L'Italia della Prima Repubblica: storia, cronologia e protagonisti
Indice
- La Repubblica italiana
- La guerra fredda in Italia e l'esclusione delle sinistre dal governo
- Le elezioni del 1948 e il predominio della Democrazia Cristiana
- Prima Repubblica italiana: la legge Truffa e la questione della governabilità
- L'Italia e il boom economico
- Il 1960: Tambroni e l’antifascismo
- L'Italia e la nascita del centro-sinistra
- Il Sessantotto
- La crisi economica e il compromesso storico
- Gli anni di piombo e il rapimento di Moro
- Crisi della Prima Repubblica: l’imborghesimento e la società laica
- La fine della Prima Repubblica e l’avvento di Berlusconi
- Guarda il video sul Sessantotto
- Concetti chiave
1La Repubblica italiana
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si ritrovò ad affrontare un difficilissimo dopoguerra. L’economia e l’agricoltura erano in condizioni gravissime, le strade erano interrotte, le ferrovie inutilizzabili, case e ponti distrutti. Era una nazione sconfitta, occupata militarmente, che dipendeva dagli aiuti alleati e non poteva considerarsi arbitra del proprio destino.
Il 2 giugno 1946 ci furono le prime elezioni in cui avevano diritto al voto anche le donne; i cittadini, tramite referendum, avrebbero dovuto scegliere tra monarchia e repubblica. La contrapposizione era non solo politica ma anche territoriale, perché il Sud — si sarebbe scoperto poi — avrebbe votato in maggioranza a favore della monarchia.
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Vinse la repubblica, che prevalse per 12.717.923 voti contro i 10.719.284 della monarchia. Il 28 giugno l’Assemblea costituente elesse capo provvisorio dello Stato il monarchico Enrico De Nicola.
Le forze politiche del Paese erano rappresentate dal Partito Socialista che pareva destinato ad assumere un ruolo da protagonista grazie alla popolarità di Pietro Nenni, che fu partigiano in Spagna e anche in patria e disse: “Il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro”. Il Partito Comunista aveva la forza nella lotta antifascista con a capo Togliatti, che mirava ad avere consensi dai ceti medi e da intellettuali.
C’era poi la Democrazia Cristiana che si rifaceva a Sturzo e aveva a capo lo statista Alcide De Gasperi e godeva dell’appoggio della Chiesa. L’epoca dei movimenti d’opinione era finita, sostituita da quella dei partiti di massa, dotati di un’organizzazione diffusa in tutto il territorio.
Nel biennio 1946-47 l’attività politica si svolse soprattutto nell’aspra lotta tra i partiti, a cominciare dal campo economico dove c’erano indiscutibilmente due esigenze fondamentali: mantenere al livello di sopravvivenza gli strati più poveri della popolazione e ricostruire il Paese.
2La guerra fredda in Italia e l'esclusione delle sinistre dal governo
Il 6 marzo 1947 il presidente degli Stati Uniti Harry Truman pronunciò un discorso in cui pose la questione dell’egemonia americana in termini economici: "Ovunque il futuro è incerto. In questa atmosfera di dubbi ed esitazioni l’elemento risolutivo sarà dato dalla qualità di leadership che gli Stati Uniti sapranno assicurare al mondo. Siamo il gigante economico del mondo. Ci piaccia o meno, la struttura delle relazioni economiche dipenderà da noi".
Ecco che venne varato il Piano Marshall: degli aiuti economici per i Paesi democratici, che attestava la fiducia nel capitalismo e nel mercato e, inoltre, inaugurava una sfida all’Unione Sovietica. Se gli Usa puntavano sull’economia, dove sapevano di essere più forti, l’URSS rispose sul piano politico con il Cominform, l’ufficio d’informazione dei partiti comunisti. Il dialogo con le super potenze era ormai cessato e cominciò la Guerra Fredda (come la chiamò il giornalista Walter Lippman).
Il quadro internazionale si fece sempre più complesso e le vicende italiane ne vennero influenzate fortemente. L’avvenimento politico più importante del 1947 fu la formazione di un nuovo governo De Gasperi, con ministri democristiani e liberali, senza la partecipazione del PCI e del PSI.
L’esclusione dei comunisti e socialisti dal governo pare sia stata un ordine, o una pressione, venuta dagli Stati Uniti in un periodo, per l’Italia, di grande crisi economica a causa dell’aumento dell’inflazione. De Gasperi aveva ricevuto il compito, dall’ambasciatore americano James Dunn, che prima di ricevere i finanziamenti avrebbero dovuto mettere «ordine in casa propria».
De Gasperi propose una tregua chiedendo collaborazione alle sinistre attorno al problema economico, poiché serviva un supplemento di fiducia generale. Apparve evidente che i comunisti erano disposti a fare dei sacrifici pur di rimanere al governo, mentre i socialisti avevano un atteggiamento più incerto.
Si stavano per stampare cento miliardi di carta moneta ma c’era ancora penuria di grano e carbone, e non c’erano abbastanza fondi per acquistarne quantità necessarie per superare l’inverno. Grano e carbone divennero dunque il tema centrale delle discussioni politiche, ideologiche ed economiche nel 1947. Nelle imminenti elezioni del 1948 la popolazione doveva scegliere tra Stati Uniti e Unione Sovietica, ovvero: quale dei due Paesi era in grado di aiutare l’Italia fornendole grano e carbone?
3Le elezioni del 1948 e il predominio della Democrazia Cristiana
Alle elezioni del 18 aprile 1948 la DC riportò una schiacciante vittoria ottenendo il 48,5% dei voti contro il 31% delle sinistre. Queste elezioni furono caratterizzate dalla paura del comunismo e dagli interessi della borghesia. Solo un anno più tardi, il Vaticano avrebbe intensificato la lotta contro il PCI con una scomunica ai comunisti.
Il 14 luglio 1948 Togliatti fu gravemente ferito da due colpi di pistola sparati da un estremista di destra Antonio Pallante. Alla notizia si verificarono scioperi spontanei in diverse parti del Paese, compreso quello della Cgil con il consenso di tutte le forze politiche.
Per qualche ora parve che lo sciopero potesse assumere un carattere insurrezionale, e il bilancio degli scontri con le forze dell’ordine fu molto alto: 16 morti e 206 feriti. La leggenda che la vittoria di Gino Bartali al Tour de France in quei giorni avrebbe salvato l’Italia dalla rivoluzione ha un fondo di verità nel fatto che il movimento di protesta fu essenzialmente difensivo e nessuno aveva intenzione di imbracciare le armi.
4Prima Repubblica italiana: la legge Truffa e la questione della governabilità
Per fronteggiare le pressioni da destra e da sinistra, De Gasperi nel 1953 promosse quella che venne chiamata la Legge Truffa, che in pratica rendeva inattaccabile la maggioranza visto che venne modificato il meccanismo elettorale che ora dava il 65% dei seggi alla Camera ai partiti alleati che ottenessero la metà più uno dei voti.
Ma le elezioni di giugno fecero registrare la prima sconfitta della DC che, con il 40% dei voti, non riuscì a raggiungere la soglia introdotta dalla nuova legge elettorale per ottenere il premio di maggioranza. Ma la mancata vittoria elettorale non ebbe gravi conseguenze all’interno della DC. Furono più pesanti quelle provocate da due scandali: il Caso Montesi e l’avvelenamento in carcere di Gaspare Pisciotta.
Nel paese c’era aria di cambiamento. Era un momento di transizione: il paese cominciava lentamente a modernizzarsi, la ripresa economica si consolidava, si rafforzavano i legami con l’Europa più avanzata.
De Gasperi si dimise nel 1953 e tre anni dopo ci fu la novità più importante: la Corte Costituzionale. Nella DC, dopo la morte di De Gasperi, ci fu l’insediamento di una nuova generazione formatasi nell’azione cattolica.
Tra le fila della nuova generazione c’erano: Paolo Emilio Taviani (medaglia d’oro della resistenza antifascista), Amintore Fanfani (tra i firmatari del Manifesto della Razza e autore della frase nel primo articolo della Costituzione: "L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro") e Aldo Moro. Intanto la sinistra stava riaprendo il dialogo con i cattolici, soprattutto dopo aver subito il trauma delle denunce dei crimini di Stalin al congresso del partito. A questo punto le premesse politiche per un’apertura a sinistra c’erano tutte e il paese stava cominciando a vivere il più rapido boom industriale della sua storia.
5L'Italia e il boom economico
Dal 1950 al 1963 fu il periodo del boom economico italiano. Anni in cui l’Italia ridusse il divario che la separava dalla maggior parte dei paesi più industrializzati. Da quel momento in poi, l’economia precedette sempre le trasformazioni sociali e politiche che furono sempre in ritardo su quelle economiche.
Da questo punto di vista, perciò, il fatto di maggior rilievo del 1953 fu la presentazione da parte della Fiat di un progetto di utilitaria. Era l’atto di nascita della Seicento, con cui iniziava l’epoca della motorizzazione di massa, che avrebbe cambiato il volto dell’Italia.
I fattori che promossero il boom economico furono: l’assetto internazionale favorevole, la politica del libero scambio, salari bassi e aumento produttivo. L’Italia divenne, con l’abbandono delle campagne, un paese industriale. Il fenomeno più importante fu proprio il massiccio esodo dal sud verso il nord e dalle campagne alle città.
In dieci anni, dal 1951 al 1961, circa due milioni di persone si trasferirono al nord, facendo così aumentare la piccola borghesia e la classe operaia. Roma, Milano e Torino videro aumentare la propria popolazione e anche l’occupazione industriale.
Televisione e automobile furono il simbolo di questo cambiamento. La tv non era solo un ornamento nel soggiorno, ma anche un veicolo attraverso cui passava una lingua comune e un nuovo modello culturale di massa. Fu lo strumento di unificazione linguistica del paese.
Il televisore divenne luogo dell’aggregazione familiare, il focolare del nostro tempo si disse, prima di quelle più agiate, e poi di quelle più povere. La semplicità e spesso il carattere elementare dei primi spettacoli si prestavano ad un consumo di massa. E tuttavia il video era pur sempre una finestra sul mondo, che ne consentiva una conoscenza molto più ampia rispetto a quella limitata che ne avevano avuto fino ad allora gli italiani che non avevano la possibilità di viaggiare.
Ciò creò problemi sia al PCI che alla DC. Fino a quel momento, i giorni feriali erano quelli in cui c’era una più attiva e intensa attività politica, di lettura dell’Unità e delle discussioni pomeridiane e serali nelle case del popolo. Ora invece gli individui si riprendevano il tempo libero, togliendolo ai partiti e, in una certa misura, anche alla Chiesa.
Le domeniche in automobile, infatti, svuotarono le parrocchie e le sezioni politiche, tanto che nel 1963 Famiglia Cristiana scrisse: «Se andremo avanti di questo passo dovremo mettere le ruote sotto le chiese per seguire i nostri fedeli che vanno a spasso la maggior parte dell’anno».
L’intervento dello Stato agevolò i cambiamenti. Nel maggio del 1955 fu approvata una legge che diede avvio alla costruzione di una rete autostradale, della quale fino a quel momento esistevano soltanto i tronchi: l’Autostrada del Sole. Non si trattava soltanto di un processo di modernizzazione, sociale e industriale, ma anche del fatto che si cominciava effettivamente ad unificare l’Italia, cosa che non era riuscita né agli uomini del Risorgimento, né ai fascisti.
6Il 1960: Tambroni e l’antifascismo
All’inizio degli anni ’60 ci fu l’ingresso dei socialisti nel governo che suscitò molte speranze di rinnovamento e anche molti timori: “il salto nel buio”. Perplessità che arrivavano soprattutto dal Vaticano e dalla stessa DC. Ma la “svolta a sinistra” maturò in seguito ad alcuni avvenimenti drammatici.
Nel luglio del ’60 il governo di Tambroni, “l’alleato dei fascisti”, autorizzò il MSI (Movimento Sociale Italiano) a tenere il suo congresso nazionale a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, nonostante l’opposizione dei cittadini di una città tradizionalmente operaia e antifascista.
Per tre giorni (30 giugno-2 luglio 1960) i cittadini antifascisti si scontrarono con la polizia che cercava di garantire lo svolgimento del congresso dei neofascisti. Il governo cedette e rinviò il congresso. Ma altre manifestazioni antigovernative scoppiarono in altre città, provocando una decina di morti come a Reggio Emilia e Roma. Tambroni, sconfessato dalla DC, si dimise e con lui cadde ogni ipotesi di apertura all’estrema destra.
Ma la prova di forza che si verificò nelle piazze, con scontri che provocarono tra il 7 e l’8 luglio dieci morti tra i manifestanti, ebbe successo perché trovò una sponda all’interno della DC. I dirigenti democristiani, infatti, fecero una scelta di campo appellandosi al loro antifascismo, pur temendo un isolamento.
L’apparente vittoria della piazza non illudeva Togliatti, che si rendeva ben conto delle sue cause contingenti. Fu sopravvalutata, invece, dagli iscritti ed entrò a far parte della tradizione mitica del PCI dando vita alla convinzione che, nei momenti decisivi, la piazza avrebbe potuto avere una funzione fondamentale.
7L'Italia e la nascita del centro-sinistra
Per superare la crisi, fu formato un governo monocolore con a capo Amintore Fanfani che aprì al centrosinistra, grazie alla spinta di Aldo Moro, e inoltre propose a John Kennedy la dismissione dei missili installati in Puglia verso l’URSS e favorì l'accordo tra gli americani e Kruscev.
Il nuovo governo del 1962 contava: DC, PSDI e PSI. Tra le riforme volute dai socialisti c’erano l’imposizione fiscale nominativa e la nazionalizzazione della industria elettrica. Nacquero l’ENEL e l’ENI di Enrico Mattei.
Aldo Moro era convinto che il PCI non fosse l’espressione del male, ma un partito che traeva la sua forza dall’adesione di milioni di italiani, dei quali esprimeva interessi e passioni. Così cominciò a immagine un centro-sinistra che sarebbe dovuto servire ad ampliare l’alleanza governativa e a sottrarre al Pci parte della sua base sociale, ma incontrò molti ostacoli sia nella DC che nel PSI.
Alla fine di aprile del 1963 si svolsero le nuove elezioni politiche. La DC perse voti rispetto al 1958, e ottenne il 38,3% rispetto al 42% di cinque anni prima. Sommando i voti tra il PCI e il PSI la percentuale era sostanzialmente in pareggio con la DC, benché i comunisti avessero ormai definitivamente abbandonato le posizioni rivoluzionarie, in sintonia con l’evoluzione della situazione internazionale.
Le elezioni confermarono la Democrazia Cristiana come primo partito, seppur in forte calo, e sancirono la fine del Centrismo e l’inizio del Centrosinistra, ovvero dei governi composti da democristiani e socialisti.
Alla fine dell’anno Aldo Moro formò il primo governo di centro-sinistra con DC, PSI, PSDI e PRI che però ebbe molte difficoltà nelle sue riforme perché ci fu una spaccatura al suo interno con forze che chiedevano riforme rivolte a correggere gli aspetti negativi del capitalismo monopolistico. Così a Moro non restò altro che dimettersi causando una crisi politica che ebbe uno svolgimento anomalo, con alcuni aspetti oscuri e mai chiariti. Fu dunque formato un nuovo governo con Moro e come vicepresidente il socialista Pietro Nenni che però ebbe scarsa azione riformistica.
Nell’agosto 1964 morì Palmiro Togliatti mentre si trovava a Yalta, in Crimea, in attesa di incontrare i dirigenti sovietici. I suoi funerali furono una cerimonia imponente, con una straordinaria partecipazione popolare, come se rappresentasse la fine di un’epoca.
Renato Guttuso ne diede in un celebre quadro una rappresentazione che contribuì a fare entrare quei funerali nella mitologia del PCI. Nel dipinto, al rosso acceso delle bandiere si contrapponevano i grigi e i bianchi dei volti dei partecipanti, anacronisticamente mescolati nello stesso evento, quasi a significare che gli ideali sopravvivono agli uomini.
8Il Sessantotto
La diffusa ribellione giovanile, che scoppiò nel ’68, iniziò a metà degli anni Sessanta. Con la tumultuosa esplosione dell’individualismo il Sessantotto segnò anche in Italia la definitiva affermazione della moderna società sulla comunità tradizionale.
Fra le tante interpretazioni che sono state date al Sessantotto c’è anche quella della rivoluzione anticonsumistica in una società già sazia di consumi. Interpretazione riduttiva, se non improponibile, poiché la polemica dei consumi proveniva proprio dagli strati sociali più agiati. Ci fu una sovrarappresentazione delle aspirazioni di quella parte dei giovani che erano in grado di accedere ai mezzi di comunicazione e che si consideravano interpreti anche di quanti restavano fuori dal circuito mediatico.
Fino a quel momento, le lotte in Italia erano state condotte dagli operai e dai braccianti. Il movimento del ‘68 nacque invece nelle scuole, un’origine che offre già una chiara indicazione dei suoi caratteri iniziali. Si intensificò poi nelle università grazie soprattutto agli studenti provenienti dalla piccola e media borghesia.
Questi studenti che si definivano marxisti appartenevano in gran parte alla piccola e media borghesia, ma s’immaginavano figli di operai e contadini. Nacque così la cosiddetta “controcultura”, prendendo ad esempio la “rivoluzione culturale” che si stava svolgendo in Cina. Si parlava di “fantasia al potere”.
Le piazze invase dai manifestanti, per i più diversi motivi, sociali, economici e ideologici, sembrarono il teatro delle vere lotte politiche che avevano migrato dalle aule parlamentari.
Il Sessantotto incise profondamente sui vecchi costumi e sulle vecchie abitudini. Nel frattempo, mentre le lotte anticapitalistiche si muovevano nei paesi del Terzo mondo, il Sessantotto cominciò a tingersi di cupe tinte che richiamavano alla guerriglia urbana perpetrata da personaggi come Ernesto Che Guevara che per molti divenne un mito romantico.
Ernesto Che Guevara auspicava ad un grande scontro mondiale, voleva “molti Vietnam”, ad una lotta lunga, cruenta contro l’imperialismo che trovò molti giovani accondiscendenti, gli stessi giovani che, per la prima volta nel Novecento, non avevano assistito ad una sola guerra.
Il Sessantotto in Italia termina con i fatidici scontri di Valle Giulia del 1 marzo. Quando la lotta, partita dalle università, divenne violenta e si propagò nelle strade.
9La crisi economica e il compromesso storico
Cominciò un periodo di disagio sociale, morale e di sfiducia verso una classe politica che adesso era anche impantanata in una serie di scandali su tangenti ai partiti. La società italiana era cambiata, e si capì anche da una grande mobilitazione sulla legge del divorzio; la donna non poteva più essere confinata nella difesa della famiglia, e la Chiesa non ispirava più i cittadini.
Ci furono riforme sul diritto di famiglia (parità giuridica fra i coniugi), abbassamento della maggiore età a 18 anni e sull’interruzione volontaria della gravidanza.
Il PCI aprì le ali su questo vento di cambiamento e nel ’73 prospettò un importante mutamento strategico. Enrico Berlinguer sostenne la necessità di giungere ad un compromesso storico, ossia un accordo di lungo periodo tra i partiti, come unica via per scongiurare i rischi autoritaristici, e interrompere così la conventio ad escludendum, cioè un accordo esplicito tra alcune parti politiche che abbia come fine l'esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, quindi i comunisti. Ci furono anche contatti con altri partiti europei e prese il nome di eurocomunismo.
Nel 1973 due avvenimenti internazionali segnarono profondamente la vita economica e politica italiana: la crisi petrolifera e il colpo di Stato militare in Cile, che preoccupò fortemente la sinistra. Rispetto ad altre crisi, stavolta ci fu anche l’inflazione, oltre alla crisi produttiva, e un alto tasso di disoccupazione che mise in crisi lo stesso Welfare State. L’età dell’oro era finita.
Fu adottata una sorta di coprifuoco, per limitare il consumo di energia elettrica: cinema e teatri avrebbero chiuso alle 23:00 e a quell’ora sarebbero cessate anche le trasmissioni televisive.
Spensero insegne e vetrine, e alcuni italiani ebbero paura che questa crisi avrebbe cambiato il loro tenore di vita dopo un gaio decennio di benessere economico. Per questo le misure restrittive dei consumi furono presto abolite, ma rimase la consapevolezza che la crescita non poteva continuare indefinitamente e che anche lo sviluppo poneva grandi problemi.
10Gli anni di piombo e il rapimento di Moro
L’inadeguatezza governativa nei confronti delle tensioni societarie si manifestò anche verso i primi episodi di terrorismo politico. Il 12 dicembre 1969 alle 16:37 una bomba esplose nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano, provocò 17 morti e 100 feriti.
L’incapacità di risolvere il caso fu messa sotto accusa dall’opinione pubblica e dalla stampa di sinistra, che individuò nell’estrema destra la matrice politica dell’attentato, denunciando le pesanti responsabilità dei servizi di sicurezza che deviarono verso una matrice anarchica.
Si cominciò a parlare di una strategia della tensione messa in atto dalla destra per colpire lo stato. Destra e sinistra erano divisi anche sul Terrorismo (rosso e nero) e sul suo modo di operare.
I terroristi di destra eseguivano attentati dinamitardi in luoghi pubblici che provocavano stragi indiscriminate, con lo scopo di diffondere il panico nel paese e favorire una svolta autoritaria. Dopo Piazza Fontana, ci furono Piazza della Loggia, quella sul treno Italicus Roma-Monaco di Baviera e il 2 agosto 1980 quella alla stazione di Bologna, con oltre 800 morti.
L’immagine era di uno Stato debole, corrotto politicamente, con il terrorismo di destra e la possibilità imminente di un colpo di stato. Questi fattori contribuirono alla nascita di un terrorismo di sinistra.
Cominciò così una stagione di attacchi incendiari, sequestri di industriali, di magistrati come il giudice Sossi che al momento del rapimento sosteneva l'accusa contro gruppi terroristici, e l’assassinio programmato del procuratore generale di Genova Francesco Coco che nel maggio 1974 si oppose al rilascio degli otto detenuti ex-militanti del Gruppo XXII Ottobre per la liberazione del giudice Mario Sossi (sequestrato dalle Brigate Rosse), dopo che la Corte d’Assise d'Appello di Genova aveva dato parere favorevole. Autori di queste azioni le Brigate Rosse: il più pericoloso gruppo terrorista di sinistra.
Nel 1978 le Brigate Rosse misero in atto il loro progetto più ambizioso. Il 16 marzo – lo stesso giorno della presentazione in parlamento del nuovo governo Andreotti – un commando brigatista rapì Aldo Moro uccidendo cinque uomini della sua scorta.
A quella giornata, vissuta dal paese con sorpresa e sgomento, seguirono 55 giorni di attesa e polemiche di fronte alla sofferta decisione del governo di non trattare il rilascio di Moro con i terroristi. Il 9 maggio il cadavere di Moro fu trovato abbandonato in una piazza di Roma.
11Crisi della Prima Repubblica: l’imborghesimento e la società laica
Furono chiare le conseguenze politiche del rapimento e dell’uccisione di Moro che più di ogni altro aveva cercato di inserire il PCI tra le forze di governo, sulla base di un vasto accordo fra i principali partiti, che lasciasse però alla DC una funzione preminente.
Questo accordo dopo la morte di Aldo Moro apparve impossibile, al di là della momentanea solidarietà dovuta alla situazione di emergenza democratica. La DC, infatti, fu lacerata dalla durissima prova di quei giorni e le polemiche tra PCI e PSI sulle trattative con le Brigate Rosse lasciarono un segno profondo.
In questa guerra di tutti contro tutti si capisce come il segretario del PSI Bettino Craxi cercasse alleati ovunque e guardasse anche al PCI: a dicembre del 1979 Berlinguer informò il PCI che Craxi aveva detto che, con la crisi di governo in atto, il PSI era a favore della partecipazione del PCI. Proposte di questo tipo, per un governo con il PCI, provenivano anche dalla DC.
Ancora una volta, quando il PCI fu molto vicino ad entrare nel governo accadde qualcosa che ne impedì l’avvento: l’Unione Sovietica invase l’Afghanistan, un’azione internazionale che Enrico Berlinguer, senza mezzi termini, definì una «balordaggine». Così quando ad aprile nacque un nuovo governo Cossiga vi entrò solamente il PSI di Craxi.
Tra i più importanti punti programmatici del suo governo indicò il risanamento della finanza pubblica, che comprendeva anche il raffreddamento della scala mobile e una riforma delle istituzioni.
Scese l’inflazione che portò ad una certa ridistribuzione della ricchezza di cui Craxi ne rivendicò il merito. Ci fu l’aumento dei salari, il tenore di vita degli italiani lentamente migliorò.
L’11 giugno 1984 morì Enrico Berlinguer, colpito da emorragia cerebrale durante un comizio. I suoi funerali furono imponenti, anche più di quanto non lo fossero stati quelli di Togliatti vent’anni prima. Il popolo della sinistra celebrò il dirigente che meglio di ogni altro era sembrato dare voce ai suoi sentimenti.
12La fine della Prima Repubblica e l’avvento di Berlusconi
L’ultimo decennio del Novecento, per la sinistra, si aprì con la necessità di fare i conti con il proprio passato. Poco meno di un anno dopo l’abbattimento del Muro di Berlino, che aveva segnato l’inizio della fine del comunismo nei Paesi dell’Est, il segretario del PCI Achille Occhetto presentò il progetto di trasformazione del PCI in Partito Democratico della Sinistra.
Questa decisione mostrò quanto fosse profonda la trasformazione ideologica di una parte del vecchio PCI, all’interno di cui una parte degli iscritti non l’accettò e si raccolse attorno ad Armando Cossutta, un dirigente che si richiamava alla tradizione e rifiutava una critica radicale dell’esperienza sovietica, dando vita così al nuovo Partito di Rifondazione Comunista.
Le elezioni del 1992 mostrarono che era in corso una svolta, e si avvertirono i primi segnali del sommovimento che si sarebbe verificato due anni più tardi. La crisi dei vecchi partiti non fu il risultato di una dura sconfitta elettorale, ma di un’implosione: la DC raccolse solo il 29% e raccolsero buoni risultati anche i neonati Rifondazione Comunista con il 5% e la Lega Nord con l’8%.
Era il chiaro segnale che gli elettori chiedevano un rinnovamento del ceto politico e la definitiva spinta che fece scoppiare la crisi definitiva venne dall’inchiesta dei giudici milanesi che prese il nome di Tangentopoli e Mani Pulite che portò alla scoperta di una vasta e profonda corruzione nell’ambiente politico italiano.
La rivelazione dell’intreccio tra politica e affari sporchi fu un passaggio necessario per il risanamento di una situazione che rischiava di andare in cancrena. Sul piano politico, dopo il terremoto di Mani pulite, non ci fu un vero e proprio rinnovamento, ma solo un cambiamento delle sigle dei partiti e l’ingresso di una nuova generazione di politici in qualche misura già nutriti della stessa cultura dei predecessori.
Nel 1993 la crisi dei partiti si aggravò. Il 27 marzo fu chiesta l’autorizzazione a procedere contro Giulio Andreotti, accusato di avere avuto rapporti con gli ambienti mafiosi, e insieme a lui anche altri esponenti della DC. Andreotti affrontò il processo e ne uscì con un’assoluzione. Ma l’intensificarsi delle inchieste misero comunque in discussione la credibilità dell’intero mondo politico.
La DC si trasformò in Partito Popolare italiano, al governo Amato si dimise e dopo il governo tecnico con Ciampi, si arrivò alla creazione di nuovi partiti: Gianfranco Fini mutò l’Osi in Alleanza Nazionale e annunciò il suo ingresso in politica anche Silvio Berlusconi.
Alle elezioni del 1994 si verificò qualcosa che parve allora stupefacente, ma che aveva serie motivazioni. Vinse Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi. Il suo successo non può essere spiegato solo con il fatto che Berlusconi possedesse un impero televisivo, quanto più con il vuoto politico che si era aperto al centro e doveva in qualche modo essere riempito.
Forza Italia intercettò molti voti perché riuscì a raccogliere la grande maggioranza degli ex della DC e del PSI. Ma fu qualcosa di più, perché rispondeva meglio della DC alle nuove esigenze poste dallo straordinario sviluppo del mondo delle medie e piccole imprese. Fu dunque l’espressione di un nuovo blocco sociale che cercava una rappresentanza politica e temeva la sinistra al governo.
Una sorta di partito-azienda basato sulla figura del suo fondatore, Silvio Berlusconi, che impostò la nuova fase della politica italiana basata sulla personalizzazione.
Bisogna che la Repubblica sia giusta e incorrotta, forte e umana: forte con tutti i colpevoli, umana con i deboli e i diseredati.
Sandro Pertini
13Guarda il video sul Sessantotto
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Domande & Risposte
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Quando è caduta la monarchia in Italia?
Il 2 giugno 1946 un referendum sancisce la fine della monarchia e la nascita della Repubblica italiana.
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Quando inizia la Seconda Repubblica?
Nel 1994.
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Chi è stato il primo Presidente della Repubblica Italiana?
Enrico De Nicola.
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Com’era l’Italia prima del 1861?
Suddivisa in piccoli Stati ciascuno con il suo re.