Seconda prova svolta igiene e cultura medico sanitaria maturità 2016

Ecco un possibile svolgimento della seconda prova di igiene e cultura medico sanitaria maturità 2016

Seconda prova svolta igiene e cultura medico sanitaria maturità 2016

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Seconda prova svolta igiene e cultura medico sanitaria maturità 2016

Per il secondo anno i licei professionali servizi socio-sanitari hanno affrontano l’esame di maturità, caratterizzato nel 2016 da una seconda prova in tema di igiene e cultura medico sanitaria, per valutare il livello di apprendimento dei candidati sia dal punto di vista tecnico che teorico. La traccia riguardava l’Alzheimer e prevedeva anche la messa a punto di un piano di assistenza per i malati.

Seconda prova svolta igiene e cultura medico sanitaria maturità 2016: svolgimento

Ecco un possibile svolgimento della traccia igiene e cultura medico sanitaria per la seconda prova della maturità 2016, elaborata dai nostri tutor

Prima parte, traccia

Andrea, 68 anni, non è più in grado di condividere l’hobby della cucina, delle escursioni in montagna e di altri piacevoli intrattenimenti con un suo caro amico che ha la sua stessa età. Da qualche anno Andrea ha infatti iniziato a manifestare vuoti di memoria, dimenticare appuntamenti, e non ricordare le sue ricette preferite. Con l’andare del tempo ha poi iniziato a trascurare anche l’igiene personale e l’abbigliamento. L’umore è diventato instabile e a tratti euforico. La diagnosi, avvalendosi anche dell’esclusione di altre forme di demenza, è che Andrea è affetto da Alzheimer. Il candidato, anche in base alle informazioni fornite nel testo, affronti il problema della malattia di Alzheimer, descrivendone le cause, gli ulteriori sintomi e evoluzione, la possibile terapia.

Svolgimento

A partire dalla raccolta dell’anamnesi e dall’esame obiettivo, per proseguire verso test neuropsicologici (come il MMSE), di imaging e di laboratorio, ad Andrea è stata diagnosticata la demenza di Alzheimer, una patologia degenerativa che coinvolge il sistema nervoso centrale, caratterizzata da atrofia corticale e sottocorticale del parenchima cerebrale, soprattutto nelle aree frontale e temporale.

L’eziologia di questa sindrome è ancora sconosciuta, anche se per le forme rare di Alzheimer familiare si riscontrano specifiche mutazioni genetiche. I fattori di rischio principali, comunque, sono l’età avanzata e un’anamnesi familiare positiva. I sintomi possono suddividersi in cognitivi e non cognitivi. Come si riscontra dall’anamnesi stessa di Andrea, vi è un iniziale deficit di memoria episodica (dimentica appuntamenti, non ricorda le sue ricette preferite), seguito da un progressivo impoverimento delle funzioni attentive, esecutive, del linguaggio, dell’orientamento e della capacità di eseguire attività anche abituali di vita quotidiana (infatti, Andrea non si occupa più della sua igiene personale e dell’abbigliamento); nelle fasi terminali insorgono, infine, alterazioni della motilità, per cui anche masticare, deglutire, mantenere la posizione eretta o seduta risultano difficili.

Da questi sintomi cognitivi derivano conseguentemente sintomi psichici e comportamentali, legati anche, ma non solo, al fatto che nei primi stadi di malattia il paziente è consapevole del deterioramento delle sue facoltà intellettive. Possono, infatti, verificarsi depressione, disturbo d’ansia, deliri, agitazione, aggressività, disturbi del sonno, della condotta alimentare e disinibizione sessuale.

La terapia dell’Alzheimer consiste nel trattamento del deficit cognitivo e nella prevenzione della progressione della malattia, in modo da migliorare la qualità di vita e ritardare la perdita di autonomia e l’istituzionalizzazione del paziente.

La terapia farmacologica si avvale degli anticolinesterasici, ed è stato recentemente dimostrato che sostanze ad azione antiossidante, come la vitamina E, sono in grado di rallentare la comparsa della fase terminale. Si trattano farmacologicamente anche i sintomi depressivi e comportamentali. Il trattamento non farmacologico si avvale, invece, dell’attività fisica, della musicoterapia e della terapia occupazionale, che stimolano il recupero funzionale e cognitivo del paziente attraverso la socializzazione e l’occupazione in attività lavorative, espressive e ricreative.

Seconda parte, domande e risposte

1. Elabora un piano di assistenza per malati di Alzheimer con i servizi socio sanitari connessi.

1 Un piano di assistenza per i malati di Alzheimer coinvolge diverse figure professionali: il medico geriatra, il neurologo, lo psicologo, l’infermiere, il terapista occupazionale, il fisioterapista della riabilitazione cognitiva e motoria, l’assistente sociale, l’operatore socio-sanitario. Sono importanti il massimo coinvolgimento possibile dei pazienti nella sua assistenza e la collaborazione con la famiglia e il caregiver, basata sul sostegno e l’educazione. Gli obiettivi sono quelli di ritardare la progressione della malattia e l’istituzionalizzazione del paziente, mantenendo il più possibile la sua autonomia, favorendo l’assistenza domiciliare o, se non possibile, inserendo il paziente in un centro socio-assistenziale che stimoli le sue funzioni cognitive attraverso la socializzazione e l’occupazione in attività lavorative, espressive e ricreative.

2. Fai una distinzione tra demenza aterosclerotica e Alzheimer.

2 La principale differenza tra demenza aterosclerotica e Alzheimer è la diversa modalità di esordio: nel primo caso è improvviso, acuto, mentre nel secondo è subdolo, lentamente progressivo. Inoltre, nella prima la progressione è a “gradini”, la compromissione delle funzioni cognitive è irregolare, meno uniforme, e alcune funzioni possono restare completamente intatte, dal momento che la sintomatologia dipende dall’area cerebrale non più irrorata. Generalmente, il trattamento della lesione può riportare il paziente alla precedente condizione di salute neurologica, a differenza dell’Alzheimer che ha, invece, un decorso degenerativo che può essere soltanto rallentato.

3. Prevenzione e primo soccorso in persona con crisi epilettica.

3 La prevenzione della crisi epilettica comincia dalla vita prenatale, mirando a un regolare decorso della gravidanza, evitando fumo, alcol e sostanze tossiche. Nell’età neonatale vanno evitate le febbri troppo elevate, mentre in età adulta bisogna limitare le lesioni traumatiche al cervello e prevenire o trattare prontamente altre patologie che possano condurre allo sviluppo di crisi epilettiche. Il primo soccorso a una persona con crisi epilettica consiste nel rimanerle vicino, proteggerla da eventuali lesioni e osservare la durata e le caratteristiche della crisi. Bisogna chiamare i soccorsi se la crisi dura più di 5 minuti o se la persona non riprende conoscenza. Altrimenti, al termine della crisi, la persona va spostata delicatamente sul fianco per aiutarla a respirare, rassicurandola e cercando di comunicare con lei.

4. Descrivi la sindrome di Down, le cause e le patologie correlate.

4 La sindrome di Down è una condizione cromosomica causata dalla presenza di una terza copia del cromosoma 21.

L’eziologia è legata all’età materna: più è avanzata l’età della madre al concepimento, più è probabile che la sindrome si sviluppi. Il sintomo principale è il ritardo cognitivo, con disabilità variabile da individuo a individuo. I segni principali sono la neotenia del cervello e del corpo, la presenza di vestigia e l’atavismo. Inoltre, i parametri di crescita, tra cui altezza, peso e circonferenza della testa, sono inferiori rispetto ai coetanei. Le patologie correlate alla sindrome di Down sono un alto rischio di obesità e una forte incidenza di cardiopatie congenite, neoplasie ematologiche (soprattutto la leucemia), ipotiroidismo, malattie gastrointestinali, difficoltà nella gravidanza per la donna e sterilità per l’uomo, disturbi della vista (soprattutto strabismo e cataratta) e dell’udito.

Un consiglio in più