Pandemia e lockdown: gli effetti sui giovani e come uscirne

Si torna a vivere, a frequentare la scuola, si parla di vaccini. Ma quali sono gli effetti sui giovani a breve e lungo termine dopo tanti mesi di lockdown e pandemia? Ne abbiamo parlato con un esperto. Ecco l'analisi ed i consigli per far fronte ai mesi che verranno

Pandemia e lockdown: gli effetti sui giovani e come uscirne
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LOCKDOWN E PANDEMIA, GLI EFFETTI SUGLI STUDENTI

Si parla di vaccini, di ritorno a scuola, di riapertura dei musei... non un vero e proprio ritorno alla normalità ma un tentativo di allentare la morsa che da tanti mesi tiene in casa milioni di persone: studenti in didattica a distanza, adulti in smartworking, limiti alla mobilità, palestre chiuse e limitate le attività che consentivano a tutti, compresi i più giovani, di socializzare e stare insieme.
Ma con quale realtà dovremo confrontarci ora e con i mesi a venire? Quali sono gli effetti, soprattutto sui più giovani e fragili, di questa situazione? Cosa si può fare per comprenderli meglio e aiutarli? Lo abbiamo chiesto al Prof. Gabriele Giorgi, Professore associato di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni presso l’Università Europea di Roma.

1 - Quali sono gli effetti più evidenti sugli studenti del lockdown e di tutti questi mesi in didattica a distanza?

G.G.  - La letteratura scientifica evidenzia come i giovani siano una delle categorie che più hanno risentito gli effetti psicologici della pandemia. In una recente review – disponibile su open acces – ho evidenziato come le sintomatologie più comuni siano la perdita di fiducia, la perdita di speranza nel futuro e la manifestazione di episodi di forte stress.  Dall’altra parte incombe anche il rischio di una iper-tecnologizzazione. Gli studenti, infatti, appartengono ad una categoria generazionale che già si caratterizzava per un uso elevato di mezzi tecnologici e pertanto un’immersione così forte ed improvvisa può rappresentare quella goccia che, facendo traboccare il vaso dello stress digitale, potrebbe anche dar luogo a episodi di hikikomori – una forma estrema di isolamento definita anche suicidio sociale. L’ipertecnologizzazione rischia di agire sull’isolamento, rendendo lo studente più distante dalle sue emozioni e dalle quelle degli altri. Infatti, i dispositivi tecnologici possono imporre una connessione permanente con tali attività, riducendo la possibilità che le esperienze di recovery e di distacco psicologico possano aver luogo.

2 - Chi sono i giovani che da questa situazione ne escono maggiormente penalizzati?

Prof. Gabriele Giorgi
Fonte: redazione

G.G. - Tutti i giovani escono sconfitti in questa situazione pandemica. Possiamo evidenziare tuttavia dei maggiori rischi per le categorie più fragili (per esempio disabili) oppure per coloro che sono in una fase di transizione della propria vita (scelta universitaria, diploma, laurea). Questi ultimi infatti rischiano di essere influenzati anche dallo stress economico e dalla paura di fare delle scelte sbagliate e di non realizzarsi pienamente.

3 - Quali saranno le ripercussioni di questa situazione sull'equilibrio dei ragazzi, sulla loro psiche, nel medio e lungo periodo?

G.G. - Purtroppo, anche in questo caso le prospettive non sono così incoraggianti, ma è corretto evidenziare i rischi in modo da prevenirli e combatterli. Gli effetti psicologici delle pandemie sembrano protrarsi a lungo nel tempo: per 2-3 anni susseguenti alla conclusione della stessa.  Inoltre lo stress prolungato rischia di trasformarsi in sintomatologie più gravi come ansia e depressione. Importante, pertanto, che gli studenti si vaccinino anche dal punto di vista psicologico.

4 - Che consigli darebbe ai ragazzi che ci stanno leggendo? Come far fronte a questa situazione?

G.G. - Ognuno ha delle proprie strategie di fronteggiamento dei problemi, in gergo coping. Vanno individuate e messe in pratica. Importante seguire le proprie passioni, aspirazioni, sogni. Inseguire la libertà anche dietro ad una mascherina o durante i periodi prolungati nella propria stanza non fa certamente male.

Così come saper innovare, cambiare e crescere. Imparare che nella vita ci possono essere dei momenti di stop e di fragilità per ognuno di noi, ma non per questo tutto è e perduto.  Ci possono comunque essere delle strade alternative che mai avremmo probabilmente intrapreso.

5 - Cosa può fare la famiglia per ridurre/alleviare i disagi?

G.G. - È molto importante che in famiglia si utilizzi l’intelligenza emotiva ovvero un set di competenze apprendibili che possono aiutare l’attività genitoriale accrescendone la consapevolezza di sé, l’autogestione e la gestione delle relazioni in casa. Spesso le emozioni in famiglia, in periodo così bui, vengono razionalizzate o celate. È invece strategico un dialogo emotivo pieno tra genitori e figli.

6 - Cosa avrebbero potuto fare secondo Lei la scuola e le istituzioni in generale per gestire meglio la situazione?

G.G. - Le istituzioni devono promuovere una formazione integrale di tutti i suoi studenti accompagnandoli in ambito accademico/scolastico, umano, sociale ed emotivo. Vanno forniti pertanto maggiori programmi di sviluppo umano. Una best practice italiana è proprio l’università internazionale in cui sono incardinato: l’Europea di Roma. Sulla stessa lunghezza d’onda molte aziende in un periodo così difficile hanno creato degli sportelli di ascolto e di supporto psicologico, hanno implementato dei programmi di coaching psicologico e di mentoring, riconoscendo e valorizzando le fragilità di tutti. Anche nelle scuole e nelle università sarebbe importante che si supportassero emotivamente gli studenti, oggi più che mai soggetti alle costrizioni della didattica a distanza. 

7 - Come sarà, a suo avviso, il mondo dopo il lockdown e l'esperienza della pandemia? Cosa avremo imparato, cosa ci saremo persi?

G.G. - Ci siamo persi tantissimo, in primis vite umane che supereranno quelle di tante guerre. Anche potenzialità economiche. E poi tanta spensieratezza e spontaneità. Dalle tante restrizioni subite mi auguro che si possa dare maggior valore sia alle piccole cose che tanto ci mancano, ma anche a quelle più importanti. Forse tutti si renderanno più conto dell’importanza dell’istruzione, dello studio, e del sapere scientifico talvolta poco valorizzati dagli stessi studenti, dalle istituzioni e dalle aziende. Come infatti ci ricorda Desiderius Erasmus Roterodamus  “La principale speranza di una nazione risiede nella corretta educazione della sua gioventù".

8 - C'è qualcosa di positivo che pensa ci abbia portato la pandemia sia a livello personale che globale?

G.G. - La pandemia ha portato sicuramento un cambiamento, ed il cambiamento è in fin dei conti anche vita. Come dico spesso a lezione ai miei studenti se l’azienda non è in grado di cambiare muore! Sarà necessario sfruttare al massimo le potenzialità offerte dall’accelerazione tecnologica vissuta per fornire formazione di qualità a studenti e lavoratori in modo da poter sviluppare a pieno quelle competenze che risulteranno particolarmente attraenti all’interno di un rinnovato mercato del lavoro.

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