L'Orlando Furioso raccontato da Italo Calvino
Riassunto di Italo Calvino racconta l’Orlando furioso, libro che riprende i temi del poema di Ariosto e li mette in prosa. Trama breve
Indice
Orlando furioso
L'Orlando furioso è il poema epico più famoso di Ludovico Ariosto. Composto da 46 canti in ottave, l'Orlando Furioso riprende la tradizione del ciclo carolingio e del ciclo bretone, ed è un classico di tutti i tempi.
Quello che non tutti sanno è che Italo Calvino ha realizzato una versione in prosa di questo grande classico, in cui il poema è raccontato in maniera più semplice, come nello stile del grande scrittore. L'Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino è stato pubblicato per la prima volta nel 1970.
Vediamo dunque la trama di questo romanzo.
L'Orlando furioso raccontato da Italo Calvino
Angelica, la bella figlia del re del Catai, inviata nel campo dei cristiani per distogliere dalla guerra i cavalieri di Carlo Magno, viene promessa dall’imperatore a colui che ucciderà in battaglia il maggior numero di nemici. Ma le sorti non sono favorevoli per i cristiani, così Angelica, posta sotto la sorveglianza del duca Nano di Baviera, un vecchio e saggio guerriero, approfitta della confusione e fugge via sul suo destriero.
Nella fuga per il bosco vede arrivare Rinaldo, innamorato di lei per aver bevuto dalla fontana dell’amore, viceversa Angelica lo odiava perché si era dissetata alla fonte dell’odio. Appena visto il cavaliere, le bellissima figlia del re del Catai indietreggia con il cavallo e riprende la fuga, mentre Rinaldo, incontrato il pagano Ferraù, che pure ama Angelica, e si scontra con lui.
Angelica si addormenta in un angolo, ma si risveglia improvvisamente a causa del calpestio di un cavaliere: è Sacripante, re di Circassia, anche lui innamorato di lei. Quando Rinaldo arriva sul posto, si scontra con Sacripante, mentre Angelica continua a fuggire.
Figura del tutto diversa da quella di Angelica è Bradamante, bella e gelida amazzone animata da alti ideali come il dovere, il valore e le virtù. Lei, intrepida guerriera cristiana, passa velocemente per il bosco e disarciona all'istante Sacripante, lasciandolo stordito e mortificato di fronte ad Angelica.
Ruggero e Bradamante
La rapida corsa attraverso il bosco serve a rintracciare Ruggero, di cui è innamorata. La fanciulla incontra, però, presso una fonte, Pinabello di Magonza, un cavaliere solitario privato della sua dama da un misterioso cavaliere alato.
Bradamante scopre da Pinabello che Gradasso e Ruggero, due valorosi campioni dell'esercito saraceno, avevano combattuto contro il misterioso cavaliere alato e che, abbagliati dalla luce di un suo magico scudo, erano stati fatti prigionieri. Bradamante decide così di raggiungere il castello per liberarli. Pinabello le si offre come guida, ma, lungo il cammino, avendola riconosciuta come nemica, la tradisce facendola precipitare in una profonda caverna.
Qui Bradamante incontra la maga Melissa, che le insegna come potrà vincere il mago Atlante, il cavaliere alato che tiene prigioniero Ruggero. Così Bradamante sfida il mago, che compare sull’ippogrifo, un mostro alato, mezzo cavallo e mezzo grifone, con il suo scudo incantato.
Bradamante finge di esserne abbagliata e cade a terra, poi, d’improvviso, si rialza e assale il mago.
Ma quando sta per vibrare il colpo mortale, si vede davanti un vecchio venerando dal viso rugoso e dai capelli bianchi, che le svela la ragione dei suoi incantesimi. Ha cresciuto Ruggero e lo ama come un figlio: per lui ha creato quel luminoso castello, per lui ha rapito donne e cavalieri che gli rendessero meno penosa la solitudine. Ruggero non deve toccare il suolo di Francia, altrimenti diventerebbe cristiano, e perderebbe la vita come il suo destino comanda.
Bradamante obbliga il mago a sciogliere i suoi incantesimi: il castello sparisce e donne e cavalieri si trovano in aperta campagna. Ma Bradamante e Ruggero non saranno felici a lungo: Ruggero cavalca l’ippogrifo, che, d’improvviso, lo solleva e lo porta di nuovo lontano, nell’isola d’Alcina, dove la maga perfida che vi abita, come Circe, attrae i cavalieri che poi trasforma in piante o in animali.
Carlo Magno e le truppe inglesi, giunte a Parigi grazie alla dall’arcangelo Michele e dal Silenzio, costringono i Saraceni a ritirarsi dopo un lungo e duro combattimento.
Sul campo cristiano però resta, vittima della sua stessa foga, un giovane re, Dardinello. Per recuperare la sua salma e non lasciarla insepolta in terra nemica, due amici, Cloridano e Medoro, penetrano negli accampamenti dei cristiani. Di notte, mentre i guerrieri dormono profondamente negli accampamenti, i due amici fanno strage di tutti quelli che incontrano sul loro cammino. Infine trovano la salma del sovrano, la prendono e tornano indietro. Ma i due vengono scoperti da un drappello di guerrieri cristiani guidati da Zerbino. Cloridano abbandona subito il cadavere del re e fugge, ma non vedendosi seguito dall’amico, ritorna indietro.
La pazzia di Orlando
Medoro è accerchiato dai nemici: per salvarlo Cloridano lancia, nascosto nella selva, le sue frecce, ma quando vede che un soldato ferisce l'amico, esce dall’agguato, si getta nella mischia e cade morto accanto all’amico.
Orlando, durante la ricerca affannosa di Angelica, capita in un bosco, qui vede incisi sull’ingresso di una grotta i nomi Angelica e Medoro, soccorso casualmente da Angelica, che dopo averlo preso, portato nella capanna del pastore, curato e guarito, l’aveva infine sposato. Orlando, a questa notizia, cade in una profonda tristezza, quindi si abbandona al terribile furore dando chiari segni di pazzia.
La tristissima condizione d’Orlando muove la compassione di suo cugino Astolfo che, salito con l’ippogrifo nel paradiso terrestre, scopre da San Giovanni Evangelista che Orlando è così ridotto perché ha trascurato il suo dovere di cavaliere cristiano e si è innamorato di una pagana.
Il suo senno è in una grossa ampolla, depositata sulla Luna, dove si trovano tutte le cose da noi perdute sulla terra, tranne la pazzia, che invece rimane tutta sul nostro pianeta. Astolfo trova l’ampolla contenente il proprio senno e l’aspira, quindi porta via con se un’ampolla grossa, su cui è scritto “senno d’Orlando”.
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