Ricerca sulla Regione Lazio
Ricerca di geografia e storia sul Lazio, la Regione dell'Italia centrale che confina con Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Molise e ha per capoluogo Roma
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Ricerca sul Lazio
Il Lazio è una Regione amministrativa dell'Italia centrale. Si affaccia sul mar Tirreno a ovest e confina con l'Umbria, la Toscana e (per breve tratto) le Marche a nord, l'Abruzzo e il Molise a est, la Campania a sud. È ripartita nelle province di Frosinone, Latina, Rieti, Roma e Viterbo; il capoluogo regionale è Roma. L'arcipelago delle isole Ponziane è amministrativamente compreso nel Lazio (in provincia di Latina).
La regione deriva il suo nome dall'antico popolo dei latini, di cui si hanno precise testimonianze storiche sin dal IX secolo a.C. Tuttavia il nome Lazio, andato in disuso e poi scomparso con la caduta dell'impero romano, fu ufficialmente introdotto solo nel 1870.
Il Lazio, che si estende per 17.227 km2 e conta 5.709.263 abitanti, è tra le regioni più densamente popolate d'Italia, con una media di 331,13 abitanti per km2, superiore di oltre un terzo alla media nazionale, che è di 190. Ha confini fisici ben delineati a est, dove corrono sul versante occidentale dell'Appennino centrale; con la Campania il limite è segnato dal tratto finale del fiume Garigliano, mentre con la Toscana e l'Umbria il confine non poggia su elementi fisici.
Lazio: territorio
Il territorio regionale ha lineamenti complessi. Prevalgono le montagne (26,1%) e ancor più le colline (53,9%); solo un quinto della superficie è pianeggiante. La sezione propriamente appenninica, costituita in massima parte da rocce calcaree, è formata da una serie di massicci e brevi dorsali, tra cui si interpongono profondi solchi scavati dall'erosione dei corsi d'acqua; si tratta perlopiù di rilievi aspri, dall'aspetto brullo, con frequenti affioramenti rocciosi, interessati da vistosi fenomeni carsici (grotte, inghiottitoi, doline). Numerose sono le vette che superano i 2000 m.
All'estremo nord-est spiccano i monti Reatini, sovrastati dal massiccio del Terminillo (2213 m), e l'adiacente gruppo dei monti della Laga (monte Gorzano, 2455 m); lungo il confine con l'Abruzzo si sviluppano i monti Simbruini (monte Contento, 2014 m) e, al di là dell'alta valle dell'Aniene, la catena degli Ernici (2037 m). Sempre al confine con l'Abruzzo s'innalzano i monti della Meta (significativo il nome della massima cima, monte Petroso, 2247 m), ai quali si raccorda, ormai al limite con il Molise, il massiccio delle Mainarde (monte Cavallo, 2039 m).
Nella sezione occidentale il Lazio presenta un'altra serie di rilievi, pressoché paralleli all'Appennino e della medesima, aspra natura calcarea, ma che in genere vengono classificati come Antiappennino, sia per la minore altezza, sui 1000-1500 m, sia soprattutto per essere separati dalla catena appenninica dall'ampio solco depressionario percorso dal fiume Liri e dall'affluente Sacco: i monti Lepini, Ausoni e Aurunci.
L'aspetto più interessante della morfologia laziale è costituito dalla presenza di una vasta regione collinare di origine vulcanica. In netto contrasto con la rude morfologia appenninica, è un'area fertile e ridente, rappresentata da quattro distretti vulcanici; le sommità maggiori, alte mediamente 600-700 m, superate solo dal monte Cimino (1053 m), sono formate dalle orlature di vulcani ormai spenti, i cui crateri sono spesso occupati da laghi. Dal confine con la Toscana si susseguono i monti Vulsini o Volsini, attorno al lago di Bolsena, i monti Cimini con il lago di Vico, i monti Sabatini intorno al lago di Bracciano.
A sud della valle del Tevere sono invece i colli Albani (o colli Laziali), un sistema molto complesso, chiamato anche Vulcano laziale, in gran parte ormai demolito, che racchiude il lago di Albano e il lago di Nemi.
Le pianure del Lazio sono essenzialmente costiere; l'unica pianura interna è la depressione percorsa dal Sacco-Liri. Il litorale è quasi ovunque basso, orlato da cordoni di dune; ne interrompono la generale uniformità alcune sporgenze, tra cui il capo Linaro, presso Civitavecchia, il dirupato monte Circeo e il promontorio di Gaeta, estrema propaggine dei monti Aurunci, che delimita il golfo di Gaeta, diviso tra Lazio e Campania.
Per secoli paludose e malariche, solcate da fiumi il cui corso mutava facilmente, le pianure costiere sono state oggetto, nei secoli passati, di alcuni interventi di bonifica, ma solo in epoca recente (nei primi decenni di questo secolo) sono state definitivamente sottoposte a un piano di sviluppo agricolo e di popolamento. A nord è situata la Maremma laziale (proseguimento di quella toscana, vedi Maremma); seguono l'Agro Romano, o Campagna Romana, incentrato sul basso corso e sul delta del Tevere, e quindi l'Agro Pontino, un antico golfo marino in seguito colmato.
Anche dal punto di vista idrografico il Lazio non ha caratteri di unitarietà. La regione ha il suo principale asse fluviale nel Tevere, il fiume che bagna Roma, ma tutta la sezione meridionale della regione tributa le sue acque al fiume Sacco. Nel Lazio il Tevere svolge solo metà del suo corso (205 km su 405); entra nella regione a Orte, dopo aver attraversato interamente l'Umbria. Ma è solo in territorio laziale che la sua portata aumenta sensibilmente, grazie al tributo del Nera e dell'Aniene; sfocia quindi con un piccolo delta nel mar Tirreno, dopo aver attraversato l'Agro Romano. Il Sacco (87 km) è invece il principale affluente del Liri, il cui corso si svolge tra i monti Ernici e i rilievi dell'Antiappennino; unitosi al Gari, il Liri assume poi il nome di Garigliano.
L'originalità dell'idrografia laziale è data tuttavia dai suoi laghi vulcanici, un complesso unico per vastità e articolazione in Italia; il lago di Bolsena in particolare, il maggiore bacino lacustre del Lazio (114,5 km2), è anche il più esteso lago craterico italiano. Vi sono poi alcuni laghi costieri nell'Agro Pontino, antichi tratti di mare chiusi da cordoni sabbiosi, tra cui quelli di Fogliano e di Sabaudia.
Clima e ambiente
Sulle condizioni climatiche della regione, molto più varie da zona a zona di quanto comunemente si pensi, influisce, oltre naturalmente alla posizione geografica (il Lazio è al centro della penisola), l'altitudine e l'esposizione al mare. Ma l'influsso mitigatore del Tirreno si riduce rapidamente per l'innalzarsi, in prossimità della costa, delle catene montuose disposte parallelamente al litorale, fatto di cui risentono in particolar modo le depressioni e i fondivalle.
Nella fascia costiera il clima è tipicamente marittimo, perlopiù senza eccessi né estivi né invernali. Ad Anzio la media invernale si aggira sui 9 °C, quella estiva sui 23 °C; a Roma si accresce la media estiva, intorno ai 25 °C (ma eccezionalmente si sono toccate massime estive di 40 °C e minime invernali di -8 °C).
Le colline e le conche intermontane presentano soprattutto inverni più rigidi (si sono registrati addirittura minime di -17 °C a Rieti, posta ad appena 405 m di quota), sino a passare al clima decisamente montano delle località dell'Appennino. Nella stazione sciistica del Terminillo (1614 m) la media invernale è di -3 °C, quella estiva di 13 °C.
Un fattore determinante per la piovosità è, allo stesso modo, l'esposizione al mare dei rilievi, che catturano i venti umidi di provenienza tirrenica. Le piogge sono meno abbondanti sulla pianura costiera (sui 600-700 mm annui) e nelle conche intermontane, e sono massime sui versanti elevati direttamente esposti al mare. Si superano in genere i 1000 mm annui nelle colline e nell'Antiappennino, e si registrano i 1500 mm sull'Appennino. I periodi più piovosi sono l'autunno e la primavera, con un marcato minimo estivo.
Ben poco rimane dell'ambiente naturale originario, in questa regione di antichissimo e denso popolamento. Le aree protette riguardano circa il 6% della superficie territoriale. La più nota è il parco nazionale del Circeo, istituito nel 1934 per salvaguardare un paesaggio di dune e paludi raro in Italia, ma in effetti poco protetto, soprattutto nel più recente passato. Si segnalano inoltre, tra le più note aree tutelate, le oasi naturali del Bosco di Palo, sulla costa, e di Ninfa, sui monti Lepini, entrambe caratterizzate da una rigogliosa macchia mediterranea (tra le specie incluse figura ad esempio la palma nana), e, di più recente istituzione, il parco nazionale del Gran Sasso-monti della Laga (diviso con l'Abruzzo e le Marche), con lembi di bella foresta appenninica.
Flora e fauna
Le formazioni vegetali tipiche del Lazio sono rappresentate soprattutto dalla macchia mediterranea (lentisco, mirto, oleastro, erica ecc.), mista a lecci e querce nelle aree di collina, da boschi di castagni nell'alta collina e da faggete alle quote di media montagna. I monti laziali sono estesamente occupati dal nudo pascolo. I boschi occupano appena un quinto della superficie territoriale.
Pini marittimi sono stati introdotti in alcune zone della fascia litoranea; qui si trova l'area più interessante dal punto di vista naturalistico, soprattutto per quanto riguarda la vegetazione di acquitrini e paludi (giunchi, canneti), in parte salvaguardata nel parco del Circeo.
Della fauna originaria, ormai molto ridotta anche per la diffusa pratica della caccia, si segnalano cinghiali (il cinghiale è proprio l'emblema del parco del Circeo), lupi, gatti selvatici, volpi, faine e martore; relativamente numerose sono le specie di uccelli, in particolare nelle residue zone umide della costa (cormorani, fenicotteri, folaghe ecc.).
Economia del Lazio
Se si considera il reddito della regione, sia quello complessivo, che è un decimo del reddito nazionale, sia quello per abitante, che supera i trenta milioni annui, il Lazio non solo si colloca nettamente al di sopra dei valori del resto dell'Italia centrale, ma è allo stesso livello dell'Italia del Nord. Tuttavia la presenza di un capoluogo regionale qual è Roma, che è allo stesso tempo capitale dello stato nonché la più popolosa metropoli italiana, determina inevitabilmente un forte squilibrio all'interno della regione.
Si può calcolare che il 70% del reddito regionale provenga dalla sola città di Roma.
Questa non è però la sola anomalia che caratterizza il Lazio. Più dei tre quarti del reddito sono forniti dalle attività terziarie (nessun'altra regione ha un terziario così preponderante), contro una media nazionale che è del 65%. L'agricoltura, che fu nei secoli il settore economico principale insieme alla pastorizia, per non dire l'unica attività praticata, ha ormai un ruolo piuttosto modesto; l'industria, anche se ha registrato nell'ultimo decennio un indubbio incremento, limitato però a pochi ambiti, è complessivamente debole. Anche considerando i vari settori produttivi si può quindi parlare di una situazione economica non equilibrata.
Agricoltura
Le caratteristiche di questo settore rendono il Lazio più simile all'Italia meridionale che non al resto dell'Italia centrale. Prevale nettamente la cerealicoltura estensiva; per il frumento le rese sono però molto più basse della media nazionale, pari circa alla metà dei valori della Lombardia o dell'Emilia-Romagna.
Alla cerealicoltura si aggiunge l'orticoltura, frequentemente praticata in serra, soprattutto intorno alla capitale, le cui produzioni sono destinate essenzialmente al mercato metropolitano. Abbastanza limitate sono le altre coltivazioni, in genere senza specializzazioni nel territorio; fanno eccezione però i vigneti dei colli Albani, con produzioni di vini di qualità, e alcune aree dell'Agro Pontino, come la piana di Fondi, per le coltivazioni intensive anche in serra.
Le ragioni della modesta vocazione agricola della regione vanno cercate nelle vicende storiche che l'hanno interessata. A partire dalla caduta dell'impero romano vennero meno il controllo e la sistematica regolamentazione idrica dei corsi d'acqua, sicché quasi tutte le pianure laziali si trasformarono in paludi malariche, frequentate d'inverno dalle greggi transumanti. Lasciate all'incuria di grandi proprietari stabilmente residenti a Roma, pianure anche molto fertili furono abbandonate: solo nel XVII secolo si ebbe un tentativo di bonifica da parte del papa Sisto V. Ma le vere, definitive bonifiche sono quelle avviate attorno al 1930, che hanno portato al risanamento totale dell'Agro Pontino (in precedenza non certo a caso denominato Paludi Pontine), nonché, a nord, quelle della Maremma.
Le opere di sistemazione idraulica (prosciugamento, canalizzazioni ecc.) si sono accompagnate alla riforma fondiaria: in larga misura i terreni bonificati, acquisiti dallo stato dai precedenti proprietari, sono stati distribuiti a migliaia di contadini. Così, al tradizionale latifondo, si sono sostituiti i piccoli appezzamenti a conduzione diretta, che era pressoché sconosciuta nell'area laziale.
Tuttavia nell'ultimo ventennio la superficie coltivata è complessivamente diminuita in modo assai rilevante; mentre si intensificava la messa a coltura nelle aree di pianura, diventavano però ingenti gli abbandoni delle zone collinari e montane, da sempre di redditività molto bassa.
È quasi scomparsa, anche a seguito delle bonifiche, la pastorizia ovina, attività antichissima nel Lazio, dove era condotta con la tradizionale pratica della transumanza, che consisteva nello spostamento stagionale dai pascoli montani estivi a quelli invernali di pianura; tuttavia discreta importanza continua ad avere l'allevamento, sempre ovino (la regione è al secondo posto, insieme alla Sicilia, ed è preceduta solo dalla Sardegna), adatto ai magri pascoli del territorio, e più limitatamente, specie nel sud, dei bufali, con una buona produzione di formaggi.
Industria
L'industria è l'aspetto più nuovo e interessante dell'economia del Lazio, una regione che in effetti manca di tradizioni manifatturiere. Anche l'artigianato, da cui altrove si sono sviluppate le industrie, ha sempre avuto in quest'area ruoli molto modesti, legati alle immediate richieste del mercato locale. L
'industria tuttavia non solo continua ad avere nel suo complesso un ruolo abbastanza marginale, molto inferiore alla media nazionale, ma soprattutto si caratterizza per dipendere in modo essenziale da investimenti produttivi provenienti da altre regioni (per esempio lo stabilimento automobilistico della FIAT a Cassino, in provincia di Frosinone) o da investimenti pubblici (a suo tempo dovuti alla Cassa per il Mezzogiorno, che includeva la parte meridionale del Lazio tra le aree da essa assistite); inoltre è stata sviluppata una gamma ristretta e per certi aspetti molto particolare di settori (alta tecnologia: elettronica e informatica, ad esempio; oppure i laboratori di fisica nucleare ubicati a Frascati, in provincia di Roma), legati più al prestigio della capitale che alle capacità di un reale assorbimento di manodopera, mentre perdurano carenze in molte produzioni dei settori di base e anche relativi a semplici beni di consumo.
Comunque i comparti meglio rappresentati, oltre a quelli dell'alta tecnologia, sono il farmaceutico, il grafico-editoriale e il cartario; per alcuni decenni tuttavia si può dire che la principale industria laziale sia stata quella edile, legata in particolar modo all'urbanizzazione imponente, spesso selvaggia, di Roma (abitazioni private, grandi opere pubbliche), la cui popolazione raddoppiò dal secondo dopoguerra agli anni Settanta, sino a sfiorare i tre milioni di abitanti. Radicata a Roma, anche se con fasi alterne di successo, è infine l'industria cinematografica italiana.
Attività terziarie
Non sorprende lo sviluppo nel Lazio delle attività globalmente dette di servizio, se si considera la presenza nella regione della più popolosa metropoli nazionale, col rango di capitale. In più, in un paese ancora fortemente accentrato quale è l'Italia, le funzioni burocratiche e più genericamente di pubblico impiego sono molto consistenti, anche quelle di ricerca, di cultura o di istruzione di livello superiore. Ad esempio, Roma ha ben tre università statali, ed è sede della televisione pubblica.
Notevolmente sviluppati sono anche i servizi bancari e assicurativi. Altro settore portante dell'economia regionale è il turismo, dove però è sempre Roma ad avere un ruolo determinante, per il suo straordinario patrimonio storico e artistico, ma anche per il suo ruolo di centro religioso e di capitale della cristianità, con la Città del Vaticano; tra i visitatori, molto elevata è la percentuale di stranieri. Per contro in numerosi centri il turismo d'arte non è adeguatamente valorizzato (ad Anagni, ad esempio, in provincia di Frosinone, oppure a Viterbo); sul litorale si è sviluppato un turismo balneare, ma fondamentalmente locale; quello montano ha la sua stazione più attrezzata nel già ricordato Terminillo.
La regione può tuttavia contare su una famosa località di cure termali, quella di Fiuggi, in provincia di Frosinone.
Quanto al sistema delle comunicazioni, se il Lazio manca di un porto di rilievo, ha tuttavia nell'aeroporto internazionale di Roma-Fiumicino il massimo scalo aereo d'Italia e il quinto d'Europa (l'altro aeroporto di Roma, quello di Ciampino, ha funzioni secondarie).
Le vie di comunicazione stradali e ferroviarie si irradiano a raggiera dalla capitale; Roma è ottimamente collegata sia con il Nord sia con il Sud d'Italia, ma non si può parlare di una situazione altrettanto soddisfacente per la parte interna e montuosa della regione.
Le principali direttrici ferroviarie sono la Roma-Firenze-Bologna-Milano, la Roma-Pisa-Genova, la Roma-Napoli-Reggio Calabria e la Roma-Ancona. Le grandi arterie stradali in gran parte mantengono il tracciato delle famose vie consolari della Roma antica: l'Aurelia, che costeggia il Tirreno sino al confine con la Francia, la Cassia, che porta a Firenze, la Salaria, che passando per Rieti raggiunge le Marche ecc.; tuttavia il traffico segue ormai appena possibile i percorsi autostradali, e in particolare s'incanala sull'autostrada del Sole, che porta verso nord a Milano e verso sud a Napoli. La stessa Roma è circondata da un anello autostradale di 68 km; se ne dipartono, oltre ai due raccordi con l'autostrada del Sole, la transappenninica Roma-L'Aquila-Teramo e la Roma-Civitavecchia.
Popolazione e città
Il Lazio è la terza regione italiana per numero di abitanti dopo Lombardia e Campania, la quarta (dopo anche la Liguria) per densità, ma è quella che registra la più anomala distribuzione. L'intera regione gravita sulla capitale; nella provincia di Roma (che tra l'altro è molto vasta: circa 5400 km2, quanto l'intera Liguria) vivono i tre quarti dei laziali. Anche il comune di Roma è molto esteso (1500 km2) e – pur registrando nell'ultimo decennio una lenta ma continua diminuzione – ospita sempre più della metà della popolazione regionale. Il movimento migratorio che nel periodo 1950-1970 si è riversato su Roma, coinvolgendo oltre al Lazio l'intera Italia centrale e in parte anche la meridionale, ha inciso sull'espansione urbana più di quanto sia accaduto, tra le grandi città italiane, a Milano o Torino.
La presenza di una metropoli come Roma ha determinato l'inevitabile appiattimento degli altri capoluoghi di provincia, che registrano una popolazione di 40.000-60.000 abitanti. Latina, la "capitale" dell'Agro Pontino, di recente è divenuta un discreto polo di attrazione, grazie agli sviluppi industriali (settori alimentare, meccanico, elettronico ecc.) e alla valorizzazione intensiva agricola e zootecnica della provincia.
A causa della disparità tra Roma e gli altri capoluoghi di provincia, il dato complessivo sulla densità media della regione nasconde differenze enormi: ben 705 abitanti per km2 registra la provincia di Roma, 54 Rieti, 80 Viterbo. Solo Latina supera la media italiana, con 220 abitanti per km2.
Tuttavia il recente (e abbastanza relativo) spopolamento di Roma, scesa a 2,8 milioni di abitanti, ha rafforzato vari comuni vicini, la cui popolazione spesso eguaglia, se non supera, quelle dei capoluoghi provinciali (Latina esclusa): è il caso, ad esempio, di Civitavecchia, Fiumicino, Guidonia Montecelio, Tivoli e Velletri.
Nel suo complesso l'andamento demografico regionale è leggermente positivo; tra l'altro la regione accoglie un quarto degli stranieri che vivono in Italia, di provenienza perlopiù asiatica o africana. Però l'area relativamente forte Roma-Latina ha accresciuto il divario tra il Lazio settentrionale, meno favorito anche geograficamente, e il Lazio del centro-sud, che è sempre stato il cuore della regione.
Le zone interne, montuose, rappresentano una sorta di periferia povera, con i centri arroccati in alto, l'agricoltura arretrata, il pendolarismo della manodopera verso la pianura. Molte piccole città laziali sono celebri per le loro caratteristiche monumentali, come Anagni, Alatri, Cassino e, verso nord, Tuscania, Bolsena, Montefiascone. Tarquinia, presso la costa, è uno dei maggiori centri archeologici legati alla civiltà etrusca d'Italia.
Storia del Lazio
I romani definirono con il termine Latium il territorio abitato dai latini, compreso tra il Tevere, il Circeo e i monti Prenestini, ma, con l'avanzare delle loro conquiste, estesero il toponimo ad altre aree a est e a sud di quel nucleo originario, includendovi altri popoli italici, quali gli ernici, gli equi, gli aurunci, i volsci. Questa originaria identità geografica ha un valore storico in quanto documenta il fiorire di civiltà preromane, attestate dagli archeologi soprattutto dopo il I millennio a.C., tra la fine della preistoria e la protostoria.
Nei primi secoli dell'età storica la cultura preminente è stata quella delle genti etrusche, le quali hanno fissato duraturi elementi di civiltà materiale (l'uso dell'arco nell'edilizia, la tipologia delle case, i sistemi difensivi). Le testimonianze etrusche sono più fitte nel Lazio settentrionale, mentre nel Lazio meridionale le prime strutture di città murate risalgono ai volsci e agli ernici: questi e altri popoli italici dell'epoca preromana costituirono rapporti commerciali a lungo raggio, in particolare con i centri della cultura micenea. L'espansionismo etrusco inglobò anche l'intera zona laziale e dette così l'impronta unificante all'odierna regione, fatta eccezione per l'esistenza di colonie greche sulla costa. L'ascesa di Roma, che data dal V secolo a.C., fece tutt'uno con l'estendersi del suo dominio nel territorio circonvicino, conosciuto come Latium vetus, assoggettato in forme differenti, ciascuna delle quali indicava una maggiore o minore capacità di resistenza dei popoli latini al dominio dell'Urbe.
Comunque si trascinò a lungo nel tempo l'espansione romana nel territorio laziale, se si tiene a mente che Veio, la città-stato più prossima a Roma, fu presa agli albori del IV secolo a.C., mentre la caduta di Vulci, una delle ultime roccheforti etrusche, avvenne nel 265 a.C. Con la riforma amministrativa di Augusto, il Lazio fu aggregato alla Campania, nella Regio I, nucleo centrale dell'impero romano, di cui condivise più di altre regioni tutte le vicende e da cui trassero vantaggio sia il sistema economico, favorito dagli insediamenti agricoli e dai lavori di riqualificazione delle zone paludose, sia la rete delle comunicazioni, imperniata sulle tante e grandiose opere pubbliche costruite dai romani.
La crisi di quelle strutture non si ebbe immediatamente dopo la caduta dell'impero romano d'Occidente, ma piuttosto nel VI secolo, con le invasioni dei goti, che distrussero le attrezzature dell'irrigazione, cancellarono la rete viaria, decimarono la popolazione, costringendo quella rimasta ad abbandonare la campagna per trovare rifugio nelle vecchie acropoli murate. Le successive dominazioni longobarda e bizantina dovettero misurarsi con il potere del vescovo di Roma, da cui promanava tanto un'autorità morale sulle popolazioni quanto una reale sovranità sul territorio, che si materializzava in un vasto patrimonio di terre e città.
Fu questo il nucleo originario dello Stato Pontificio, la cui fisionomia giuridica prese evidenza alla fine del regno longobardo (donazione di Sutri del 728) e ancora di più sotto il regno dei franchi.
A questi ultimi si fa risalire l'origine di quella galassia di famiglie aristocratiche (Colonna, Annibaldi, Orsini, Caetani, Savelli ecc.) che divennero detentrici di grandi proprietà terriere e che vennero coinvolte nel Basso Medioevo in lunghi conflitti con il vescovo di Roma e con i liberi comuni (Viterbo, Rieti, Tivoli, Terracina ecc.), che si conclusero alla fine del XV secolo.
Anche Roma, con l'avventura di Cola di Rienzo, tese a presentarsi come antagonista del potere pontificio, indebolito peraltro dall'esilio avignonese (1309-1376). Il Lazio risentì della diversa collocazione dell'autorità papale nel quadro dei mutati equilibri europei, sempre più condizionati dalle grandi potenze, e visse gli echi della crisi religiosa del primo Cinquecento, sfociata nella Riforma protestante. Quanto si fosse appannata l'immagine dell'inviolabilità sacra della sua capitale, lo si vide nel 1527, allorché Roma fu oltraggiata da un lungo saccheggio perpetrato dai lanzichenecchi, truppe tedesche luterane al servizio dell'imperatore cattolico Carlo V. Mai come in quell'anno il potere politico del pontefice e il suo carisma subirono un tracollo, dal quale poterono riprendersi attraverso il sostegno delle potenze cattoliche, Spagna e Francia, e l'opera di ristabilimento del cattolicesimo sancita dalla Controriforma.
A quel punto la storia del Lazio si integrò stabilmente con quella dello Stato della Chiesa, nel quale formava le due province del Patrimonio di San Pietro (con un governatore residente a Viterbo), e di Marittima e Campagna (con governatore a Frosinone). Ciò che non si ristabilì pienamente fu l'economia del contado, che mantenne quell'aspetto di desolante abbandono, tipico di una plaga malarica e paludosa, terra di briganti e di povertà, che avrebbe conservato fino al nostro secolo, seppure qualche cenno di rinascita produttiva si potesse cogliere nell'opera di riforma tentata alla fine del Settecento da papa Pio VI e poi proseguita durante la dominazione napoleonica.
Solo dopo l'unità d'Italia (tutto il Lazio insieme con Roma entrarono a fare parte del regno nel 1870; vedi Risorgimento) la regione fu interessata da un'efficace opera di bonifica delle paludi che, rilanciata durante il fascismo, portò alla piena valorizzazione del territorio agricolo e a diffusi insediamenti colonici, alcuni dei quali, come Latina, di nuova fondazione. Intanto, la regione era già meta di turismo culturale sin dalla fine del Settecento, quando, venute di moda le passeggiate archeologiche, le tappe del tour dell'aristocrazia europea suggerivano frequenti soste nel territorio laziale.
Il rilievo mondiale di Roma, che dopo l'unità esercitò il duplice richiamo di capitale sia di uno stato nazionale sia di una religione internazionale, fece assumere una fisionomia particolare alla regione, il cui capoluogo assunse un peso economico e demografico (oltre il 50% della popolazione risiede a Roma) decisamente preponderante.
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