Scoperte geografiche del '400 e '500: riassunto

Scoperte geografiche del '400 e '500: riassunto sulle cause e conseguenze. Spiegazione e approfondimenti

Scoperte geografiche del '400 e '500: riassunto
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Scoperte geografiche del '400 E '500

Quali sono le principali scoperte geografiche del '400 e del '500?
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L'era delle scoperte geografiche inizia nel '400 e prosegue per tutto il '500. Un'epoca molto importante, non solo perché i confini mondiali si allargano e i commerci iniziano a prendere una nuova spinta, ma anche perché il mondo impara a conoscere nuove culture e nuovi prodotti: cambia, insomma, il modo di relazionarsi all'altro, in maniera a volte complessa e contraddittoria.

Le principali esplorazioni:

  • 1415-1472 esplorazioni marittime del Portogallo lungo le coste africane
  • 1487 Bartolomeo Dìaz circumnaviga l'Africa arrivando a Capo di Buona Speranza
  • 3 agosto 1492 – 14 marzo 1493 primo viaggio di Colombo (12 ottobre arrivo a S. Salvador)
  • (2) 1493-1496, (3) 1498-1500, (4) 1502-1504 : successivi viaggi di Colombo
  • 1507 Amerigo Vespucci dà il proprio nome al nuovo continente
  • 1497-1498 Vasco da Gama (spagnolo) compie spedizione in India circumnavigando l'Africa
  • 1500 Cabral (portoghese) sbarca in Brasile
  • 10 agosto 1519 – settembre 1522 circumnavigazione del globo di Magellano (portoghese al servizio della Spagna)

Le cause delle esplorazioni geografiche

Risulta difficile ridurre i motivi dell'espansione dell'Europa nei nuovi continenti tra il 1400 e il 1500 secondo univoci aspetti. Bisogna perciò considerare le seguenti cause come coessenziali e interdipendenti:

  • Componente economica: l'Europa aveva raggiunta all'epoca una situazione economica interna tale che generò un forte bisogno di espansione per dare un ulteriore sviluppo all'economia allora crescente; i nuovi continenti suscitavano agli occhi degli Europei una forte attrazione per possibili materie prime, dato che i terreni feudali europei non riuscivano più a dare un rendita sufficiente alla domanda.
  • Componente politica: il consolidarsi degli stati nazionali (Spagna e Portogallo in particolare) durante il XV secolo ha reso possibile investimenti ed imprese marittime ingenti verso i nuovi mondi.
  • Componente religiosa: molte spedizioni furono animate da uno spirito missionario di diffusione del Cristianesimo.

Spagna e Portogallo furono gli assoluti pionieri di tale tendenza moderna. Essi, nonostante non avessero un forte retroterra culturale e neanche particolari disponibilità economiche, erano tuttavia gli stati politici più unitari e quindi più consoni a tali imprese.

Il Portogallo fu il primo stato ad esplorare i nuovi territori extraeuropei. Ciò avvenne non solo per la sua proficua collocazione geografica: vantava già dal Medioevo una grande esperienza di commercio a lunga distanza, poteva sfruttare gli investimenti dei ricchi Genovesi nelle loro imprese e aveva una forte stabilità statale che gli altri stati, allora impegnati da lotte intestine, non potevano avere.

La Spagna nel 1479, grazie al matrimonio dieci anni prima di Isabella e Ferdinando, riuscì ad unire politicamente i territori di Castiglia ed Aragona. Tale data diede l'inizio ad un clima di intolleranza e ortodossia religiosa nel paese volto a uniformare radicalmente lo stato sotto la Chiesa Cattolica. In nome dell'unità nazionale furono espulsi Ebrei, Mori, Musulmani e nel 1478 nominata un'intransigente Inquisizione.

La figura di Colombo

L'universo di Cristoforo Colombo (1451-1506) si articola intorno a 3 sfere: (1) divina, (2) umana, (3) naturale. I 3 ambiti rispecchiano anche in un certo senso le cause della scoperta del nuovo continente.

  1. L'ammiraglio è un uomo estremamente religioso: ha un fede tale da spingerlo a intraprendere i suoi viaggi con l'obiettivo di ricavare fondi per finanziare una nuova crociata verso Gerusalemme. La sua fede influenza profondamente le sue interpretazioni del mondo: in ogni avvenimento egli crede di cogliere un segno divino; quando giunge nel panorama naturale di San Salvador egli crede di trovarsi nel Paradiso Terrestre: gli indios, le specie arboree mai viste, i pappagalli sono tutti elementi che gli fanno pensare ad un ambiente “divinizzato”. Il suo “bisogno di evangelizzazione” si esprime anche nel suo tentativo di dare un nome ad ogni cosa che incontra (allo stesso modo di Adamo); ogni nome assegna una “giusta” funzione ad ogni singolo oggetto in un mondo teleologicamente ordinato.
  2. Sul piano più strettamente umano Colombo dimostra talvolta di essere un individuo estremamente pragmatico: per esempio egli risulta essere un ottimo marinaio compiendo delle vere e proprie prodezze; egli inoltre non manca di perseguire degli interessi puramente economici ricercando insistentemente l'oro nelle nuove terre.
  3. Infine Colombo è capace anche di un'osservazione disinteressata della natura, un'ammirazione intransitiva del paesaggio e della sua bellezza.

Riassumendo, possiamo affermare che Colombo, colui che con le sue scoperte diede inizio all'età moderna, era un uomo estremamente medievale; non tanto per il suo forte senso religioso, ma piuttosto perché in lui moventi economici, religiosi, naturalistici sono indissolubilmente intrecciati: l'osservazione della natura è guidata dalle sue credenze e dalla Bibbia, i guadagni che vuole ottenere dalle terre scoperte non sono fine a se stessi ma dovrebbero servire per finanziare
altre missioni religiose (la nuova crociata); allo stesso tempo la sua profonda fede non è mai circoscritta in un puro ambito privato, ma orienta e pervade ogni sua azione.

Colombo dura estrema fatica a comunicare con gli indigeni delle isole a cui perviene; a stento riconosce la loro umanità: talvolta sembra considerarli “parte del paesaggio” allo stesso livello delle piante e dei pappagalli. Egli oscilla tra una visione assimilazionista, nella quale gli altri sono esseri umani completamente uguali agli europei (con il medesimo linguaggio e i medesimi valori culturali), e una visione negazionista, nella quale nega la sostanza umana degli indios.

Entrambe le visioni implicano un egocentrismo e un intoccabile senso di superiorità: nel primo caso, essendo gli indios assolutamente identici agli europei, Colombo si sente legittimato ad imporgli i valori occidentali; nel secondo caso, essendo gli indios delle bestie, egli si sente legittimato a trattarli come tali. Ciò avviene perché Colombo scambia l'uguaglianza con l'identità e la differenza per l'assoluta alterità (“o sono identici a me oppure sono completamente altri”).

Le civiltà precolombiane

Quando gli Spagnoli giunsero nel centro America la civiltà dei Maya, che per secoli aveva dominato quei territori (tra la Guatemala e lo Yucatan), attraversava una fase di declino. Prima i Toltechi (X-XII secolo), poi gli Aztechi (verso il XIV secolo) provenienti da nord conquistarono le floride città-stato maya. Queste ultime avevano raggiunto un grande livello di splendore e cultura: raffinate produzioni artistiche, maestosi templi, grande sviluppo di previsioni cosmologiche. Al contrario gli Aztechi erano una popolazione profondamente guerriera che grazie ad azioni militari estesero il loro potere in tutta l'America centrale.

La religione, oltre alla guerra, era l'altra grande sfera che costituiva la civiltà azteca: la loro società/comunità era retta e giustificata da un tessuto etico-religioso che stabiliva una netta divisione in ceti e regola il passato, il presente e il futuro. Ogni evento doveva essere predetto da una legge/profezia (nella loro lingua sono la stessa parola), se si discostava dall'ordine prestabilito era interpretato come un segno di un futuro avvenimento nefasto; il senso della precarietà dell'ordine cosmico, minacciato da catastrofi naturali e Dei in collera, era infatti tipico di tale civiltà. Il tempo era concepito infatti in modo ciclico: i medesimi avvenimenti si dovevano necessariamente ripetere; ciò li portò ad interpretare avvenimenti completamente nuovi in base al passato e alla storia. Fatto sta che identificarono l'invasore spagnolo Cortes come un ex imperatore venuto a vendicarsi.

L'assenza di scrittura era un fatto altrettanto significativo: i pittogrammi che riuscivano a disegnare facevano leva per la loro comprensione a miti religiosi comuni e avvenimenti storici. Infine, i sacrifici umani erano all'ordine del giorno.
L'impero degli Incas invece era situato lunga la costa pacifica dell'America meridionale e la cordigliera delle Ande. Dotati di un livello di scrittura ancora più inferiore di quello azteco, gli Incas erano una comunità montana prevalentemente contadina basata sull'agricoltura e lo sfruttamento dei lama. Anch'essi avevano un'organizzazione gerarchica rigida al vertice della quale vi era l'Inca, il sovrano con poteri assoluti. Erano riusciti inoltre a darsi una solida organizzazione statale grazie alla nomina di governatori in ogni provincia.

Le conquiste, la colonizzazione e i conflitti

Tappe fondamentali:

  • 1494 Trattato di Tordesillas: stabiliti i confini dei terreni portoghesi (Brasile orientale) e
    spagnoli (Argentina)
  • 1519-1521 Cortes conquista gli Aztechi (nasce il Messico)
  • 1531-1533 Pizarro sconfigge gli Incas (nasce il Perù)

Le cause della disfatta degli indigeni

La superiorità militare degli Spagnoli grazie ai cavalli, armi da fuoco e spade non spiega esaurientemente i motivi effettivi della strage di milioni di indios e la relativamente rapida conquista dell'America centro-meridionale da parte di un'esigua minoranza (rispetto al numero degli Indios) di Spagnoli. Sono da tenere in considerazione perciò le seguenti cause:

  • Le nuove malattie: gli Europei portarono nel nuovo continente nuove malattie come il vaiolo che contagiarono facilmente gli indigeni e generarono migliaia di morti.
  • I dissidi interni tra popolazioni: bisogna considerare che la maggioranza delle città sotto l'impero azteco erano assai scontente del potere centrale poiché la loro conquista precedente le portò ad essere sottoposte ad un ingente tassazione e a sacrifici umani. Cortes in particolare fu abile a sfruttare questi dissidi fra popolazioni precolombiane stipulando un alleanza con i tlaxcaltechi.
  • L'attesa di una fine del mondo: come abbiamo visto in precedenza (1.3) la mentalità azteca era caratterizzata da un'attesa di un evento catastrofico che identificarono con la venuta degli Spagnoli, i quali furono sì combattuti, ma almeno inizialmente accettati con rassegnazione. Ciò spiega anche l'ambiguo comportamento di Moctezuma, il sovrano azteco.
  • Lo scarso controllo della comunicazione: Tzvetan Todorov infine ha sottolineato l'enorme differenza dei livelli di comunicazione tra gli Spagnoli e gli Aztechi; i primi sono stati bravi a comprendere il nuovo mondo per sfruttare gli eventi a proprio favore, a fingere di essere divinità per farsi accettare dai nemici; i secondi interpretavano gli eventi e il futuro attraverso la parola degli Dei tradotta dai sacerdoti.

L'impresa di Cortés

Le tappe:

  • 1519 febbraio – l'hidalgo (titolo nobiliare) Cortés (1485-1547) è inizialmente inviato dal governatore di Cuba per un'esplorazione del Messico. Il governatore ci ripensa e decide di richiamarlo ma il conquistadores non obbedisce agli ordini e avanza con il suo esercito fino a Tenochtitlàn, capitale azteca e attuale Città del Messico; Cortés decide di far prigioniero il
    sovrano azteco Moctezuma e tenerlo in ostaggio durante il suo soggiorno nella città.
  • Nel frattempo il governatore di Cuba fa mobilitare un esercito contro di lui; Cortés vince la battaglia convincendo la maggior parte dei rivali a stare dalla sua parte; intanto però a Tenochtitlàn, dove aveva lasciato Alvarado a presidiare, è scoppiata una guerra contro gli Indios nella quale è morto lo stesso Moctezuma. Così Cortés al suo ritorno decide di fuggire di nascosto
    con l'oro ottenuto, ma la fuga viene scoperta dagli Aztechi che infliggono grosse perdite all'esercito spagnolo (“Noche triste”).
  • 1521 – il conquistador ricostituisce le sue forze nella città di Tlaxcala, dove riesce ad allearsi con gli indigeni locali nemici degli Aztechi. Cortés fa ritorno così a Tenochtitlàn, assedia la città e in pochi mesi la distrugge.

Cortés e Moctezuma

Il comportamento incerto e ambiguo di Moctezuma può essere considerato come una delle cause della sconfitta degli Aztechi sotto l'esercito di Cortés.

Egli, fino alla sua morte, non oppone mai resistenza agli invasori, cerca in tutti modi di impedire una guerra dentro la città. Non si sa bene a cosa sia dovuta questa rassegnazione del sovrano: o a semplice saggezza (meno probabile), oppure al fatto che scambi Cortés con l'imperatore dei precedenti dominatori (i Toltechi), resuscitato e venuto a vendicarsi. In ogni caso, Moctezuma, come quasi tutti gli Aztechi, mostra una scarsa capacità di riconoscere e comprendere l'altro; questo, se si discosta dagli ordinari valori della propria civiltà, non può che essere qualcosa di sovrumano (un Dio).

Ciò è dovuto al primitivo sistema segnico di comunicazione del popolo azteco (vedi 1.3). Al contrario, Cortés si dimostra un abile comunicatore, sia con i propri soldati che con gli Indios. Innanzitutto sa riconoscere l'umanità (con le sue debolezze) degli indigeni; poi cerca di comprendere: fa ricorso ad un'interprete (la Malinche o “Dona Marina”) per interloquire con Moctezuma, apprende i dissidi interni all'impero, cerca di capire la considerazione che gli Aztechi hanno di sé (quella di una divinità). Tutto ciò sarà da lui sfruttato a suo favore: gli atti di comprensione dell'altro di Cortés non sono mai fini a se stessi, bensì sono utilizzati per sottomettere, conquistare e distruggere la vecchia civiltà.

Possiamo affermare che Cortés sia stato un uomo estremamente machiavellico: a differenza di Colombo e Moctezuma, egli ha forte coscienza politica e storica dei suoi gesti, da buon comandante sa prendere decisioni difficili (contrariamente a Moctezuma) ed ogni imprevisto non è interpretato da lui in base a tradizioni religiose passate, bensì è affrontato e sfruttato secondo un obiettivo futuro che vuole raggiungere. Egli, non volendo mostrare agli altri un minimo segno di insicurezza e debolezza, sta molto attento ai propri gesti: si dimostra un ottimo retore nel convincere a seguirlo gli Spagnoli mandati per fermarlo, e quando sa che gli Aztechi lo considerano una divinità cerca di comportarsi come tale in modo da nascondere la sua vera umanità.

Le conseguenze dell'espansione europea

Si può intuire la grande portata delle conseguenze dei viaggi e delle conquiste europee in America. All'epoca infatti si assistette ad “unificazione del mondo” forzata in nome dei valori occidentali che sebbene ampliò l'economia europea, fu assai drammatica per i nativi americani.

Possiamo perciò riassumere i principali effetti dell'unificazione:

  • Distruzione delle civiltà indigene: come già anticipato, la conquista degli Spagnoli del nuovo mondo portò ad un vero e proprio massacro dei nativi americani; si parla infatti di una diminuzione della popolazione mondiale di circa 70 milioni in un secolo. Alcuni morirono per uccisione diretta, altri in seguito a maltrattamenti dovute alla dure condizioni di lavoro imposte e molti a causa delle malattie.
  • Evangelizzazione forzata delle colonie: gli Indios furono costretti a convertirsi al Cristianesimo sin dal 1514, quando un'ingiunzione detta Requerimiento legittimava “biblicamente” il dominio europeo sulle nuove terre; se dopo la letture del Requierimiento gli indiani si convertivano, non si aveva il diritto a farli schiavi, viceversa, se non accettavano tale interpretazione storica dovevano essere puniti.
  • Creazione di nuovi stati su modello europeo: gli Spagnoli affermarono il loro dominio sulle nuove terre attraverso la creazione di nuovi stati (“Nuova Spagna” e regno del Perù) suddivisi in province e amministrati da governatori e viceré. All'interno degli stati vigevano le encomiende: delle assegnazioni da parte del regno di territori ai vari conquistadores, i quali avevano il diritto di godere di prestazioni di lavoro e tributi dagli Indios risiedenti nella circoscrizione.
  • Creazione di una rete mondiale di commercio: il sistema economico occidentale divenne così mondiale grazie all'esportazione di nuovi beni dalle Americhe e dall'Africa. Si creò così un struttura triangolare: gli Europei compravano gli schiavi in Africa e li portavano in America dove li facevano lavorare alle piantagioni di mais, canna da zucchero, patate, o alle miniere; i prodotti venivano importati nell'economia europea. Portoghesi e Olandesi erano i due principali importatori economici del nuovo mondo
  • Mutamenti e dibattiti nella società e mentalità europea: a livello culturale la scoperta di nuove popolazioni americane generò numerose ipotesi sull'umanità o non umanità degli Indios e diverse discussioni sui loro diritti. Nel 1542 le “Nuove leggi”, emanate dall'imperatore Carlo V su pressione di Las Casas, cercarono di porre un freno allo sfruttamento dei nativi proibendo la schiavitù di questi.

Il dibattito di Valladolid

L'osservazione di popolazioni umane in territori così lontani dall'Europa ha messo in crisi il paradigma biblico della nascita dell'umanità nel continente euroasiatico.

Si sono sviluppate così nuove teorie della creazione dell'uomo: alcune riprendono testi classici come il Timeo di Platone o la Metafisica di Aristotele (riprendendo la sua “gerarchizzazione degli enti” gli indigeni vennero considerati come “sub-umani”), altre fanno ricorso sempre alla Bibbia (“nei popoli americani vi sono discendenti delle 10 tribù di Israele maledette da Dio”), altre sostenute da filosofi come Giordano Bruno, Paracelso e Pomponazzi chiamano in causa la “generazione exnihilo”.

Tuttavia, l'umanità degli Indios fu assai discussa nel '500. Particolarmente rilevante fu “il dibattito di Valladolid” (1550) tra Bartolomé de Las Casas (1484-1566), un vescovo gesuita sostenitore della realtà umana degli indigeni, e il filosofo Gìnes de Sepùlveda, sostenitore della non-umanità. Quest'ultimo fa ricorso alla “Politica” di Aristotele e a Tommaso d'Aquino per dimostrare che “In prudenza e in accortezza, in virtù e umanità questi barbari [gli indiani] sono inferiori agli Spagnoli come i bambini sono inferiori agli adulti, la donna all'uomo, e gli schiavi ai padroni”. In accordo con Aristotele, Sepùlveda mostra che la società, come la realtà stessa, è gerarchicamente organizzata e tale ordine morale è palese se si osservano le “barbare e immorali” usanze (il cannibalismo su tutte) degli indigeni rispetto alla prospera cultura spagnola.

Perciò conclude con affermare la legittimità di rendere schiavi tali popolazioni, in modo da salvare le loro innumerevoli potenziali vittime sacrificali. Las Casas all'autorità di Aristotele contrappone l'autorità della Bibbia nella quale è stabilita
l'uguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio. Gli Indios, nonostante attualmente abbiano comportamenti distanti dai precetti del Vangelo, sono comunque potenzialmente dei buoni cristiani; occorre loro solo un'educazione evangelica per risvegliare la loro umanità, non è legittimo renderli schiavi come bestie.

La Casas dimostra così di saper amare gli indiani; tuttavia tale amore rischia di rivelarsi in realtà un affetto nei confronti dei suoi ideali cristiani occidentali che proietta sui nativi. Anch'egli, come Colombo, non riesce pienamente ad uscire dai propri valori e a riconoscere l'autentica uguaglianza e la genuina differenza dell'altro. Egli dissente totalmente dallo schiavismo, ma in linea con il colonialismo è favorevole ad un'evangelizzazione degli indigeni.

Due fenomeni di sincretismo: Duràn e Sahagùn

Sincretismo significa fusione o conciliazione in una medesima forma di elementi culturali e religiosi contrastanti. Questo fenomeno risultò talvolta possibile in seguito alla colonizzazione europea delle culture precolombiane.

Ad esempio, in Diego Duràn, nato in Spagna nel 1537 ma residente in Messico sin dall'età di cinque anni, convivono rigide credenze religiose cristiane ma anche elementi della cultura azteca. Lo possiamo notare grazie alla sua opera “Historia de las Indias de Nueva Espania” (1581), nella quale si osservano alcune forme di scrittura (a pittogrammi) simili a quelle azteche ma anche un forte senso missionario di evangelizzazione. Tuttavia egli nel narrare la civiltà azteca in cui vive non manca di osservare in modo ammirato certi aspetti della loro vita.

Nel raccontare la storia della colonizzazione del Messico, egli non manca di mescolare assieme il punto di vista spagnolo con quello indigeno.

Anche Bernardino de Sahagùn (1499-1590), studioso francescano nato in Spagna, andò a vivere in Messico nel 1529 e vi rimase fino alla morte. Egli insegnò latino nel collegio messicano di Tlateloco e pubblicò “Historia general de las cosas de la Nueva Espania”. Egli decide di trascrivere e conservare la storia del popolo nahuatl e nel farlo mescola tre mezzi espressivi: il disegno, lo spagnolo e il nahuatl. Nonostante personalmente non sia vicino agli indiani come Duràn, Sahagùn cerca comunque di essere il più fedele possibile agli avvenimenti osservati, tentando di intromettere nelle descrizioni meno giudizi di valore possibili. Dunque, sebbene il suo progetto fosse quello di evangelizzare gli Indios, egli non modifica le sue scoperte in base ad esso ma realizza un autentico apprendimento dell'altro: accetta le costitutive differenze dell'altra cultura e nello scoprire nuovi elementi rivede in parte la propria identità e i propri valori.

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