La riforma del mercato del lavoro, preparata dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero, è pronta. Secondo i piani, la riforma dovrebbe essere approvata entro la fine del mese di marzo. Si cerca di arrivare, non senza qualche difficoltà, ad una riforma del mercato del lavoro che possa mettere tutti d'accordo, lavoratori e sindacati. Sono 5 i punti in discussione: tipologie di contratto, apprendistato, flessibilità del mercato del lavoro, ammortizzatori sociali, servizi per il lavoro. Ecco come cambierà il mercato del lavoro con questa riforma.
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Contratti di lavoro: obiettivo del governo è di scoraggiare le aziende dal proporre contratti precari e favorire l'inserimento immediato dei nuovi assunti. In pratica si vogliono incentivare le aziende che offriranno contratti a tempo indeterminato, rendendo invece più costosa per l'azienda (con una maggioranza dell'1,4%) la stipula di contratti di lavoro precari (proposta che è sostenuta dai sindacati). La riforma è necessaria per evitare un abuso del precariato da parte delle aziende e per tutelare maggiormente il lavoratore. Fissato un limite ai contratti a tempo determinato: dopo 36 mesi scatterà l'assunzione a tempo indeterminato.
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Puntare sull'apprendistato: è questo un altro obiettivo primario della riforma. Il contratto di apprendistato deve diventare "la forma d'ingresso prevalente nel mondo del lavoro" per i giovani. Che significa? Ai giovani (diplomati o laureati) che si troveranno ad entrare per la prima volta nel mondo del lavoro, verrà offerto un contratto di apprendistato. Un periodo di lavoro che permetta al giovane di imparare il mestiere sul campo, attraverso una formazione specifica. In questo modo, le aziende potranno beneficiare di incentivi per offrire ai giovani questo tipo di contratto ed i giovani potranno specializzarsi nella mansione per la quale sono stati scelti. Obiettivo dell'apprendistato è l'inserimento in azienda: le società, infatti, che alla fine dell'apprendistato assumeranno il lavoratore a tempo indeterminato otterranno ulteriori incentivi. E se il lavoratore, invece, non viene confermato, riceverà una certificazione delle competenze professionali acquisite.
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Un altro tema molto discusso è quello degli ammortizzatori sociali, ovvero il sostegno che viene dato a chi ha perso il lavoro. La riforma degli ammortizzatori dovrebbe entrare in vigore non prima del 2017, anche perché il governo deve trovare la copertura economica necessaria, che gli permetta di poter sostenere chi si ritrova ad essere disoccupato dopo tanti anni di lavoro. La riforma è pensata proprio per evitare il ricordo alla cassa integrazione, che deve essere limitata solo ai casi in cui si possa riprendere il lavoro normale in tempi brevi. Mentre ora le aziende possono scegliere, in caso di necessità più o meno grave, di mettere in cassa integrazione i propri dipendenti, dal 2017 scomparirà la mobilità (di cui negli ultimi anni le aziende avrebbero abusato troppo), mentre rimarrà soltanto l'assegno di disoccupazione.
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Assicurazione Sociale Per l'Impiego (Aspi): novità anche per il sussidio di disoccupazione, che sarà sostituito dall'Aspi. Il nuovo sostegno sarà versato per 12 mesi (18 mesi per gli over 55) e sarà, al massimo, di 1.119 euro lordi al mese. Per i primi 6 mesi il valore resterà uguale e poi si ridurrà del 15% ogni 6 mesi.
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Articolo 18: è questo il punto più discusso (e sul quale non si trova l'accordo tra le varie parti) della riforma. L'articolo dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che "in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, il lavoratore sia reintegrato nel posto di lavoro". Il governo vuole riformare anche l'Articolo 18, mentre la Cgil si oppone perché ritiene che modificandolo si possa dar il via a licenziamenti ingiustificati, senza offrire al lavoratore la possibilità di essere reintegrato. Il governo vuole lasciare l'obbligo di reintegro (per tutte le imprese indipendentemente dal numero di dipendenti) solo per i "licenziamenti legati ad atti discriminatori", mentre negli altri casi ci sarà un indennizzo senza obbligo di reinserimento da parte dell'azienda. Nel caso di licenziamenti disciplinari, un giudice dovrà decidere il reintegro nei casi più gravi o l'indennizzo, con un massimo di 27 mensilità, stabilito in base all'anzianità del lavoratore. Nel caso di licenziamenti economici, l'ex lavoratore potrà ricevere un indennizzo, stabilito in base all'ultima retribuzione, per un periodo tra i 15 ed i 27 mesi.
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Stop agli stage gratuiti: un altro punto della riforma riguarda gli stage. Il ministro Fornero vuole abolire gli stage post-formazione. Le aziende non potranno più offrire stage non pagati a giovani che hanno ottenuto un titolo formativo all'università. Questo perché, secondo il ministro, dopo aver ottenuto una formazione a scuola o all'università bisogna essere pagati per lavorare.
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Stop alle dimissioni in bianco: con la riforma si vuole impedire alle aziende di obbligare il lavoratore, al momento della stipula del contratto, di firmare una lettera di dimissioni priva di data, per poterlo così allontanare dal lavoro senza dovergli versare alcuna indennità.
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