiva legata agli affetti poteva raggiungere il suo massimo grado. Chi restava provava il senso di solitudine e i abbandono. In Quelli che vanno Boccioni ha cercato di dimostrare anche il ricordo di quell'abbraccio, che è avvenuto sulla banchina, e che chi parte reca con se mentre si allontana. Naturalmente Boccioni esprimeva tutto questo con il suo linguaggio figurativo, con la velocità e il turbinio delle linee, con il simbolico uso dei colori.

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