Rosso Malpelo: analisi del testo e commento
Rosso Malpelo: analisi del testo letterario e commento per l’esame di maturità della famosa novella di Giovanni Verga
ROSSO MALPELO: ANALISI DEL TESTO
La novella Rosso Malpelo rientra nella raccolta “Vita nei campi” datata 1880 ed è una tra i componimenti più importanti dello scrittore catanese Giovanni Verga. Egli nacque nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri e, dopo essersi trasferito in altre città ed aver partecipato alle vicende politiche del suo tempo, morì nella città natale, Catania, nel 1922. Verga si può considerare tra il maggiore esponente del Verismo italiano, una corrente che mirava ad osservare la realtà e descriverla, per quanto cruenta essa potesse essere. Già dal titolo, “Rosso Malpelo”, si può individuare questo stile, in quanto sottolinea il pregiudizio popolare che considera i capelli rossi (Rosso) una cosa da temere, un ricordo del diavolo (da cui Malpelo). Nel testo questo pregiudizio trova conferma nei comportamenti del ragazzo protagonista a cui viene affidato, per l’appunto, questo nomignolo.
La novella infatti narra di Rosso, ragazzo siciliano orfano di padre, non visto di buon occhio dal mondo circostante, che lo considera sporco, violento, al livello di un animale. Alla morte del padre, minatore come il figlio, Malpelo si chiude ancora di più in se stesso e diventa ancora più cattivo e più triste. Poi egli riesce a trovare un amico: si tratta di Ranocchio, un ragazzo claudicante conosciuto sul posto di lavoro, una cava di rena rossa. Malpelo si adopera per “istruire” questo ragazzo sulla base dei suoi principi: il mondo fondato sulla “legge del più forte” secondo la quale vince sempre il violento. Nella novella la vita è vista come periodo di sofferenza e vissuta all’insegna della rassegnazione profonda e la morte è come una liberazione eterna.
Alla morte di Ranocchio, Rosso è ormai completamente solo, dato che sia la moglie che la sorella si sono risposate e sono andate ad abitare lontano e l’anno abbandonato. Il narratore non specifica se Malpelo muore o meno, ma dice soltanto che, quando il padrone della cava dove lavorava gli ordinò di andare ad esplorare un nuovo cunicolo, lui non fece più ritorno.
Rosso Malpelo viene presentato attraverso altri personaggi. Il narratore lo definisce un brutto ceffo, sempre cencioso e sporco di sabbia, torvo, ringhioso e selvatico, emarginato e vilipeso da tutti. Lo descrive sia a livello fisico, ma soprattutto rappresenta il suo rapporto pessimo con la società in cui vive e il suo carattere. Malpelo, infatti, è un povero giovane minatore vittima di pregiudizi, perseguitato, oppresso, un ragazzo che della vita ha esperito solo gli aspetti più duri, un bersaglio di una cieca violenza da parte della gente che lo circonda incapace di reagire e sottomesso ad ogni forma di oppressione, un reietto che vive in un deserto affettivo, solo, da cui non potrà mai allontanarsi, un adolescente condannato da superstizioni popolari, dalla violenza della gente all'emarginazione e ad una tragica fine, simile a quella del padre.
Malpelo è una delle vittime di una società all’antica, ottusa e chiusa ai cambiamenti, in cui le credenze sono più importanti delle persone e isolano chi ha certi difetti in uno stato di emarginazione.
Ma la cosa più terribile è la sorda e triste acquiescenza di Malpelo che lui accetta come conseguenza logica delle leggi della miniera e della vita, senza proprietà di riscatto.
Verga fa capire che i ragazzi come lui reagiscono al male che viene loro fatto infliggendo altrettanta sofferenza e cercando di reprimere i sentimenti di compassione pur di sopravvivere (emblematici sono i comportamenti rudi del protagonista nei confronti di Ranocchio e dell'asino grigio). Malpelo cresce con la violenza e la convinzione, ormai radicata in lui trasmessa dalle persone che gli stanno intorno, che sia cattivo, maligno, al pari livello degli animali; nella novella, infatti, vi sono molti paragoni tra Malpelo e gli animali. Ad esempio:
Lo schivavano come un can rognoso.
Rosicchiava il pane bigio come fanno le bestie sue pari.
Si lasciava caricare meglio dell’asino grigio.
Mordeva come un cane arrabbiato.
Lavorava al pari di quei bufali feroci.
Rannicchiarsi col suo saccone come un cane malato.
Egli era ridotto veramente come quei cani, che a furia di buscarsi dei calci e delle sassate da questo e da quello finiscono per mettersi la coda fra le gambe...
Malpelo subisce violenza non solo nella cava dove lavora, ma anche in famiglia: dalla madre ("non aveva mai avuta una carezza da lui, e quindi non gliene faceva mai") e dalla sorella (che, nel dubbio che Malpelo sottraesse qualche soldo dalla paga "gli faceva la ricevuta a scapaccioni").
ROSSO MALPELO: COMMENTO
Si può notare come Verga sottolinei denunciandolo nella novella i temi dell’infanzia negata e dello sfruttamento minorile (realmente diffusi nella Sicilia del tempo dove i giovani venivano sfruttati e trattati da animali) del protagonista. Il ragazzo, infatti, in tutta la sua cortissima vita non aveva mai visto, né tantomeno frequentato, una scuola, non aveva mai avuto degli amici veri di cui fidarsi e con cui poter parlare o una famiglia su cui poter far affidamento, ma doveva sopportare le dure leggi del lavoro che gli avevano procurato soltanto dispiaceri, delusioni e morte. Nonostante questo, Malpelo avverte, anche se molto confusamente, che c’è una piccolissima possibilità remota di un mondo diverso, al di fuori di quello in cui vive lui, fatto di fatiche, stenti e disprezzo; una piccola parte di lui desidera, pur non comprendendolo del tutto, un mondo fondato sull’amore (e non sulla violenza): quel mondo che gli evocano i calzoni di fustagno o le scarpe del padre ("gli pareva che fossero dolci e lisci come le mani del babbo, che solevano accarezzargli i capelli"), o il pensiero che si potrebbe lavorare diversamente (come il manovale "cantando sui ponti, in alto, in mezzo all’azzurro del cielo, col sole sulla schiena"; o come "il contadino, che passa la vita fra i campi, in mezzo al verde, sotto i folti carrubbi, e il mare turchino là in fondo, e il canto degli uccelli sulla testa"), o ancora il paradiso di cui gli parla Ranocchio ("dove vanno a stare i morti che sono stati buoni, e non hanno dato dispiaceri ai loro genitori"), infine il pianto della madre di Ranocchio per il figlio morente (e qui Malpelo non capisce: la madre di Ranocchio piangeva perché "il suo figliolo era sempre stato debole e malaticcio, e l’aveva tenuto come quei marmocchi che non si slattano mai. Egli invece era stato sano e robusto, ed era malpelo, e sua madre non aveva mai pianto per lui, perché non aveva mai avuto timore di perderlo").
Addirittura tre morti scandiscono la breve, drammatica e sconvolgente vita di Malpelo: al centro, fra quella del padre e quella di Ranocchio, vi è la morte più significativa: quella del Grigio. L’asino vecchio e debole che Malpelo tortura in vita, ora, pensa Malpelo, è felice in quanto nessuno lo più turbare. Questo gli fa realizzare che i più deboli sono inutili e perciò la morte, per loro, è una cosa naturale, da sperare al più presto. Anche nell’amicizia con Ranocchio Malpelo instaura una specie rapporto disprezzo-apprezzo: egli disprezza e odia Ranocchio per la sua debolezza, per la sua incapacità di sopravvivere in un mondo in cui vige la legge del più forte. Ma anche lo apprezza, perché nelle debolezze di Ranocchio scorge le proprie, nonostante cerchi di indurirsi il cuore per proteggersi dall'aggressione del mondo esterno, non riesce a soffocare, infatti, la pietà e la partecipazione nei confronti della sofferenza del povero Ranocchio. Quest’ultimo è inadatto al lavoro della cava e “serve” per far trapelare l’umanità di Malpelo, fatta di comprensione e tenerezza per il debole. Verga narra la vita di Malpelo per affrontare temi reali, fino ad allora tralasciati, quali: la solitudine, la non accettazione, la violenza, la durezza del lavoro, l’emarginazione, il disprezzo e la crudeltà. Inoltre si serve di questa novella per descrivere la Sicilia del tempo, la durezza delle condizioni di vita e di lavoro e la realtà di sfruttamento della gente. Ciò porta ad un'aridità di sentimenti soprattutto nei rapporti col ragazzo. Per adattarsi fino a confondersi con la campagna siciliana Verga utilizza una parlata locale con appellativi, soprannomi, (es. Zio Mommu, Mastro Misciu), vezzeggiativi e dispregiativi (soprattutto riferendosi a Malpelo) della lingua dialettale. Inoltre fa uso di discorsi indiretti e così conferisce crudo realismo alla scena. Nel testo prevalgono periodi abbastanza lunghi, composti da proposizioni coordinate.