La scoperta della città di Troia: riassunto
Riassunto degli eventi che hanno portato alla scoperta della città di Troia. La storia degli scavi di Schliemann nella città omerica
SCOPERTA DELLA CITTÀ DI TROIA
Nel 1868 Heinrich Schliemann, uomo ormai leggendario così come il sito e il tesoro che scoprì, sbarca ad Itaca: proprio quest’isola gli insegnerà ad interpretare il Mito: “ogni colle, ogni pietra, ogni ruscello, ogni bosco d’ulivi mi ricorda Omero” scrive nel suo diario.
D’ora in poi l’Iliade di Omero sarà la sua “guida”, fonte di ogni ispirazione e intuizione.
Schliemann si improvvisa archeologo proprio ad Itaca, cercando il palazzo di re Laerte, ma trovando soltanto delle pietre, un coltello, un idolo e dei vasi (più tardi dirà di aver rinvenuto quelle che definì “le ceneri di Ulisse”). Deluso e confuso, abbandona l’isola dopo solo nove giorni, portandosi dietro l'amore per la Grecia e una certa impazienza di concludere altri scavi, cosa che provocherà più di qualche errore nel suo metodo.
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Incoraggiato dalle notizie di ritrovamenti favolosi fatti in Oriente, a Ninive e Babilonia, Schliemanndecide di dedicare tempo e denaro agli scavi della Troia omerica, in Turchia, con l'aiuto del vice-console americano Frank Calvert, appassionato di archeologia e proprietario dei terreni di scavo.
Schliemann però non è un esperto, tutt'altro: non sa come si dirige uno scavo, né come si opera nella pratica: tutto quello che fa è stare con l’Iliade aperta sul canto II e VII della battaglia tra Achei e Troiani e verificare gli avvenimenti epici percorrendo il terreno con orologio e metro alla mano, decidendo di scartare il villaggio di Bunarbashi, fino ad allora ritenuto il sito dell’antica Troia.
Schliemann, poco importa se per intuizione o altro, sceglie il luogo giusto: la collina di Hissarlik che domina la pianura della Troade fino alla costa dei Dardanelli.
Senza licenza di scavo da parte del governo turco, affonda il primo colpo di piccone nell’aprile del 1870. Dirà più tardi lo scrittore Ceram, autore delle “Civiltà sepolte”: Tutta la collina era come un’immensa cipolla da sfogliare strato dopo strato.
PRIMO SCAVO A TROIA
La prima campagna di scavo rivela immediatamente resti di mura ciclopiche ed una grande porta, pochi oggetti, le tracce di un antico incendio e una moneta che reca l’iscrizione Hector Ilion - Ettore di Troia.
Schliemann esulta: è sicuro di aver trovato la Troia omerica, ma non si rende conto d’aver scoperto una città che possiede nove periodi storici sovrapposti, dall’età del bronzo al periodo ellenistico-romano.
Schliemann pubblica a sue spese i resoconti delle ricerche, ma questi vengono accolti con scetticismo e respinti dagli accademici per i metodi errati usati negli scavi. Il governo turco blocca i lavori, infastidito per la disinvoltura con la quale Schliemann ignora ogni prassi burocratica per ottenere una licenza ufficiale.
GLI SCAVI SUCCESSIVI
Scrivendo lettere di supplica “in nome della comune Madre Scienza” al governo turco, Schliemann ottiene dopo lungo tempo il permesso di scavo, ma sotto sorveglianza, perché le autorità sia greche che turche temono che i reperti vengano trafugati per uso personale.
Intanto risorge la cittadella di Troia: le fortificazioni, il basamento di un tempio, le fondamenta di case modeste, le mura di un megaron - il palazzo reale - ma così piccolo e insignificante rispetto alle descrizioni di Omero che Schliemann, fedela al testo, le scarta e le abbatte per scavare più a fondo.
Nella tarda primavera del 1873 appare una rampa, una strada lastricata. Nella trincea intorno alla rampa Schliemann vede brillare qualcosa, manda via tutti gli operai e dopo il tramonto rimuove la terra intorno all’oggetto misterioso.
Il giorno dopo, nella casa dell’amico Calvert, vengono deposte 6 ceste e un baule insieme ad un biglietto che reca la preghiera di “mettere i pacchi sotto chiave” e di “impedire che i Turchi li tocchino”.
Più tardi si scoprì che quei cesti contenevano quello che Schliemann riteneva fosse il “Tesoro di Priamo”. Soltanto dopo la sua morte si scoprì che gli oggetti appartenevano ad una civiltà vissuta mille anni prima della Troia omerica.
Il “Tesoro” era composto da diademi con pendagli, fermagli, collane e coppe d’oro massiccio, piastre e bottoni in oro e avorio. Schliemann non rivelerà mai l’esatto giorno e il luogo del ritrovamento: è un mistero come e quando riuscì a spedire il “bottino” in Grecia, dove venne nascosto a casa dei suoceri.
Il tesoro vive una serie infinita di trattative, di polemiche e di tentativi di sequestro: i Turchi lo reclamano, i Greci lo rifiutano ed infine verrà esposto a Londra, da dove verrà spostato nel 1881 a Berlino.
Ascolta su Spreaker.Nel 1882 Schliemann torna per la nona volta sulla collina di Hissarlik, ma assistito dall’archeologo Wilhelm Dörpfeld e dall’antropologo Rudolf Virchow. Gli scavi proseguono finalmente con metodi scientifici: Dörpfeld cataloga, fotografa e rileva il terreno, mettendo ordine nella stratigrafia storica.
Questa documentazione scientifica dimostra i numerosi e grossolani errori degli scavi precedenti: Schliemann ha ignorato di indagare sullo strato VII, ritenuto la vera Troia omerica. Schliemann è annoiato, irritato e apertamente lamenta che questo scavo “è una perdita di tempo”.
Dopo Schliemann e Dörpfeld, la collina di Hissarlik viene indagata a fondo dall’archeologo americano Carl Blegen dell’Università di Cincinnati, che ricostruisce i nove strati di Troia, suddividendoli in 46 insediamenti di epoche diverse.
Dal 1981 l’esplorazione del sito viene condotta dall’archeologo tedesco Manfred Korfmann, che dimostra come Schliemann avesse scavato esclusivamente sull’acropoli di Troia. Nella pianura, sotto la Ilio romana, si estende una città con resti di abitazioni, che confermano l’esistenza di una “Troia bassa”, contemporanea allo strato VI della collina, proprio quello descritto nell’Iliade.
In ultimo è stato localizzato anche il porto, non lontano dal “monumento funerario di Achille”, visitato da Alessandro Magno, ed è stata rinvenuta una necropoli, risalente al XIII sec. a.C.