Il ritorno del romanzo storico: autori e opere del '900
Indice
1Il romanzo neostorico
Nella seconda metà del Novecento il romanzo storico tradizionale, che ereditava le sue caratteristiche principali dalle opere di Manzoni, Nievo e Scott, scompare per lasciare spazio a un tipo di romanzo storico impostato su una prospettiva letteraria completamente diversa e nuova: si tratta del romanzo neostorico.
Le caratteristiche del romanzo neostorico sono difficili da individuare e tracciare in maniera univoca, anche se si possono evidenziare la perdita di una reale prospettiva storica e della visione della storia come di qualcosa in evoluzione, un evidente uso strumentale del contesto storico che viene piegato per raccontare vicende che dialogano immediatamente con la contemporaneità, e l’interesse dei romanzieri nel raccontare storie di persone umili, sconfitte, senza però dare a queste storie dimensioni e prospettive ideologiche definite.
Approfondimento.
Il romanzo storico nasce all’inizio dell’Ottocento, in un’Europa che aveva visto, per la prima volta, la ribalta delle masse sul palcoscenico della storia nell’ambito delle vicende della Rivoluzione Francese, per poi essere sconvolta nei suoi assetti politici dalle conquiste napoleoniche.
Nell’Europa conquistata dalla Francia la ribellione contro l’invasore si lega alla riscoperta delle diverse radici e delle tradizioni nazionali.
La nuova società europea che si andava formando ad inizio Ottocento, guidata dalla borghesia e dall’idea di stato-nazione, ricerca i suoi archetipi, le sue radici, nelle diverse storie nazionali, fatte di racconto di oppressione e di riscatto.
Sul piano ideologico lo scarto tra il romanzo storico e quello neostorico è dato dalla perdita della prospettiva dell’epica borghese, dell’idea di una storia guidata da un qualche disegno o, comunque, incanalata in un percorso evolutivo, progressivo.
Il romanzo neostorico è spesso privo di qualsiasi afflato epico, di una visione grandiosa degli avvenimenti, anzi, proponendo una visione marcatamente pessimista, si pone in maniera fortemente critica con la lettura storica tradizionale.
Lo si vede ne Il Gattopardo (1958) di Tomasi di Lampedusa, che racconta le vicende di una famiglia nobiliare siciliana nel periodo dell’Unità d’Italia facendo però una narrazione profondamente pessimista di quegli eventi, smentendo l’idea di un cambiamento radicale o di una miglioria nella vita e nella mentalità dei siciliani a seguito dell’Unità e affermando che, al contrario, queste avevano continuato nella loro immutabilità.
Ne La Storia (1974), Elsa Morante racconta le vicende di Ida Ramundo, vedova e madre di due figli, tra la Seconda Guerra Mondiale e l’immediato dopoguerra.
La narratrice dipinge la sfortunata protagonista come parte di un’umanità sconfitta, messa ai margini, che subisce gli avvenimenti della storia senza riuscire a prenderne parte e a influenzarli: rispetto al romanzo storico ottocentesco, la prospettiva ideologica è completamente alterata.
Altra particolarità del romanzo neostorico è quello di approcciarsi alla materia storica senza troppi riguardi per il punto di vista tradizionale, che in esso viene sovvertito per creare prospettive narrative inedite.
Un esperimento importante in tal senso è stato fatto con Q (1999) dal collettivo Luther Blisset, in cui le vicende della Riforma luterana, della dottrina anabattista e delle rivolte contadine nella Germania d’inizio Cinquecento vengono raccontate dal punto di vista degli eretici che, in maniera storicamente poco ortodossa, vengono dipinti quasi come fossero dei rivoluzionari novecenteschi.
Una lettura assolutamente inedita e di successo, che si allontana dalle descrizioni pessimiste dipingendo i contadini come rivoltosi impegnati nel rovesciare il senso della storia e non come semplici vittime dei grandi eventi: una prospettiva forte che dà all’intero romanzo un sapore epico.
2Umberto Eco, padre del romanzo neostorico italiano
La svolta definitiva che segna l’inizio di un nuovo modo di intendere il romanzo storico si ha però con i romanzi di Umberto Eco, caratterizzati da una continua serie di richiami, citazioni, sovrapposizione di temi e stili letterari che danno alle storie una profondità inedita, possibilità di letture e significati plurali.
Nuovo è anche il rapporto che Eco ha con la materia: la sua profonda conoscenza della storia, della filosofia e del linguaggio si mescolano per creare racconti che uniscono alla correttezza storica una serie di raffinati giochi intellettuali per cui i protagonisti si ritrovano ad affrontare temi e problemi estremamente moderni.
In Baudolino (2000), l’anziano protagonista racconta la sua vita allo storico Niceta Coniata: adottato poco più che bambino dall'imperatore Federico Barbarossa, va a studiare alla Sorbona di Parigi; qui, insieme ad alcuni amici, Baudolino elabora la leggenda del Prete Gianni e del suo mitico regno, scrivendo la lettera in cui il mitico re prete descriveva il suo vasto e immenso regno.
Venuto a conoscenza di questa lettera, il Barbarossa organizza la III crociata per andare alla ricerca del Prete Gianni; l'imperatore muore durante il viaggio, ma Baudolino prosegue fino a raggiungere quelle terre lontane.
Come si vede, in Baudolino la storia e il mito si mischiano in maniera indistinguibile in una costruzione che si cementifica tramite i continui rimandi alla cultura e alla filosofia medievale creando un racconto storicamente verosimile, ma senza dubbio irreale.
Anche Il cimitero di Praga (2010) ruota attorno a un falso storico. Il protagonista è Simone Simonini che, nato nella prima metà dell'Ottocento, viene allevato dal nonno e cresce in un ambiente fortemente reazionario e viene educato ad un fortissimo sentimento antisemita.
Da adulto diventa un abilissimo falsario e viene reclutato come agente segreto dal governo piemontese che lo invia a Parigi sempre con compiti di spionaggio.
Spinto dal suo acceso antisemitismo e dalla necessità economica Simonini inizia la stesura di un documento in cui alcuni rabbini annunciano un piano internazionale per rovinare il mondo occidentale e cristiano: il documento sarà noto come i Protocolli di Sion; inoltre Simonini è anche l'autore del celebre documento falso che porta alla condanna di Alfred Dreyfus.
Anche in questo caso, quindi, storia e invenzione si mischiano e si amalgamano grazie ad una serie di richiami colti, di incastri che rendono la fantasiosa storia del protagonista, seppur falsa, assai verosimile.
Sul piano letterario e stilistico Il cimitero di Praga ha una costruzione che richiama quella dei feuilletton francesi del XIX secolo.
2.1Il nome della rosa
Pubblicato per la prima volta nel 1980, Il nome della rosa è senz'altro il romanzo più letto e famoso di Eco.
L'ormai anziano frate Adso da Melk racconta di quando era un giovane novizio e nel 1327, insieme al maestro Guglielmo da Baskerville, si ritrova coinvolto nell'indagine su una serie di omicidi che avvengono in un'abbazia situata in nord Italia, in un luogo che il narratore preferisce non dire.
Alle indagini condotte da frate Guglielmo s'intrecciano confronti di natura filosofica e teologica con altri personaggi come Jorge da Burgos, con cui dibatte sulla funzione della risata e se questa fosse tollerabile o meno in ambito ecclesiastico.
Nel racconto vengono inseriti anche personaggi storici come Ubertino da Casale e Bernardo Gui, che nel racconto però assumono ruoli e comportamenti inverosimili: ad esempio Gui, che in realtà è stato un religioso dotto e un raffinato scrittore, nel romanzo viene dipinto come un inquisitore fanatico e sanguinario, rispecchiando così appieno lo stereotipo moderno sull'Inquisizione.
A fargli da contraltare è Guglielmo da Baskerville che, indagando sui misteriosi omicidi dell'abbazia, usa metodi deduttivi e di ragionamento impostati sul pensiero scientifico e usando argomenti filosofici tipicamente novecenteschi.
Gli elementi, i richiami colti, gli incastri anche qui si dispiegano come nei romanzi successivi ma con un’efficacia che crea un prodotto pop il cui successo non sarà ripetuto dalle opere successive di Eco.
3Il mondo classico di Valerio Massimo Manfredi
Valerio Massimo Manfredi è un archeologo e uno scrittore di successo, autore di saggi storici e di romanzi che sono diventati veri e propri casi letterari.
Profondo conoscitore del mondo greco e latino, Manfredi prende a piene mani dalla storia classica e dalla mitologia il materiale per i suoi romanzi: nella trilogia di Alèxandros (1998) romanza la vita del grande generale macedone Alessandro Magno, mentre in Il mio nome è Nessuno, altra trilogia, racconta della vita di Ulisse fino alla fine della guerra di Troia, cioè la parte meno nota della vita dell’eroe, e quella non raccontata dalle opere omeriche.
Ne Lo scudo di Talos il protagonista è uno spartano che, pur essendo di nobili origini, viene allevato dagli iloti e, per una serie di coincidenze finisce col guidare questi ultimi alla rivolta contro i lacedemoni per la riconquista della libertà sullo sfondo delle guerre greco-persiane.
La finzione letteraria s’intreccia con i fatti storici che, raccontati in maniera rigorosa, diventano la cornice e lo sfondo dell’azione dei protagonisti.
La commistione tra storia e finzione si fa ancora più profonda in Teuroburgo (2016) che offre una versione romanzata della vita dei due militari Arminio e Flavio, entrambi appartenenti alla tribù dei Cherusci.
Arminio, con i suoi inganni, è l’artefice della disastrosa disfatta di Teutoburgo e di una forte resistenza germanica all’espansionismo romano: il racconto romanzato della sua vita diventa qui un pretesto per raccontare, in forma agile e divertente, decenni fondamentali della storia di Roma durante i primi anni dell’Impero.