Lettera a una professoressa di Don Milani: riassunto
Lettera a una professoressa di Don Milani: riflessione, riassunto e spiegazione dell'opera sui principi educativi su cui si fonda la scuola di Barbiana
Lettera a una professoressa di Don Milani
Lettera a una professoressa è un libro scritto da Lorenzo Milani nel 1966 insieme ai suoi alunni della scuola di Barbiana, piccola parrocchia di montagna a pochi chilometri da Firenze, sede in cui Don Milani realizzò una scuola innovativa e sperimentale, volta all'emancipazione delle classi subalterne.
Il libro viene pubblicato nel 1967 dalla casa editrice LEF e rappresenta ancora oggi un punto di riferimento importante per la riflessione sulla necessità di riformare il sistema scolastico ed educativo.
Riassunto
Lettera a una professoressa è basato su una polemica all’istruzione italiana che, a quel tempo, privilegiava istruire i bambini provenienti dalle classi sociali agiate, i cosiddetti pierini, ossia “i figli del dottore”.
Proprio loro infatti criticavano la scuola tradizionale che, oltre a preferire i ricchi, si rifiutava totalmente di aiutare quelli che avevano maggiori difficoltà economiche.
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Per conoscere e ricordare i concetti, gli eventi e i principali avvenimenti della storia dalle origini a oggi.
Nel libro si trovano anche le esperienze scolastiche dei ragazzi, oltre ai principi su cui si fondava la scuola di Barbiana: ne è un esempio il motto I care, ossia “io mi prendo cura” che riassume gli scopi della scuola orientata a formare i “cittadini sovrani”. Si evitano le bocciature, dal momento che un povero, trovandosi in una condizione svantaggiata, se viene bocciato sarà obbligato a frequentare talmente tante ripetizioni che alla fine si arrenderà e ripeterà lo stesso mestiere del padre senza aver avuto l’opportunità di migliorare la sua vita. Così vale anche per i voti e le promozioni.
Un altro principio che emerge nel testo è relativo al momento di fare scuola: dopo il lavoro nei campi, tutto il giorno, sette giorni su sette.
La scuola di Barbiana
La sua è una scuola aperta, impegnativa, seria ma anche punitiva: Don Milani non ha mai negato l'utilizzo delle punizioni corporali.
Si utilizza il metodo della scrittura collettiva e si condivide il programma con gli studenti. Vengono insegnate poi ben quattro lingue, ossia quelle che verranno utili a coloro che andranno a compiere un lavoro all’estero, insieme alla matematica, alla grammatica, ma anche allo sport: si nuota, si scia e si legge e commenta insieme il giornale quotidiano.
La materia che però Don Milani predilige è la lingua italiana, il mezzo principale per inserirsi all’interno della società: aiuta ad essere capiti ed allo stesso tempo a capire e soprattutto ti pone alla pari del linguaggio elaborato degli studenti ricchi provenienti da scuole privilegiate.
Chi, a quel tempo, se non don Milani che si trovava in perenne contatto con studenti, si è reso conto del bisogno di creare una scuola diversa? Molti sostengono che la scuola serva solo per formare l’individuo al lavoro, ma la scuola di Don Milani non serve solamente a questo. Quella scuola serve per aiutare i ragazzi che si trovano in difficoltà soltanto perché non possono frequentare la stessa scuola che frequentano i “pierini”, serve per far valere il loro diritto allo studio e strapparli da un destino segnato.
Con questo libro Don Milani non dice che la scuola deve essere facile e che l’istruzione sia uguale al diploma, ma che tutti, a prescindere dalle opportunità e dalle capacità, devono provare a migliorare la loro condizione, considerando la scuola come una missione.