Perché così poche donne nelle STEM?

Come mai ci sono poche donne nelle STEM? Come mai è più semplice associare la scienza agli uomini e non alle donne? La spiegazione di Ilaria Lucrezia Rossi

Perché così poche donne nelle STEM?
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Donne e STEM

Perché così poche donne nelle STEM?
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Studio fisica alla Sapienza e ieri sera mi sono messa a passare in rassegna i miei docenti: su tutti gli esami che ho sostenuto, ho contato 28 uomini e 5 donne… La domanda che mi sono fatta è perché, e la risposta è articolata, complessa e certamente incompleta. Qui ne riporterò una parte.

L’immagine della persona di scienza: l’esperimento “Draw a Scientist”

Immagina una persona di scienza: chi ti viene in mente? Albert Einstein? O un altro uomo che scarabocchia simboli alla lavagna?
Una domanda analoga è stata posta nel tempo a bambini di età di scienza nella serie di esperimenti “Draw a scientist”, in cui si richiedeva loro di disegnare una persona di scienza. In tutti i casi in cui è stato svolto l’esperimento, dagli anni Ottanta fino ai giorni nostri e in diverse parti del mondo, sono state riscontrate due tendenze importanti:

  • La maggior parte disegna scienziati uomini
  • All’aumentare dell’età di bambini la percentuale di uomini disegnati aumentava
  • A disegnare scienziate donne sono principalmente le bambine

In Italia è stato fatto lo stesso esperimento su un campione di 1300 studentə tra i 6 e i 13 anni:

  • il 90% dei disegni rappresentava uno scienziato uomo un po’ attempato
  • il 50% delle bambine più piccole (6-8 anni) ha disegnato scienziate donne
  • la percentuale di scienziate diminuisce molto con l’aumentare dell’età: ragazze più grandi hanno disegnato per lo più scienziati uomini

Il pregiudizio di genialità

Cresciamo con il pregiudizio che lə scienziatə sia un uomo attempato che lavora da solo e riesce a raggiungere grandi risultati grazie alla sua immensa intelligenza e a un’idea geniale che gli viene all’improvviso. Nell’idea diffusa di ricerca non esiste collaborazione né equipe di ricerca, e i grandi risultati seguono a colpi di genio del singolo scienziato maschio. 

Si chiama pregiudizio di genialità e i dati suggeriscono che sia appreso proprio con l’andare avanti del percorso scolastico. 

Uno dei motivi alla base di questo pregiudizio è che moltissime donne geniali sono state cancellate dalla storia: avete idea di come si siano evoluti i primi computer? Grazie alle donne.

Come è nata la programmazione?

Il pannello di controllo principale dell'ENIAC
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L’Eniac, il primo computer digitale multiuso entrato in funzione nel 1946, era stato programmato da sei donne. E prima dei computer erano proprio le donne a fare da calcolatrici umane risolvendo equazioni complesse per le forze armate dei loro paesi. Ma tutto questo la maggior parte delle persone non lo sa.

L’informatica: una professione femminile

Negli anni ’50 il settore della programmazione era marcatamente femminile, e moltissime riviste come Cosmopolitan raccomandavano alle proprie lettrici di abbracciare quella professione; la pioniera dell’informatica Grace Hopper diceva:

“È come quando si organizza una cena, bisogna solo prepararsi in anticipo e predisporre tutto in modo tale che sia pronto quando serve. Ci vogliono pazienza e attenzione ai dettagli: per questo dico che le donne hanno un talento naturale per la programmazione

Tutto ciò ha funzionato finché i grandi industriali non si resero conto che programmare non era affatto un lavoro meccanico e poco specializzato come battere a macchina o tenere un archivio, ma richiedeva capacità avanzate di risoluzione dei problemi.

Fu a quel punto che iniziarono ad investire nella formazione dei propri dipendenti maschi e a sviluppare sistemi di reclutamento del personale solo all’apparenza obiettivi, che a ben vedere erano però discriminatori verso la componente femminile.

A lungo andare, le donne vennero tirate fuori dalla professione informatica, e i profili psicologici dei candidati andarono pian piano a costituire lo stereotipo del programmatore che abbiamo ancora oggi: maschio, nerd, ossessionato dalla programmazione e con scarse attitudini sociali, che non ha alcuna attinenza con l’effettiva capacità nel lavoro.

La mancanza di modelli

Ancora oggi per una bambina o una ragazza è difficile trovare modelli a cui poter somigliare in ambito scientifico, e questo è un notevole freno alle sue aspirazioni. Da piccolə si forma l’immagine che si ha di sé - chi si è e chi si aspira a diventare - e per costruirla si attinge ai modelli che la società propone e rappresenta: principesse, supereroi, scienziati… non scienziate. Le proposte che cartoni animati, libri e film propongono per le bambine sono mamme, principesse, e in generale tutto ciò che ha un ruolo passivo o servile.

Anche i giochi che compriamo a bambini e bambine sono diversi: trenino e costruzioni per lui, bambola e kit delle pulizie per lei, e questo impatta tanto sull’immaginario che nelle loro menti si forma, sia sullo stesso sviluppo dei sensi. Mentre un maschietto attraverso giochi dinamici può facilmente sviluppare delle capacità logiche e di coordinazione, i giochi per le bambine stimolano tutt’altro e si focalizzano sull’aspetto dell’accudimento (che del resto nella nostra società è a carico proprio delle donne). 

Il problema linguistico

Diverso è anche il modo in cui ci rivolgiamo a bambine e bambini: lui è intelligente, lei è studiosa; lui è esuberante, lei è scalmanata; lui è coraggioso, lei è tenera e così via. 

Tutto ciò ha un peso enorme sull’immagine che le bambine formano di sé stesse, tanto che già all’età di 6 anni considerano i bambini più bravi in giochi e attività che sono “really, really smart” rispetto alle bambine… così alla fine le bambine non si sentono adatte a fare scienza, e così non la scelgono come percorso di vita.

La forbice delle carriere

I problemi per le donne nella scienza purtroppo però non si fermano all’infanzia: anche una volta completati gli studi universitari, le donne che lavorano in ambito scientifico (come del resto tutte le donne) sono soggette a infiniti pregiudizi inconsci e discriminazioni di genere che ostacolano il proseguire delle loro carriere.

Grafico tratto dal documento sul bilancio di genere dell’Università La Sapienza
Fonte: redazione

In questo grafico tratto dal documento sul bilancio di genere dell’Università La Sapienza si osserva come la percentuale di donne in percorsi STEM, benché sempre inferiore rispetto a quella maschile, subisca un crollo considerevole con l’avanzare della carriera. E tutto ciò nonostante le donne si laureino mediamente più in fretta e con voti più alti.

L’andamento tipico di questo grafico, con un'apertura laterale, è chiamato forbice delle carriere.  

Alla base di questo risultato ci sono molteplici fattori: il carico del lavoro domestico che grava principalmente sulle donne, i bias inconsci che spingono a giudizi diversi sulla base del genere a parità di competenza, le problematiche dovute alle politiche di maternità, le maggiori aspettative richieste alle donne rispetto ai colleghi uomini e le discriminazioni attive sul luogo di lavoro, che includono - tra le tante cose - commenti sessisti e molestie.

Commenti sessisti al Dipartimento di Fisica Sapienza
Fonte: redazione

Tempo di cambiamento

È fondamentale che tuttə lavoriamo individualmente e collettivamente per cambiare questa realtà. Fortunatamente la situazione sta migliorando, ma c’è ancora tantissimo lavoro da fare. Uno dei migliori modi per iniziare è senza dubbio quello di informarsi sul tema e prenderne consapevolezza, e per farlo ti consiglio un’opera magistrale: il saggio Invisibili, di Caroline Criado Perez. Un libro che mi ha cambiato la vita e che offre una prospettiva a 360 gradi sulle discriminazioni di genere ai giorni nostri.

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