Riforma protestante e Controriforma cattolica: cause e differenze
Indice
1Cause della Riforma Protestante: il Rinascimento e l’inizio di un nuovo mondo
Nel 1855 lo storico francese Jules Michelet definì il Rinascimento come «la scoperta del mondo e dell’uomo». Era stata l’epoca di artisti, architetti e uomini di genio che avevano cominciato a osservare il mondo attraverso una nuova prospettiva, proprio come quella inaugurata dal pittore toscano Piero della Francesca. La sua, insieme a tante altre, furono evoluzioni stilistiche che diedero vita a grandiosi dipinti in grado, poi, di aprire la strada agli approfonditi studi sull’architettura di Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti. Questi ultimi avrebbero disegnato strutture di palazzi, chiese e cupole che ancora oggi rappresentano il fiore all’occhiello di moltissime città italiane.
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A racchiudere in sé la summa delle nuove tendenze pittoriche, scultoree, architettoniche e persino ingegneristiche ci penseranno due geni universali.
- Il primo fu Leonardo da Vinci, un fiorentino curioso della vita, divorato dall’ansia di sapere, capace di essere pittore e patologo, botanico e scultore, scienziato e architetto, nonché impareggiabile visionario. Il simbolo vivente della tecnica e dell’arte rinascimentale.
- L’altro, un giovane scultore mai misuratosi con il pennello, di nome Michelangelo Buonarroti. A Roma durante il pontificato di Alessandro scolpì la Pietà, tornato in Toscana partorì invece il Davide. Sono opere, le sue, dalle quali traspariva il tormento e l’estasi di una coscienza inquieta, a cavallo tra Medioevo ed Età moderna, ma ancora turbata dalla morte e terrorizzata dalla dannazione eterna.
È per questo che proprio a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento cominciò a serpeggiare la considerazione del Medioevo come un’età oscurantista a cui gli uomini rinascimentali opponevano con orgoglio la loro modernità, la stessa che porrà le basi per la rivoluzione scientifica del secolo successivo e soprattutto la stessa che permise a Cristoforo Colombo di scoprire il Nuovo Mondo.
Proprio il forte impulso delle esplorazioni geografiche cominciava a rendere il mondo, man mano che veniva svelato continente per continente, sempre più piccolo e sempre più accessibile. E molti intellettuali dell’epoca ne approfittavano per viaggiare e conoscere nuove città, nuove culture.
Su tutti lo fece un umanista e filologo olandese di nome Erasmo da Rotterdam. Studiando e viaggiando in lungo e in largo per tutta Europa (da qui deriva il nome del progetto Erasmus), fu tra i primi teologi dell’epoca a sentire la necessità di un rinnovamento radicale della coscienza cristiana attraverso il ritorno allo studio delle fonti del Cristianesimo. La sua più celebre condanna della corruzione del clero e del papato della sua epoca, e di una religiosità ridotta a vuoti formalismi rituali, sarebbe stata riassunta attraverso una graffiante satira contenuta nell’opera Elogio della follia, pubblicata nel 1511 in Inghilterra.
2Martin Lutero e la Riforma protestante
Erasmo da Rotterdam non fu l’unico a criticare e condannare attraverso le sue opere la degenerazione morale e spirituale in cui era caduta la Chiesa negli ultimi anni. Anche in Germania, e più precisamente a Eisleben, una piccola cittadina della Sassonia, un giovane monaco agostiniano di nome Martin Lutero — che aveva deciso di prendere i voti dopo aver attribuito a un miracolo il fatto che un fulmine caduto poco distante da lui non lo avesse ucciso — da qualche tempo aveva cominciato a nutrire seri dubbi a proposito di alcuni dogmi imposti dalla Chiesa tradizionale.
Nato e cresciuto in un tempo e in luogo in cui a dominare era ancora una religiosità medievale, cupa e rigida, basata principalmente sui comandamenti divini e sulla conseguente paura del peccato e della dannazione eterna, Martin Lutero da un certo momento in poi sentì crescere dentro di sé una crisi interiore mista a un senso di inadeguatezza per il ruolo di insegnante di teologia che da qualche anno ricopriva all’Università di Wittenberg.
Un giorno, mentre stava ripensando a quanto detto ai suoi alunni a proposito dell’Epistola ai romani di San Paolo, si accorse che un passo del testo paolino gli stava indirettamente suggerendo la soluzione all’angoscioso problema della salvezza. «Il giusto vivrà di fede» diceva il testo e lui ne conseguì che: con il Vangelo è rivelata la Giustizia di Dio, cioè quella che riceviamo da lui stesso e che ci rende per questo giusti.
Martin Lutero in quel momento si sentì rinascere, quasi come se fosse entrato in paradiso. La giustizia divina, al dunque, non andava intesa come giudizio e punizione ma come dono della grazia offerto al peccatore, il quale doveva essere in grado di riconoscere la propria indegnità e affidarsi alla misericordia di Cristo. L’onnipotente, e lui solo, ci avrebbe concesso la Grazia e la Salvezza giustificandoci. È questo il punto centrale di tutta la dottrina luterana: Lutero infatti per «giustificare» intende il senso letterale del termine (iustum facere): essere resi giusti, visto che per natura siamo ingiusti e nasciamo con il peccato originale. Tematiche che avrebbe poi ampliato nel suo De servo arbitrio, nel 1525.
Alla luce di questa scoperta luterana, tutta la Sacra Scrittura acquistava un nuovo significato. Ora doveva essere letta e spiegata senza tenere alcun conto delle interpretazioni ufficiali precedenti. «Sola scriptura» era diventato ora il principio luterano, il che si aggiungeva a «Sola fide» («con la sola Scrittura e con la sola Fede») poiché sosteneva: un semplice laico armato della Bibbia deve essere creduto più del Papa o del Concilio che ne siano privi.
3Le 95 tesi di Martin Lutero e la Riforma Protestante
A quel tempo anche la Chiesa riconosceva che questioni di così fondamentale importanza come Grazia e Salvezza fossero indispensabili all’interno della dottrina cristiana, ma al tempo stesso sosteneva che l’uomo poteva meritarsele anche attraverso le buone opere e contribuire così personalmente alla propria salvezza. Per questo motivo, Papa Leone X, dietro pagamento di 10.000 ducati, conferì la nomina di arcivescovo ad Alberto di Hohnezollern.
In cambio dell’ingente somma, necessaria a finanziare la Basilica di San Pietro ancora in costruzione, il pontefice gli concesse l’appalto di una vendita di indulgenze. In pratica si concedeva il privilegio di dispensare indulgenze nei suoi territori per un periodo di sei anni, ovverosia Alberto poteva promettere il paradiso a chiunque si fosse mostrato prodigo del proprio denaro nei suoi confronti.
In risposta a questa scandalosa condotta, alla fine di ottobre del 1517, Martin Lutero inviò ad Hohenzollern un documento scritto di suo pugno in cui presentava 95 tesi attraverso cui denunciava il traffico di indulgenze, negava la facoltà del papa di rimettere le pene e affrontava i problemi della penitenza, del peccato e della grazia. Queste 95 tesi, che avrebbero poi rappresentato il manifesto della Riforma protestante, dopo essere state affisse anche alla porta della chiesa del castello di Wittenberg, avrebbero acceso nel corso degli anni un enorme e duraturo dibattito accademico negli ambienti religiosi di tutta Europa. «Perché il papa le cui ricchezze oggi sono più opulente di quelle degli opulentissimi Crassi, non costruisce una sola basilica di San Pietro con i propri soldi invece che con quelli dei poveri fedeli?».
Papa Leone X fece recapitare a Martin Lutero una bolla papale dal titolo Exsurge Domine con la quale lo ammoniva e lo esortava a ritrattare entro sessanta giorni le sue tesi, altrimenti lo avrebbe scomunicato. La risposta di Lutero fu provocatoria e plateale: bruciò pubblicamente la bolla papale.
In tal modo non poté schivare la scomunica, ma il nuovo imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V — sul cui vasto impero, si diceva, non tramontasse mai il sole e che parlava in spagnolo a Dio, in italiano alle donne, francese agli uomini e in tedesco al suo cavallo — nel 1521 gli volle dare la possibilità di giustificare le proprie azioni e i propri errori durante la Dieta di Worms.
Ma Lutero a questa ulteriore offerta di assoluzione rispose così: «Se non sarò convinto mediante le testimonianze della Scrittura e chiare motivazioni razionali — poiché non credo né al papa né ai concili da soli, essendo evidente che hanno spesso errato — io sono vinto dalla mia coscienza e prigioniero della parola di Dio a motivo dei passi della Sacra Scrittura che ho addotto. Perciò non posso né voglio ritrattarmi, poiché non è sicuro né salutare agire contro la propria coscienza. Dio mi aiuti. Amen».
Carlo V bandì Lutero dal Sacro Impero Germanico il che significava che chiunque avrebbe potuto ucciderlo impunemente.
Frattanto, però, la battaglia di Lutero aveva suscitato in tutta la Germania un’immensa eco. Furono stampate oltre trecentomila copie dei suoi scritti e dove non arrivava la parola scritta c’erano le predicazioni dei numerosi ecclesiastici convertiti che dipingevano il papa come l’anticristo, la Chiesa di Roma come una meretrice, Lutero come il profeta inviato da Dio per il grande cambiamento dell’umanità. Il messaggio di Lutero aveva toccato corde profonde, quelle dell’anticlericalismo diffuso e dell’esasperazione suscitata dalla rapacità della Chiesa e della sua degenerazione morale e spirituale.
4La Riforma Protestante e la sua diffusione in Europa
L’entusiasmo generato dalla Riforma luterana cominciò a diffondersi in molti Paesi europei, e il primo che ne fu influenzato fu la vicina Svizzera. Proprio lì, nei pressi di Zurigo, il teologo e umanista Huldrych Zwingli — che in gioventù si era lungamente cibato delle opere di Erasmo da Rotterdam — all’inizio degli anni Venti del Cinquecento cominciò a a commentare pubblicamente il Vangelo attaccando la curia avida di denaro, al fine di giungere a un necessario rinnovamento etico-religioso della vita cristiana.
Zwingli predicava l’abolizione del culto dei santi e degli ordini religiosi degenerati, puntando a stabilire una dottrina religiosa più semplificata e dunque più elevata. Da quel momento in poi, con l’appoggio delle autorità locali, cominciò ad attuare un piano di riforme politiche e religiose, in chiave antipapale e anticuriale. Durante gli anni successivi (1528-1531) la Svizzera si divise: alcune centri, come Basilea e Berna, seguirono la Riforma protestante, mentre molti altri cantoni, su tutti Friburgo e il Vallese, si unirono in un’alleanza cattolica. Lo scontro religioso e politico presto sarebbe degenerato in un confronto armato, e durante la Battaglia di Kappel (1531) Zwingli vi trovò la morte.
Nella Svizzera ancora divisa e devastata dagli scontri armati, trovò riparo un giovane teologo francese di nome Giovanni Calvino (Jehan Cauvin). A Ginevra si dedicherà per anni alla riorganizzazione della vita religiosa, politica e sociale della città, codificando le tesi luterane e accentuandone il tema della predestinazione. La sua dottrina, detta appunto calvinista, riservava alla religione il compito di guidare la politica e ispirare tutti i comportamenti sociali dei fedeli, i quali si autoproclamavano “comunità degli eletti”.
La società ginevrina avrebbe rappresentato per anni il rifugio ideale per un gran numero di protestanti che sfuggivano alle persecuzioni cattoliche dei loro Paesi.
Questa cosiddetta “repubblica dei santi” ebbe come fondamentale guida del proprio credo l’opera di Calvino dal titolo Istituzione della religione cristiana. Il calvinismo divenne così negli anni una vera e propria istituzione religiosa, benché il “suo” Dio fosse più vicino a quello del Vecchio e non del Nuovo testamento. Un Dio maestoso, inaccessibile, tremendo, che ha predestinato l’uomo alla salvezza o alla dannazione eterna secondo criteri di giustizia per noi incomprensibili. Il calvinismo puntava soprattutto sul bisogno del fedele di uscire dall’angoscioso dubbio circa il proprio destino ultraterreno. E il paradiso si poteva raggiungere solo partecipando ai sacramenti e conducendo una vita retta.
Il calvinismo avrebbe presto viaggiato per tutto il mondo diffondendosi dapprima in Europa centrale e poi in quella orientale (in Scozia, introdotto e consolidato da John Knox, assunse la denominazione di presbiterianesimo; in Francia, dove i calvinisti presero il nome di ugonotti; nei Paesi Bassi, nei quali si affermò come Chiesa riformata; in Inghilterra, dove diede origine alla corrente dei puritani), fino a raggiungere addirittura le colonie inglesi in America.
Proprio nel Nuovo mondo, i principali caratteri religiosi dei calvinisti quali la fiducia nel proprio operato, l’orgogliosa affermazione dell’individualità e la ricerca del successo in quanto prova del favore divino, produrranno il tumultuoso sviluppo del capitalismo, degli Stati Uniti e della rivoluzione industriale.
Ma il caso forse più peculiare delle conseguenze politiche della Riforma si registrò in Inghilterra. Nel 1509 era salito al trono Enrico VIII che, sulla scia del padre, avrebbe contraddistinto la sua attività regia concentrandosi soprattutto sulla politica estera e distaccandosi dalla Chiesa romana rappresentata in quel momento da Papa Clemente VII.
Ciò che lo spinse a tale atto fu l’episodio che accadde nel 1528 quando chiese al papa l’annullamento del suo matrimonio con Caterina d’Aragona, rea di non avergli dato l’erede maschio tanto desiderato. Clemente VII rispose di no ed Enrico VIII, che già si era infatuato della dama di corte di nome Anna Bolena, decise di fare da sé. Convocò il Parlamento, ottenne da esso l’annullamento del matrimonio e di tutti i vincoli di dipendenza da Roma, e poi sposò Anna Bolena. Ma soprattutto nel 1534 si autoproclamò capo supremo della Chiesa d’Inghilterra attraverso quello che venne chiamato l’Atto di Supremazia (Act of Supremacy). Così facendo, il re non modificava soltanto la gerarchia ecclesiastica, bensì diveniva di conseguenza il Governatore Supremo della Chiesa Anglicana.
Anche l’Italia fu in qualche modo raggiunta dai molteplici stimoli che accompagnarono questo vento di protesta e cambiamento. Le condizioni, del resto, c’erano tutte affinché la Riforma luterana vi attecchisse forse più che in altri Paesi. Il terreno fertile, infatti, era stato preparato dalle profezie apocalittiche di fine Quattrocento di Savonarola, dall’anticlericalismo diffuso nei circoli colti e non ultimo dalle sofferenze patite per le numerose guerre in Italia. Contadini e dei cittadini erano esasperati dalle violenze e dai soprusi degli invasori e dalla mancanza di una Chiesa come vero punto di riferimento religioso.
Per tentare di sopravvivere a tutto ciò, l’italiano non disdegnava di mostrarsi accomodante con il protettore e l’invasore di turno, francese o spagnolo che fosse. Ed è in questo periodo che «Franza o Spagna purché se magna» diventa la frase simbolo di una condizione drammatica e intramontabile. E assieme al Paese declinerà anche quella che ne era stata la sua massima espressione: il Rinascimento. Un episodio su tutti lo avrebbe testimoniato: il Sacco di Roma del 1527.
5La Controriforma
Le mire espansionistiche della Spagna di Carlo V avevano impiegato poco tempo a raggiungere la penisola italiana dove, una folta e agguerrita truppa di mercenari reclutati in Germania, che si facevano chiamare lanzichenecchi (da land che significava “terra, patria”, e knecht che significa “servitore”), entrò nella città eterna senza incontrare alcuna resistenza. Giunti a Roma, posero l’urbe sotto assedio e la saccheggiarono mentre il pontefice trovava rifugio a Castel Sant’Angelo dove vi rimase diversi mesi, prigioniero di sé stesso.
Le ragioni che indussero i mercenari germanici ad abbandonarsi a un così barbaro saccheggio e per così lungo tempo, cioè per circa un anno, risiedevano soprattutto nell’acceso odio che la maggior parte di essi, luterani, nutrivano per la Chiesa. Inoltre, a quei tempi i soldati venivano pagati ogni cinque giorni, cioè per “cinquine”. Quando però il comandante delle truppe non disponeva di denaro sufficiente per la retribuzione delle soldatesche, autorizzava il cosiddetto “sacco” della città, che non durava, in genere, più di una giornata. Il tempo sufficiente, cioé, affinché la truppa si rifacesse della mancata retribuzione.
Nel caso specifico, i lanzichenecchi non solo erano rimasti senza paga, ma erano rimasti anche senza il comandante, rimasto vittima sul campo, pare per mano dell’artista Benvenuto Cellini. Senza paga, senza comandante e senza ordini, in preda ad un’avversione rabbiosa per il cattolicesimo, fu facile per la soldataglia abbandonarsi al saccheggio per un così lungo tempo. L’episodio fu poi usato come propaganda imperiale facendolo risultare come un giudizio di Dio sulla Chiesa corrotta.
Di fronte a una così grande tragedia patita e agli innumerevoli cambiamenti in corso, il mondo cattolico fu investito da un moto di rinnovamento interno che nel corso del Cinquecento avrebbe portato a un esame di coscienza e a una sorta di ritorno ad una vita religiosa più vicina all’insegnamento di Cristo e degli apostoli. Questa riorganizzazione, dottrinale e politica, prese il nome di Controriforma (oppure Riforma Cattolica), proprio perché nata anche, se non soprattutto, come netta risposta alla Riforma protestante di Martin Lutero.
Grande fu lo slancio per promuovere le attività di assistenza verso i poveri e i bisognosi, verso cui si mostrò una maggiore benignità, un senso più vivo e una valutazione più estesa di tutte le condizioni psicologiche degli atti umani. Molta attenzione fu posta poi nei confronti dell'istruzione religiosa con la preparazione di appositi strumenti quali, per esempio, il catechismo e i seminari per i preti.
È importante notare che questo lungo processo produsse nel suo insieme effetti rilevanti non solo sulla vita religiosa della società cristiana ma anche sul modo di pensare collettivo, sulla morale quotidiana, sulle rappresentazioni simboliche e artistiche, sui modelli ideologici e politici della civiltà europea e in particolare di quella italiana.
Contemporaneamente, la Controriforma lottò contro l’eresia, non soltanto attraverso un’opera polemica in difesa dei propri principi, ma soffocando con mezzi repressivi ogni focolaio di protesta nei paesi cattolici. Quest’opera fu in particolare modo affidata all’Inquisizione, meglio conosciuta come la Congregazione per la dottrina della fede, incaricata di giudicare le convinzioni religiose dei fedeli, che tra le tante vittime conterà pure Giordano Bruno e Galileo Galilei. Accusata talvolta per l’eccessiva crudeltà delle sentenze, si pensò di avviare un’attività di prevenzione che si esplicò soprattutto nel campo librario con l’istituzione dell’Indice dei libri proibiti, cioè l’elenco dei testi considerati eretici e che non era lecito leggere o possedere.
6Il Concilio di Trento (1545-1563)
La lotta fra cattolici e protestanti era divenuta ormai la principale questione a tenere banco in tutta Europa. Carlo V, che da tempo cercava di organizzare un incontro per fare accordare e conciliare le due opposte fazioni religiose, non ebbe sempre risposte positive in tal senso. Per il suo disegno imperiale, però, la pacificazione della Germania e la riforma della Chiesa cattolica risultavano essenziali, ma la Santa Sede finché ne fu in grado aveva declinato più volte l’invito, perché temeva di non potervi esercitare il suo totale controllo. Dunque in campo c’erano sia problemi di natura religiosa sia di natura politica.
Trento fu scelta come sede del Concilio perché si trovava al confine tra l’Italia e l’Impero, e dunque per sottolineare la volontà di giungere a un compromesso con il mondo riformato. Ciò nonostante, nel corso di quasi vent’anni, a causa di sorgenti conflitti e incomprensioni, il Concilio ebbe una vita travagliata, piena di interruzioni e rinvii. Dal 1545 al 1563, tra le principali questioni affrontate vi furono quelle sulla riforma disciplinare e dottrinaria. In ambito disciplinare vennero regolati i sinodi provinciali e diocesani, che dovevano tenersi a intervalli regolari e ravvicinati ed essere accompagnati da visite nelle diocesi.
Si promosse la nascita di seminari per istruire in modo adeguato i sacerdoti, i quali ebbero l’obbligo di residenza e del celibato ecclesiastico. Il latino fu imposto come lingua ufficiale della Chiesa all’interno della quale bisognava tenere in maniera scrupolosa il registro battesimale. Fiorirono nuovi ordini religiosi, tra cui la Compagnia di Gesù (gesuiti), i cappuccini, i carmelitani scalzi, i romitani scalzi di Sant’Agostino.
Per quanto riguarda le questioni dottrinali, il Concilio definì posizioni nettamente contrarie a quelle della Riforma protestante in merito alle Scritture e al ruolo esclusivo della Chiesa nell’interpretazione dei testi sacri, ribadì l’esigenza del culto dei santi, delle reliquie e il valore delle indulgenze. In particolare si fissò il dogma del peccato originale che sarebbe stato cancellato dal battesimo — scavando così un solco incolmabile e definitivo tra cattolici e protestanti — e condannando al dunque il principio luterano della giustificazione per la sola fede e affermando il valore del libero arbitrio.
Nel complesso, con la Controriforma la Chiesa ne uscì più disciplinata e per questo più potente. Il primato papale affermò con sempre maggiore fermezza la sua infallibilità in materia di fede (fino al 1870) e il carattere monarchico della chiesa. Il tutto senza che nessun rappresentante del mondo riformato vi prese mai parte.
Se esiste l'inferno, Roma ci sta sopra.
Martin Lutero