Quinto Ennio: opere e vita del poeta latino
Indice
1Quinto Ennio: vita
Quinto Ennio nacque nel 239 a.C. a Rudiae, un piccolo centro abitato della zona salentina, situato a pochi chilometri dall'odierna Lecce e non lontano dalla città di Taranto. Proprio come Livio Andronico, quindi, anche Ennio fu originario della Magna Grecia; proprio a Taranto egli ricevette una solida formazione greca. Egli stesso, secondo Aulo Gellio (Noctes Atticae XVII, 2,4), affermava di possedere tria corda, ‘tre cuori’, per via della profonda conoscenza che aveva di tre diverse lingue: il latino, il greco e l’osco.
Come Nevio, anche Ennio fu un poeta-soldato. In particolare, egli partecipò alla Seconda guerra punica (218-202 a.C.), militando nelle truppe ausiliarie della Sardegna. Fu proprio mentre prestava servizio come militare in questa zona d’Italia che, nel 204 a.C., quando l’autore aveva 35 anni, incontrò Catone il Vecchio, al tempo questore di ritorno dalle campagne africane contro Cartagine. Il politico notò lo spessore culturale di Ennio e ne rimase a tal punto impressionato da convincerlo a trasferirsi a Roma.
Così avvenne: l’autore giunse a Roma e iniziò a entrare in contatto con importanti personalità romane, prime tra tutte quelle appartenenti alla famiglia degli Scipioni, divenendo ben presto uno dei maggiori intellettuali che frequentavano il circolo scipionico. Il suo ruolo all’interno dell’ambiente culturale fu di primissimo piano: Ennio fu messo a capo del Collegium scribarum histrionumque, la corporazione degli scrittori e degli attori che era stata fondata dallo stesso Livio Andronico, e la sua residenza fu posta sull'Aventino.
In quegli anni, Ennio si dedicò all’insegnamento della poesia greca e latina e alla scrittura di opere teatrali. Grazie a questa sua attività, entrò sempre più a stretto contatto con gli esponenti di potenti famiglie aristocratiche. Tra questi ci fu Marco Fulvio Nobiliore, politico romano che il poeta accompagnò in una campagna militare in Grecia contro la Lega Etolica, dal 189 al 187 a.C., che culminò nella battaglia di Ambracia. Nel 184 a.C., al ritorno dalla spedizione, Ennio ottenne la cittadinanza romana. Fu un momento di grande importanza per il poeta, che decise di celebrarlo componendo un esametro carico di orgoglio che recitava: «Nos sumus Romani, qui fuimus ante Rudini ».
Ennio morì a Roma nel 169 a.C.; alla sua morte, gli Scipioni decisero di collocare una statua del poeta nella tomba di famiglia, sulla via Appia, accanto a quella di Scipione l’Africano, morto quattordici anni prima. Era un gesto di attestazione di grande stima e affetto nei confronti dell’autore, considerato al pari di un membro della famiglia.
2Le opere di Quinto Ennio
Quinto Ennio fu un intellettuale sfaccettato, dai molti interessi, che si integrò perfettamente nella realtà romana, mantenendo però sempre vivo un confronto con la cultura greca. Di questa sua ampiezza di orizzonti fanno da spia le diverse opere che egli compose nel corso della sua vita.
Se, di certo, gli Annales rappresentano l’opera riconosciuta come il suo capolavoro poetico, parte della sua fama fu legata anche al teatro, a cui egli si dedicò per tutta la vita.
Non solo: la molteplicità degli interessi di Ennio si palesò nel momento in cui l’autore decise di cimentarsi con altri generi, già praticati nella letteratura in lingua greca, ma non ancora in latino. Tra questi: la poesia licenziosa, la poesia gastronomica, la prosa e la poesia filosofica, e la satira.
3Gli Annales di Ennio
Gli Annales furono, senza ombra di dubbio, l’opera che consacrò Ennio nell’Olimpo della letteratura latina. Si tratta di un poema epico storico in diciotto libri, di cui ci restano oggi 437 frammenti, per un totale di circa 600 versi. Un’eredità considerevole, se paragonata a ciò che ci è pervenuto delle altre opere latine di età medio-repubblicana, con l’esclusione dei testi comici. La composizione degli Annales richiese a Ennio molti anni; egli, con ogni probabilità, li pubblicò a gruppi di libri.
In quest’opera l’autore si pose un fine ben chiaro: narrare la storia di Roma dalle origini fino all’età a lui contemporanea, con un intento di celebrazione. Il titolo dell’opera richiamava gli Annales maximi: erano le antiche cronache redatte, di anno in anno, dal pontefice massimo, per tramandare i principali eventi verificatisi. Anche nel poema enniano la narrazione segue un ordine cronologico, presentando però uno sbilanciamento a favore degli eventi più recenti.
Pur riallacciandosi a Nevio nell’intento di celebrare Roma con la poesia, raccontandone la storia, Ennio apportò però un’importante novità: gli Annales sono, infatti, il primo poema latino scritto in esametri. Con l’utilizzo di questo metro, l’autore intendeva inserirsi nella tradizione dell’epica greca – come dimostra anche il proemio del poema, dove torna nuovamente l’invocazione alle Muse e non più alle Camene, come in Livio Andronico – pur scrivendo un’opera di argomento romano. Ennio decise quindi di riallacciarsi alla cultura greca utilizzandone il prestigio per uno scopo ben preciso: quello della celebrazione dei valori romani.
In quest’ottica, egli si distaccava apertamente dagli autori che lo avevano preceduto, a Roma, nella scrittura di un poema epico (Livio Andronico e Nevio). Tale rottura è dichiarata apertamente dall’autore all’interno del libro VII degli Annales: qui introduce un secondo proemio in cui afferma la propria superiorità sui poeti epici a lui anteriori che avevano utilizzato il verso saturnio.
3.1Lingua e stile
Scrivendo gli Annales, Ennio si proponeva quindi di comporre un’opera di grandiosa e cruciale importanza. Per questo motivo, egli decise di adottare uno stile solenne ed elevato, in cui frequente era il ricorso agli arcaismi, spesso di derivazione omerica; questi rievocavano il fascino del passato e impreziosivano l’opera, donandole un’aura di imponenza.
In linea con gli altri poeti arcaici, anche Ennio ricorse frequentemente alle figure di suono e, in particolar modo, all’allitterazione. Celebre ed emblematico, in tal senso, è il verso con cui, negli Annales, Tito Tazio veniva apostrofato – probabilmente da Romolo – una volta deceduto: «O Tite tute Tati tibi tanta tyranne tulisti».
3.2La struttura
I diciotto libri degli Annales furono composti in triadi:
- La prima triade (libri I-III) trattava il mito delle origini: veniva ripercorsa la storia romana a partire dall’arrivo di Enea nel Lazio, passando per il racconto mitico della fondazione della città e giungendo alla monarchia.
- La seconda triade (libri IV-VI) riguardava l'espansione di Roma in Italia; la narrazione arrivava fino alla guerra contro Pirro (272 a.C.).
- La terza triade (libri VII-IX) raccoglieva alcuni tra gli eventi più dolorosamente noti ai contemporanei di Ennio: le guerre puniche. In particolare, l’attenzione dell’autore si concentrava sulla Seconda guerra punica, a cui egli stesso aveva partecipato. L’importanza dell’argomento trattato in questa triade era sottolineata dall’introduzione di un nuovo proemio.
- La quarta triade (libri X-XII) narrava le guerre macedoniche che avrebbero portato Roma a diventare la padrona del Mediterraneo.
- La quinta e la sesta triade (libri XIII-XVIII) raccontavano gli eventi della storia più recente. In essi, in particolare, venivano celebrati i singoli protagonisti dell’età contemporanea che si erano distinti per le loro imprese – tra cui, ad esempio, il suo patrono, Marco Fulvio Nobiliore. Il racconto giungeva fino al 171 a.C., due anni prima della morte di Ennio.
4Ennio e il teatro: le tragedie
Se è vero che gli Annales sono l’opera più nota di Quinto Ennio, non si deve dimenticare che la sua produzione letteraria ebbe inizio con la scrittura di testi destinati al teatro. Non si trattò di un interesse relegato agli anni giovanili: l’autore dedicò all’attività teatrale l’intero arco della sua vita.
È, in tal senso, emblematico il fatto che la sua ultima tragedia, Thyestes, risalga al 169 a.C., anno della sua morte. Ennio scrisse sia testi tragici che comici; fu l’ultimo poeta latino a coltivare entrambi i generi, pur mostrando sempre una predilezione per la tragedia.
Di questa preferenza è una spia la quantità di frammenti giunti fino a noi: se delle commedie possediamo, oggi, solo cinque versi e due titoli (Caupuncula, "La ragazza dell’osteria", e Pancratiastes, "Il campione di lotta"), del teatro di Ennio ci restano i titoli di una ventina cothurnatae e circa quattrocento versi. Sappiamo, inoltre, che l’autore scrisse anche alcune fabulae praetextae; tra queste ricordiamo Sabinae ("Le Sabine"), legata alle origini mitiche di Roma, e Ambracia, ispirata alla vittoria di Marco Fulvio Nobiliore contro la Lega Etolica nel 189 a.C.
Dall’analisi dei frammenti delle sue tragedie in nostro possesso, e in particolar modo dei titoli di esse, possiamo dedurre che anche Ennio – come molti dei suoi contemporanei – privilegiò argomenti relativi al ciclo troiano. Vi fanno riferimento i seguenti titoli:
• Achilles ("Achille");
• Aiax ("Aiace");
• Alexander ("Alessandro");
• Andromacha aechmalotis ("Andromaca prigioniera");
• Eumenides ("Eumenidi");
• Hectoris lytra ("Il riscatto di Ettore");
• Hecuba ("Ecuba");
• Iphigenia ("Ifigenia");
• Phoenix ("Fenice");
• Telamo ("Telamone");
• Thyestes ("Tieste").
Le tragedie enniane ottennero un grande successo ai tempi del poeta. Ma non solo: nell’età di Cicerone esse venivano ancora rappresentate, riscuotendo l’approvazione del pubblico. Nonostante i frammenti in nostro possesso siano ridotti, è possibile delineare alcune caratteristiche dello stile tragico di Ennio che decretarono il successo delle sue opere. Tratto peculiare è da individuare nell’uso degli artifici linguistici e retorici propri dello stile sublime, con l’intento di ottenere un’accentuazione dell’elemento patetico e spettacolare e suscitare nel pubblico emozioni intense.
5Le opere minori
Quinto Ennio fu un autore quanto mai curioso e innovativo. Egli non si dedicò solo alla composizione degli Annales e alla scrittura di opere destinate al teatro, ma sperimentò numerosi altri generi letterari. Sebbene anche di questi esperimenti ci restano ben pochi frammenti, sono ugualmente meritevoli di attenzione. Tra le opere minori più note di Ennio degne di menzione troviamo:
- L’Euhèmerus ("L’Evèmero"). Scritto in prosa, si ispirava alle idee di Evemero da Messina, uno scrittore greco vissuto tra il IV e il III secolo a.C.
- l’Epicharmus ("L’Epicarmo"). Si tratta di un poemetto scritto in settenari trocaici che prende le mosse dalle riflessioni di Epicarmo di Siracusa, poeta comico greco vissuto nel V secolo a.C.
- Gli Hedyphagètica ("Le leccornie"). È un poemetto didascalico in esametri di argomento gastronomico, in cui venivano fornite notizie su ricette e cibi prelibati.
- Le Saturae. Si tratta di un genere che avrebbe ottenuto, in seguito, grande fortuna nella storia della letteratura latina. Dai pochi frammenti in nostro possesso, possiamo dedurre che Ennio sperimentò, nella scrittura di quest’opera, una grande varietà di metri e toccò numerosi temi – dalla critica del costume, alle favole, passando per giochi di parole e aneddoti autobiografici.