Tema sui Trattati di Roma: traccia, svolgimento e conclusione
Tema sui Trattati di Roma: traccia per tema o saggio breve sull'Unione Europea con introduzione, svolgimento e conclusione oltre a spunti di riflessione e documenti
Indice
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Tema svolto sui Trattati di Roma
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Tema su Europa e Trattati di Roma: riflessione iniziale
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Tema su Europa e Trattati di Roma: spunti di riflessione e ricerca su internet
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Come si fa la scaletta per un tema su Europa e Trattati di Roma
- Stesura del testo per un tema su Europa e Trattati di Roma
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Un aiuto in più per i tuoi temi
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Altri temi svolti per la scuola
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Podcast: come scrivere un tema
Tema svolto sui Trattati di Roma
La stipulazione dei Trattati di Roma è stato un evento fondamentale per la storia dell'Unione Europea e il cui anniversario è stato celebrato con grande solennità nel 2017; indice, questo, dell'importanza che viene data a questa tappa della storia recente.
Tema su Europa e Trattati di Roma: riflessione iniziale
Cosa sappiamo di questa Europa storicamente sempre in guerra e oggi unita tra molte contraddizioni? Il percorso storico-politico è molto interessante e ha visto proprio recentemente una delle tappe più importanti il 25 marzo del 2017 in occasione dei sessant’anni dei trattati di Roma. Per le ultime generazioni è facile immaginare un’Europa in armonia, dove ci si può spostare liberamente e dove ci si sente un po’ ovunque a casa. Eppure le cose non sono state sempre così… basta solo riflettere con più attenzione su alcuni passaggi fondamentali per capire che quanto stiamo vivendo oggi nel vecchio continente è il frutto di un processo difficile, con molti aspetti contraddittori e molti obiettivi ancora da raggiungere.
Tema su Europa e Trattati di Roma: spunti di riflessione e ricerca su internet
Il 25 marzo del 1957 a Roma, la Città Eterna, fu disegnata una nuova, prima vera Europa unita. Al Campidoglio, nella sala degli Orazi e Curiazi del Palazzo dei conservatori, sei Paesi del Vecchio Continente firmarono il Trattato per la costituzione della Comunità economica (CEE) e Il trattato istitutivo della Comunità Europea per l'Energia atomica (CEEA, o Euratom). Gli Stati firmatari erano Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Fu quello un momento epocale e di passaggio, che gettò le basi per la la nascita dell’Unione Europea, realizzatasi nel 1992 con il Trattato di Maastricht, E successivamente perfezionato col Trattato di Lisbona del 2007 per il quale oggi lo stesso Trattato di Roma oggetto di celebrazione – e qui di commento – ha assunto la denominazione di TFUE, Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Per capire l’importanza di quei giorni, e il perché oggi sia così importante non solo celebrarli formalmente, ma cercare di trarre da essi linfa vitale per il futuro, è necessario tornare indietro a quel 25 marzo del 1957, e capire come vi si era arrivati: dopo due guerre mondiali, era divenuto evidente agli Stati europei che ci fosse la necessità di spingere sul versante dell’unione, e non della separazione a tutti i costi, che fino ad allora era stata esaltata da quei nazionalismi che tanto dolore e tanta arretratezza avevano portato in Italia, in Germania, in Spagna, e poi ancora in seguito in Portogallo, in Grecia e così via.
Vi era già stato l’esperimento della Società delle Nazioni, nata in seguito alla Grande Guerra, la quale aveva però fallito proprio nel suo obiettivo principale: mantenere la pace ed evitare lo scoppio di un conflitto tra i suoi partecipanti, esattamente il contrario di quanto avvenne con la Seconda Guerra Mondiale. Così, ora gli Stati avevano cominciato a capire qualcosa di fondamentale, e qualcosa di più rispetto al passato: e cioè che la pace non può fondarsi esclusivamente sul reciproco riconoscimento di libertà e dignità politiche, se queste non trovano sostegno nelle altrettanto fondamentali basi economiche dei singoli Paesi.
Sicché, le premesse per uno sviluppo pacifico e duraturo si svilupparono a partire dagli interessi comuni: il cambiamento era sostanziale poiché si passava da un atteggiamento di prevaricazione e di annullamento reciproco a uno di collaborazione e cooperazione.
E il raggiungimento di questi obiettivi diventava tanto più significativo quanto più si considerava che l’intero processo di integrazione europea doveva necessariamente passare dalla conclusione delle ostilità secolari tra i due Paesi per i quali erano deflagrate tutte le guerre più sanguinose degli ulti secoli: Francia e Germania. Bisognava insomma, nel giro di pochi anni, trasformare 400 anni di “ostilità franco-tedesca” – che si era manifestata sin dall’antica Guerra dei trent’anni, passando per l’Unità raggiunta dalla Germania nel 1871, il successivo “revanscimo” francese e le imposizioni monstre alla Germania sconfitta a seguito della Prima Guerra, con conseguente invasione nazista e istituzione del governo fantoccio di Vichy - in “amicizia franco-tedesca”.
Se questo poteva sembrare impossibile, soprattutto alla luce della divisione in seno alla Germania stessa che continuerà per tutto il periodo della Guerra Fredda, si deve però considerare, anche in chiave di speranza per il nostro futuro, che ogni tempo ha i propri uomini destinati a spendersi per un progetto e un’idea più grande dei singoli campanilismi ed egoismi. Ecco dunque il Manifesto di Ventotene, in cui si legge:
«Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era sarà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali.»
Ed ecco quindi le parole del politico francese Jean Monnet, che nel 1943 ebbe a dire:
«Non ci sarà pace in Europa se gli Stati verranno ricostituiti sulla base della sovranità nazionale (…) gli Stati europei sono troppo piccoli per garantire ai loro popoli la necessaria prosperità e lo sviluppo sociale. Le nazioni europee dovranno riunirsi in una federazione.»
Ed ecco infine – dopo gli illustri precedenti, che hanno avuto il grande merito di credere in un’Europa unita quando ancora era in pieno corso il fuoco della Guerra Mondiale, con tutti i suoi orrori – la famosa Dichiarazione Schuman, dal nome del Ministro degli esteri francese che nel 1950 ebbe finalmente l’intuizione decisiva: la comunione di intenti non basta. E’ necessario eliminare alla radice la possibilità che Francia e Germania, e di conseguenza e di riflesso tutti gli altri Paesi, trovino occasione di litigio tra di esse. Nella Dichiarazione, quindi, si sostiene:
«L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L’unione delle nazioni esige l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l’azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania.»
Da qui in poi, non fu tutto in discesa, né tutto rose e fiore. Se l’Europa non può farsi in una sola volta, significa che bisogna procedere per forza di strappi, errori, sbagli e pericoli di cedimento “strutturale”. Però, fu proprio da queste basi che si sviluppò la successiva comunione di intenti tra i vari Paesi: prima di tutto economica, poi politica, infine sociale. Obiettivi condivisi, strategie volte all’interdipendenza per poter fronteggiare le super-potenze economiche che proprio nel dopoguerra cominciarono a dettare legge sui mercati internazionali: è del 1952, due anni dopo la Dichiarazione Schuman, la nascita della CECA, la Comunità Europa del Carbone e dell’Acciaio che, mettendo in comune la produzione di materie fondamentali, doveva evitare che conflitti nascessero per il dominio del mercato di queste. Come a dire, unirsi per non essere schiacciati, quasi facendo di necessità virtù, reagendo ai repentini cambiamenti del mondo.
Dalla CECA alla CEE, Comunità economica europea, oggetto principale dei Trattati di Roma, il passo fu non breve né meramente necessitato, ma fondamentale: estendendo il concetto di controllo condiviso, questa volta non più alla sola produzione di merci (per quanto importanti), bensì anche alla fruizione di libertà fondamentali, si intendeva far venir meno le premesse per conflitti che dalla negazione, o dall’usurpazione, di quelle libertà trovavano spesso occasione: così, dai Trattati di Roma del 1957 alla creazione di un Mercato Comune (1968), il processo di integrazione europeo cominciò a prendere realmente vigore, superando anche l’iniziale bisogno di fare dell’Europa un “centro di controllo” dei soli interessi di Francia e Germania.
Col Mercato Comune, già previsto proprio dai Trattati di Roma di cui in questo 2017 si celebra un importante compleanno, vengono infatti istituite quelle quattro libertà fondamentali, sempre ribadite nel tempo, su cui ancora oggi si basa l’Europa, come concetto politico, come fondamento economico, come base sociale: libera circolazione di persone, servizi, merci e capitali. Il che significa abbattimento delle dogane tra i vari Paesi. Il che significa, creazione le premesse perché i liberi cittadini della libera Europa possano scegliere da chi farsi rappresentare, con le prime elezioni del Parlamento Europeo, a suffragio universale, avvenute nel 1979. Il che significa garantire un futuro non “inclusivo”, non chiuso su se stesso, per i giovani che oggi vengono identificati nella "generazione Erasmus".
I quali ultimi, se possono attraversare i confini ormai solo geografici tra uno Stato europeo e l’altro senza dover sottostare a pratiche burocratiche, a dazi o a qualunque altra forma di limitazione, anche solamente giuridica, lo devono proprio alla libera circolazione di persone garantita nel Mercato Unico, la creazione del quale era prevista (nell’arco di 12 anni) dai Trattati di Roma, che sono l’evoluzione del trattato istitutivo della CECA che per primo, concretamente, ha dato il là al processo di integrazione europeo, sviluppatosi successivamente nel Trattato di Maastricht e nel Trattato di Lisbona.
Con il che, il cerchio si chiude.
Lo sconvolgimento delle guerre fu quindi l’humus in cui nacque la nostra Europa, passo dopo passo. Quasi dando ragione alla visione di Fritjof Capra, infatti, essa ha sognato di costruirsi all’insegna della cooperazione e non più della sopraffazione:
«Tutti gli organismi macroscopici, compresi noi stessi, sono prove viventi del fatto che le pratiche distruttive a lungo andare falliscono. Alla fine gli aggressori distruggono sempre se stessi, lasciando il posto ad altri individui, che sanno come cooperare e progredire. La vita non è quindi solo una lotta di competizione, ma anche un trionfo di cooperazione e creatività. Di fatto, dalla creazione delle prime cellule nucleate, l’evoluzione ha proceduto attraverso accordi di cooperazione e di coevoluzione sempre più intricati» (Fritjof Capra – “La rete della vita”)
Può in effetti essere molto interessante sposare questa visione dell’Europa come una struttura composta da elementi monocellulari che si uniscono andando a creare un organismo pluricellulare in cui ogni parte ha il suo compito e collabora alla salute di tutto il corpo. Come ogni organismo complesso, tuttavia, l’Europa non è riuscito a perseguire ogni suo obiettivo e non è riuscita a superare anche molti particolarismi culturali o economici. In tempi recenti si è visto come il fenomeno dell’immigrazione abbia messo in crisi l’organismo-Europa, incapace di organizzarsi sia al livello pratico, sia al livello politico. Oggi l’Europa, il sogno dei padri fondatori che avevano vissuto il dramma di due guerre partorite dalla divisone e dalla gelosia degli Stati, vive un momento di grande fragilità sotto la spinta, nuovamente, di derive autarchiche come quella della Gran Bretagna che con la Brexit ha deciso - coraggiosamente, imprudentemente? Solo la storia saprà dircelo - di uscire da questo progetto di Europa unita.
Leggiamo uno stralcio di Fabio di Nunno:
«Proprio questo 2017, anno celebrativo per l’Ue, è anche un anno fondamentale per il futuro dello stesso processo di integrazione europea. Le elezioni in Olanda, in Francia e in Germania rappresentano il pericolo di un’ulteriore crescita delle forze xenofobe e di estrema destra; la questione Brexit e la gestione dell’uscita del Regno Unito dall’Ue ha aperto scenari inesplorati, con il rischio di spinte centrifughe (innanzitutto in Scozia); le rigidità di alcuni Paesi dell’Europa Centro-Orientale (Polonia, Ungheria, Reubblica Ceca) nell’accettare il ricollocamento dei richiedenti asilo da Grecia e Italia hanno minato profondamente la fiducia nella solidarietà europea; le politiche economiche di austerità hanno incrinato il giudizio sull’Ue, un tempo assai positivo anche in Italia, delle opinioni pubbliche degli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo. Inoltre, la nuova situazione geopolitica internazionale, dovuta alla nuova attitudine degli Stati Uniti di Donald Trump nei confronti dell’Ue e della Nato, all’aggressività della Russia e della Turchia e ad innumerevoli altre situazioni crisi, chiama l’Europa a compiere scelte coraggiose in tema di politica estera, di difesa e di sicurezza. D’altronde, spesso sono state proprio le circostante internazionali a spingere i Paesi europei a procedere verso forme più accentuate di integrazione.» (F.
Di Nunno su cittanuova.it)
Nella celebrazione di questo importante anniversario il premier Gentiloni ha accolto le delegazioni degli altri Stati con un discorso molto accorato di cui riporto uno stralcio:
«Serve il coraggio di voltare pagina, abbandonando una visione della nostra economia affidata a piccole logiche di contabilità, talvolta arbitrarie. Il coraggio di procedere con cooperazioni rafforzate, dove è necessario e quando è possibile. E soprattutto il coraggio di mettere al centro i nostri valori comuni. Parlo dei valori che ci fanno sentire tutti colpiti quando il Parlamento Britannico è sotto attacco. Che ci fanno gioire quando riapre i battenti il Bataclan. Che ci fanno essere orgogliosi delle donne e degli uomini di quell’avamposto europeo della civiltà che è Lampedusa. Colleghi, non vi nascondo la mia emozione nel partecipare a questo appuntamento. Per concordare la Dichiarazione che firmeremo oggi, tutti abbiamo rinunciato a qualcosa in nome dell’interesse comune. È lo spirito giusto per ripartire.»
La celebrazione ha portato alla stesura di un nuovo documento che, sull’onda lunga del Libro bianco sul futuro dell’Europa del marzo di quest’anno (in cui ci si interroga su quali strade l’Unione a 27 Paesi, priva del Regno Unito, debba intraprendere per continuare il processo di integrazione euorpea), permetta proprio di ripartire da alcune linee comuni da seguire a tutti i costi se si vuole tornare coesi e competitivi sullo scenario internazionale.
Ecco i punti dell’accordo. Gli Stati membri dell’Unione Europea si impegnano a costruire:
1. Un'Europa sicura: un'Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un'Europa determinata a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.
E’ esplicito qui il riferimento alla grave crisi migratoria degli ultimi anni, nonché al fenomeno del terrorismo, con riferimento anche alla difficoltà di applicare politiche europee realmente condivise, magari modificando quei trattati internazionali che “legano le mani” agli stessi Paesi maggiormente colpiti dal traffico migratorio.
2. Un'Europa prospera e sostenibile: un'Unione che generi crescita e occupazione; un'Unione in cui un mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e medie imprese; un'Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell'Unione economica e monetaria; un'Unione in cui le economie convergano; un'Unione in cui l'energia sia sicura e conveniente e l'ambiente pulito e protetto.
Qui il riferimento è uno dei più scottanti: l’Unione Europea trae spunto e origine, come visto, dall’unione economica, e oggi anche dall’unione monetaria. Quest’ultimo temo però, e spesso a causa di letture demagogiche e frettolose della realtà dei fatti, è uno dei più cavalcati dalle attuali forze anti-europeiste dei vari Paesi (discorso a parte va fatto per il Regno Unito, in cui tali forze non hanno premuto sul versante della moneta unica, in quanto i sudditi di sua Maestà non hanno mai adottato l’euro come propria moneta).
L’Europa ribadisce il proprio bisogno di far passare messaggi positivi e concreti attorno alle possibilità legate all’appartenenza al Mercato Unico.
3. Un'Europa sociale: un'Unione che, sulla base di una crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza, difendendo nel contempo l'integrità del mercato interno; un'Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali; un'Unione che promuova la parità tra donne e uomini e diritti e pari opportunità per tutti; un'Unione che lotti contro la disoccupazione, la discriminazione, l'esclusione sociale e la povertà; un'Unione in cui i giovani ricevano l'istruzione e la formazione migliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente; un'Unione che preservi il nostro patrimonio culturale e promuova la diversità culturale.
La preservazione del patrimonio culturale passa anche attraverso il riconoscimento della miopia delle istituzioni europee di alcuni anni fa, le quali video nella sola politica dell’austerity (applicata in Grecia, in Spagna, in Portogallo e – pur se in misura minore – in Italia) il farmaco migliore per affrontare la crisi economica. Ma l’austerity se da una parte aiuta a rilanciare un Paese, dall’altra sacrifica la dignità stessa dei lavoratori e fa passare in secondo piano (con la scusa che “ci sono problemi più grandi da affrontare, prima”) le vicende legate alla lotta per un riconoscimento, e il relativo mantenimento, dei diritti di ognuno. Infine, la lotta contro l’esclusione sociale e la povertà richiama nuovamente il concetto di guerra al terrorismo, il quale ultimo prospera proprio in situazioni di degrado urbano, che pure, come abbiamo visto, hanno colpito le principali capitali europee – a partire proprio da quella Bruxelles, così importante, anche solo simbolicamente, per il passato, il presente e il futuro dell’Europa.
4. Un'Europa più forte sulla scena mondiale: un'Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuova la stabilità e la prosperità nel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l'Africa e nel mondo; un'Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un'industria della difesa più competitiva e integrata; un'Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarità con l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali; un'Unione attiva in seno alle Nazioni Unite che difenda un sistema multilaterale disciplinato da regole, che sia orgogliosa dei propri valori e protettiva nei confronti dei propri cittadini, che promuova un commercio libero ed equo e una politica climatica globale positiva.
Non si nomina mai l’America, in questo punto, ma essa è certamente sullo sfondo: le difficoltà del mondo arabo, ultimamente portate ancora di più all’esasperazione dall’isolamento internazionale del Qatar, la dissidenza interna in Russia e l’inchiesta statunitense sull’ingerenza proprio dei russi nelle libere elezioni americane, le quali hanno portato a Washington un’anomalia (almeno, per la politica a stelle e strisce) come Trump, nonché infine la stessa frattura sociale che comincia ad intravedersi negli States in seguito alla vittoria del tycoon newyorchese hanno portato importanti esponenti della politica europea ad esprimersi in tal senso: se il resto del mondo non fa passi avanti, l’Unione Europea ha il dovere di non tirarsi indietro, e fare invece la propria parte nella storia contemporanea.
Sono punti cruciali, e che se non portati avanti con forza, anche contro le spinte populistiche e anti-coesive esistenti in seno all’Unione, finiranno per rimanere lettera morta. Però bisogna ricordare che ogni tempo ha i propri uomini destinati a spendersi per un progetto e un’idea più grande dei singoli campanilismi ed egoismi. Ci sono stati questi uomini, ci sono state queste idee, quando ancora divampava il fuoco distruttore della Guerra e la pace sembrava un’utopia impossibile. E allora, maggior ragione oggi, che l’UE può persino vantare un Nobel per la pace datato 2012, gli uomini di buona volontà sono chiamati a spendersi perché l’idea alla base dei Trattati di Roma, l’unione tra anime diverse in nome di un bene superiore, non si trasformi in un ricordo del passato.
Come si fa la scaletta per un tema su Europa e Trattati di Roma
Come scaletta per il tuo tema sull'anniversario dei trattati di Roma, utile per la Maturità 2017, posso consigliarti la solita e tradizionale, anche se scolastica.
- Introduzione.
- Presentazione dell’argomento.
- Discussione degli articoli ed elaborazione dell’argomento.
- Conclusioni.
Stesura del testo per un tema su Europa e Trattati di Roma
Introduzione
A seconda del tuo gusto puoi scegliere di fare riferimento a un particolare avvenimento inerente al tema, oppure letteralmente “fondere” l’introduzione e la presentazione dell’argomento. Scegli bene anche lo stile da utilizzare: se procedi a frasi brevi, darai risalto all’aspetto più emozionale; con periodi più lunghi, invece, porrai l’attenzione sul ragionamento.
Presentazione dell’argomento
Scegli bene come presentare la tua tesi sull’argomento. L’importante è far capire al lettore in che modo parlerai dei trattati di Roma: essendo un tema importante e difficile, devi necessariamente documentarti bene. Scegli una linea precisa, per non cadere in una mera elencazione di visioni diverse. Crea dinamismo nel tuo tema o nel tuo saggio.
Elaborazione dell’argomento
All’interno degli articoli citati, puoi trovare tante strade per interpretare correttamente il fenomeno: ricordati di citarli in modo corretto, ossia evitando citazioni lunghissime che appesantiscono il tuo elaborato e sottraggono spazio alla tua riflessione. Una volta che avrai inquadrato il fenomeno da tanti punti di vista, proponi delle soluzioni che abbiamo buon senso: che siano cioè attuabili.
Conclusioni
Sei adesso alle conclusioni. Rileggi bene il tuo testo. Sei riuscito a creare un elaborato che dica qualcosa di interessante? Ricontrolla anche il modo in cui hai usato i documenti. Controlla bene anche l’ortografia. Bene, consegna.
Preparati alla prima prova della maturità con le nostre tracce svolte:
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Tema sullo scrittore siciliano per i 150 dalla nascita - Tema svolto sulla compassione
Traccia per interrogarsi sul ruolo della compassione nella società attuale, se esiste ancora e con quali mezzi si esprime oggi - La Brexit, un evento che ha cambiato l'Unione Europea
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Tema svolto per la traccia di attualità, tutte le riflessioni sul delicato argomento per la prima prova scritta
Un aiuto in più per i tuoi temi
Essere in grado di scrivere un buon tema alle Medie e alle Superiori è fondamentale per poter comunicare efficacemente, sviluppare le proprie capacità cognitive, prepararsi al mondo dell'università e del lavoro, migliorare la propria creatività.
Saper scrivere bene, infatti, racconta molto di sé e per questo motivo è importante saperlo fare nel migliore dei modi. Ecco qualche strumento che può tornarti utile:
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