Sallustio: vita, opere e pensiero

Gaio Sallustio Crispo: vita, opere e pensiero dello storico, politico e senatore romano vissuto durante il periodo repubblicano
Sallustio: vita, opere e pensiero
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1Gaio Sallustio Crispo (86-35 a.C.)

Sallustio
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Sallustio ci offre nella sue opere una riflessione profonda e ben meditata sulla crisi della repubblica, la cui causa per lui consisteva nella lotta tra nobilitas e populares e la conseguente crisi dei boni mores. A volte è incline a moraleggiare e a guardare ai tempi antichi con nostalgia, tuttavia egli è un grande scrittore che porta a maturazione il genere della monografia storica. Si attenne alla brevitas e seppe evitare sia la piattezza dell’annalistica sia l’esuberanza della storiografia tragica. 

2Sallustio e la storiografia

Busto di Gaio Sallustio Crispo (86-35 a.C.): storico romano, politico e novus homo di una famiglia dell'antica nobiltà provinciale
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Sallustio fu tra i più importanti storiografi dell’antichità e fu testimone diretto delle più sanguinose guerre civili romane. Nacque il 1 ottobre 86 a.C. all’epoca in cui infuriava la guerra tra Mario e Silla; visse una travagliata esperienza politica mentre infuriava la lotta tra Cesare e Pompeo; morì quando stava ormai per profilarsi lo scontro finale tra Marco Antonio e Ottaviano.

Sallustio proveniva da Amiternum, cioè Amiterno, paese agricolo dell’antica terra dei Sabini, oggi nei pressi de L’Aquila: era quindi un provinciale la cui famiglia si può supporre appartenesse alla antica nobiltà provinciale – il nome Sallustius è raro e arcaico – che era agiata e amava godersi i lussi; quindi poté permettersi di studiare e di formarsi in modo opportuno per tentare la carriera politica.

Recandosi a Roma intraprese la carriera politica mettendosi in luce tra i populares. A differenza di Cicerone, Sallustio non riuscì mai ad ottenere il consolato, ma fu comunque il primo della sua famiglia a entrare nel Senato, raggiungendo il grado pretore.

Vediamo nel dettaglio alcuni passaggi del suo cursus honorum: probabilmente fu eletto questore nel 55 a.C. mentre nel 52 a.C. divenne tribuno della plebe. Era questo l’anno in cui Clodio fu ucciso da Milone, un episodio che lo spinse ad aizzare il popolo alla rivolta: anche nel processo Sallustio sostenne l’accusa, attaccando anche l’avvocato difensore, che era Cicerone (e non un avvocatuccio qualsiasi).

Milone finì in esilio, ma la reazione degli optimates (i mandanti dell’omicidio) giunse neanche due anni dopo: scaduta l’inviolabilità tribunizia, Appio Claudio Pulcrio in qualità di censore lo espulse dal Senato per condotta immorale. Vi fu riammesso un anno più tardi proprio grazie al suo potente protettore.

Al servizio di Cesare, Sallustio tornò alla ribalta proprio in occasione della guerra civile contro Pompeo. Come generale ebbe scarso successo: venne sconfitto nell’Illirico nel 49 a. C., mentre nel 47, come pretore designato, cercando di domare un tumulto nella fila cesariane finì con l’inasprire ancora di più gli animi e si salvò a stento dal linciaggio.

Le cose andarono meglio come organizzatore della logistica in Africa, al punto che Cesare, fondata la provincia Africa Nova, sorta al posto del regno di Numidia che si era schierato con Pompeo, lo scelse come primo governatore con potere proconsolare. Nel governo della provincia Sallustio si arricchì notevolmente.

Al suo ritorno a Roma, Sallustio fu accusato di concussione e l’accusa trovava effettivo riscontro nelle sue enormi ricchezze. Non abbiamo notizia del processo e quindi si deve supporre che Cesare intervenne in suo favore per evitare lo scandalo, ingiungendogli di ritirarsi per sempre dalla vita politica.

La morte di Cesare (15 marzo 44 a.C.). Dipinto di Vincenzo Camuccini
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Si ritirò a vita privata: pare che la sua abitazione principesca – gli Horti Sallustiani – non fu sua ma di un discendente, nipote di sua sorella, di età augustea che ne ereditò il nome e il patrimonio. Alla morte di Cesare nel 44 a. C. Sallustio rinunciò a tornare nella vita politica, sfruttando l’amicizia di Antonio e del giovane Ottaviano

Mori nel 35 a. C. Lasciando incompiuta la sua ultima opera, le Historiae in cui si acuisce il suo pessimismo politico. Questo nome, Historiae, sarà poi ripreso da Tacito il migliore dei suoi epigoni. 

Di Sallustio oltre ad alcune opere di certa attribuzione e a frammenti di un’opera storica di impianto annalistico sono pervenute integralmente due monografie alle quali è legata la maggiore fama dell’autore: il Bellum Catilinae o De Catilinae coniuratione in 61 capitoli e il Bellum Iugurthinum in 144 capitoli. 

3Sallustio e De Catilinae coniuratione – La congiura di Catilina

Manoscritto. De Catilinae coniuratione di Sallustio
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Catilina è un esponente della nobilitas decaduta, privo di scrupoli e determinato a conquistare il potere a qualunque costo, come a suo tempo aveva fatto Silla. Questo è l’argomento della congiura di Catilina con cui Sallustio interrompe la tradizione annalistica della storiografia romana e ci offre una vera e propria monografia, per giunta di un argomento al lui contemporaneo.

Perché sceglie questa materia? Ci risponde lo stesso storico: Id facinus in primis ego memorabile existumo sceleris atque periculi novitate; «Mi sembra che questa impresa sia tra le più memorabili, sia perché quel piano criminoso non aveva precedenti, sia perché mai si era avuta una minaccia così grave per lo Stato» (Cap. 4,5).

La monografia è divisa in due parti: capp. 1-30 e capp. 31-61. 

Il proemio dell’opera poggia sulla natura dell’uomo composto di anima e di corpo e che le facoltà spirituali devono prevalere su quelle materiali, la prima parte dell’opera è un’analisi approfondita dell’inquietante fenomeno rivoluzionario, in una prospettiva storica, morale e psicologica: qui troviamo Catilina agire all’interno di Roma alla ricerca del potere e aizzando le folle

Nella seconda parte, invece, Catilina è costretto ad agire fuori Roma e prepara una guerra contro lo Stato culminante in una sanguinosa battaglia finale a Pistoia. Prima dello scontro, Catilina pronuncia uno storico discorso che Sallustio (ma non siamo certi del modo in cui l’ha ricostruito) in cui difende il suo operato e, bloccata ogni fuga, va incontro alla morte senza esitare. Catilina muore sul campo di battaglia da eroe, riscattandosi: Sallustio afferma che venne ritrovato ancora vivo, anche se mortalmente ferito. 

Questo riscatto ci fa cogliere la visione negativa che Sallustio aveva dei partiti e in fondo ci sembra di vedere nella morte gloriosa del congiurato un ristabilirsi delle antiche virtù morali del popolo romano.

L'Aquila, Piazza Palazzo. Monumento a Sallustio e Torre del Palazzo di Giustizia
Fonte: ansa

Specialmente dalla prima parte dell’opera emerge un quadro fosco, ma estremamente vivace, di una società colma di corruzione: Catilina domina la scena, intelligente, coraggioso e malvagio, figura sinistra e affascinante, al cui carisma sembra non riuscire a sottrarsi neanche lo stesso Sallustio. Nel suo celebre ritratto, Sallustio insiste sulla perversione di Catilina, ma ne cogliamo anche il timore reverenziale destinato ai grandi condottieri. Questo personaggio tanto discusso sognava di rovesciare lo Stato e risollevare la plebe, esautorando il Senato. Un progetto ambizioso che incontrò il favore del popolo.

Accanto a Catilina, troviamo poi altri personaggi cruciali di quel periodo e dipinti ad arte dallo storico: i congiurati, Sempronia, Cicerone, ridimensionato nel suo ruolo di salvatore della patria, ma soprattutto Cesare con la sua munificenza e la sua liberalità, e Catone, con la sua severità e il suo rigore morale: sono loro i veri difensori dello Stato in un momento di grande pericolo.

4Bellum Iugurthinum (40 ca.) – La guerra Giugurtina

Sallustio. Incisione raffigurante la guerra giugurtina: la battaglia combattuta dai romani contro Giugurta, re di Numidia
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Una frase chiave dell’opera recita: Romae omnia venalia esse, «A Roma tutto è in vendita». La dignità, l’onore, la guerra, la famiglia, la lealtà… tutto può essere comprato. Questa è la tesi dell’autore.

Infatti quest’opera, anch’essa monografica, nasce con intenti chiaramente polemici per offrire al lettore uno scavo ulteriore nelle cause della crisi della repubblica. Da una parte, Sallustio si dimostra capace di forti sintesi storiche, dall’altra denuncia l’incompetenza della nobilitas nella conduzione della guerra, e la sua corruzione generale; nel valorizzare le ragioni espansionistiche della classe mercantile; nell’auspicare la nascita di una nuova aristocrazia, fondata sulla virtus.

L’autore sceglie la materia quia magnum et atrox variaque victoria fuit, dehinc quia tunc primum superbiae nobilitatis obviam itum est, «perché fu una guerra aspra, sanguinosa e di alterne vicende, e poi perché allora per la prima volta ci si oppose alla superbia della nobilitas» (De bello Iug. 5,1).

L’opera narra, in 114 capitoli, la guerra combattuta dai romani (111-105 a. C.) contro Giugurta, re di Numidia. Il pretesto bellico copriva un'altra guerra, quella intestina che il popolo combatteva contro la prepotenza della nobiltà senatoria, avida di guadagni in provincia.

Sallustio fa intendere che la più antica istituzione politica di Roma è la causa della crisi: l’individualismo politico sta diventando sempre più prepotente. Dunque questa monografia è una sorta di antefatto culturale alla prima monografia su Catilina.

La struttura generale dell’opera è tripartita. Nei capitoli 1-38 domina la figura di Giugurta, principe di un piccolo regno vassallo di Roma (Numidia, odierna Tunisia). Giugurta con la complicità di alcuni nobiles corrotti riesce a impadronirsi del trono, dopo aver ucciso gli altri eredi. A seguito di un massacro presso la città di Cirta, Roma è costretta ad intervenire ma – volutamente – perde, perché i suoi generali si vendono al nemico, accettando di farsi corrompere.

Nella seconda parte (capp. 39-81) i tribuni della plebe ottengono la riapertura delle ostilità che erano state chiuse con una pace umiliante per i Romani. L’azione si concentra intorno al console Metello.

Nella terza parte entra in gioco l’eroe Gaio Mario, l’homo novus, il leader dei populares che vince la superbia della nobilitas e assume il controllo delle operazioni. Mario porta a termine la guerra grazie all’aiuto decisivo di Silla che allora (105 a. C.) militava come ufficiale subalterno.

Il ritratto di Giugurta è molto simile a quello di Catilina, ma con una differenza fondamentale: la sua malvagità non è innata. Dapprima Giugurta è un giovane promettente leale e coraggioso: sembra addirittura un personaggio fiabesco che figlio illegittimo dimostra con il suo valore di essere meritevole del trono. Il contatto con gli ufficiali romani gli è fatale: Giugurta viene corrotto nel peggiore dei modi e diventa egli stesso un corruttore. Sono personaggi integerrimi come Metello e Mario ad opporgli resistenza, non piegandosi alle lusinghe delle ricchezze.

5Il pensiero politico di Sallustio

Incisione raffigurante l'ingresso della casa di Sallustio a Pompei
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La degenerazione morale di Catilina e di Giugurta è inquadrata all’interno di un fenomeno molto più ampio. Sallustio ritiene che l’antica grandezza della repubblica fosse garantita dall’integrità e dalla virtù dei cittadini, e vede nel successo, nella ricchezza e nel lusso le cause della decadenza e la possibilità di tentativi come quello di Catilina.

Una volta distrutta Cartagine a Roma era venuto a mancare il metus hostilis, «paura del nemico» che era il vero collante della società: finché Roma aveva dovuto lottare per sopravvivere tutto lo Stato era rimasto sempre coeso; finita questa paura, con il dilagare delle ricchezze erano scomparsi i valori romani come l’antica frugalitas, il senso del sacrificio, la severità, l’onestà.

L’ispirazione storiografica di Sallustio è essenzialmente politica, da senatore e da cesariano moderato, senza per questo trascurare il lato artistico che caratterizza la sua opera: Sallustio è un grande scrittore, indubbiamente. L’opera sallustiana fu stesa durante il primo triumvirato e mostrava spesso allusioni al presente.

Alla base di tutto il suo pensiero c’è il valore della virtus (la virtù) che viene però rinnovata: essa consiste nell’utilizzo dell’ingenium (ingegno) per compiere egregia facinora (imprese eccellenti). L’intelligenza è il nuovo paradigma della politica repubblicana: secoli dopo questo ingegno sarà alla base del Principe di Machiavelli.

Per Sallustio la virtus appare slegata dal genus che era il punto fondamentale (quasi una specie di dogma) del potere aristocratico. In questo senso Sallustio spalleggia l’idea di un senato allargato, sottratto alla nobilitas e più attento alle necessità del popolo.

    Domande & Risposte
  • Chi è stato Sallustio?

    Sallustio è stato uno storico, politico e senatore durante la Repubblica romana.

  • Cosa ha scritto Sallustio?

    Oltre ad alcune opere di certa attribuzione e a frammenti di un’opera storica di impianto annalistico (le Historiae) sono pervenute integralmente due monografie: il Bellum Catilinae (o De Catilinae coniuratione) e il Bellum Iugurthinum.

  • Quando è morto Sallustio?

    Nel 35 a.C. a Roma.