La peste nel Decameron: riassunto
La peste nel Decameron: la descrizione della peste fatta da Giovanni Boccaccio nel Trecento, attraverso la sua opera. Spiegazione e riassunto
Indice
Peste nel Decameron
La descrizione della peste, introduzione al Decameron del Boccaccio, è un vivido documento della situazione politica e sociale del tempo all’interno della città di Firenze. La pestilenza ha sconvolto tutti gli equilibri preesistenti, comportando un ribaltamento dei valori, infatti si verificano fatti scandalosi per la mentalità del tempo.
La gente, nella descrizione che Boccaccio fa degli eventi, si divise in gruppi di diversa opinione: alcuni erano convinti di poter scampare alla pestilenza vivendo moderatamente e in completo isolamento, cibandosi di delicatissimi cibi e ottimi vini; di diversa opinione erano altri che si davano a una vita licenziosa, godendo di tutti i divertimenti possibili tenendosi comunque lontani dagli ammalati.
Approfittando della morte di molte persone i sopravvissuti, non avendo più freni inibitori, approfittavano delle proprietà altrui senza che nessuno dicesse niente: la città, infatti, era caduta nell’anarchia. Essendo morta la maggior parte dei funzionari pubblici, le leggi non erano più rispettate.
Peste: conseguenza
Di conseguenza in questo clima anche i costumi morali subirono una decadenza: il Boccaccio cita come esempio il fatto che le donne non avevano più il pudore di non farsi curare da persone dell’altro sesso ma senza alcuna vergogna ogni parte del corpo aprire.
La gente non si faceva problemi ad abbandonare anche un familiare malato nella logica di pensare solo alla propria sopravvivenza. I servi, spinti da una irrefrenabile sete di guadagno, erano gli unici ad assistere gli ammalati, almeno in teoria: l’autore dice infatti che assistevano solo immobili alla morte del padrone senza intervenire, per poi ammalarsi molto probabilmente a loro volta e non riuscire neanche a sfruttare i loro guadagni.
Nelle campagne i contadini non si occupavano più del bestiame facendolo scappare per i campi, visto che gli uomini non pensavano a ricavare profitti dai campi o dalle bestie ma di spendere quelli già guadagnati in attesa della morte.
In questo clima di rovesciamento dei costumi si dice che la peste abbia ucciso nella sola città di Firenze centomila persone.
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