L'Orlando Furioso raccontato da Italo Calvino

Riassunto di Italo Calvino racconta l’Orlando furioso, libro del 1995 che riprende i temi del poema di Ariosto e li mette in prosa. Trama breve

Orlando furioso

Illustrazione dell'Orlando furioso di Ariosto
Illustrazione dell'Orlando furioso di Ariosto — Fonte: getty-images

L'Orlando furioso è il poema epico più famoso di Ludovico Ariosto. Composto da 46 canti in ottave, l'Orlando Furioso riprende la tradizione del ciclo carolingio e del ciclo bretone, ed è un classico di tutti i tempi.

Quello che non tutti sanno è che esiste una versione in prosa dell'opera: è stata scritta da Italo Calvino e racconta il poema in modo più semplice, come nello stile del grande scrittore.

Vediamo dunque la trama di questo romanzo.

L'Orlando furioso raccontato da Italo Calvino

Angelica, la bellissima figlia del re del Catai inviata nel campo dei cristiani per distogliere dalla guerra i cavalieri di Carlo Magno, viene promessa dall’imperatore a colui che ucciderà in battaglia il maggior numero di nemici. Ma le sorti non sono favorevoli per i cristiani, così Angelica, posta sotto la sorveglianza di un vecchio e saggio guerriero, il duca Nano di Baviera, approfitta della confusione e fugge via sul suo cavallo.

Nella fuga per il bosco vede arrivare Rinaldo, che l’amava perché aveva bevuto alla fontana dell’amore, mentre leo lo odiava perché si era dissetata alla fonte dell’odio. Appena visto il cavaliere, Angelica volge indietro il cavallo e riprende la fuga mentre Rinaldo, incontrato il pagano Ferraù, che pure ama Angelica, si scontra con lui.

Angelica si addormenta in un angolo, ma la risveglia d’improvviso il calpestio di un cavaliere: è Sacripante, re di Circassia, anche lui innamorato di lei. Quando Rinaldo arriva sul posto, si scontra con Sacripante, mentre Angelica fugge ancora.

Figura del tutto diversa da quella di Angelica è Bradamante, bella e gelida amazzone animata dai più alti ideali: il dovere, il valore, la virtù. Lei, intrepida guerriera cristiana, passa rapida per il bosco e disarciona all'istante Sacripante, lasciandolo stordito e mortificato di fronte ad Angelica.

Ruggero e Bradamante

La sua corsa veloce attraverso il bosco serve a rintracciare Ruggero, di cui è innamorata. La fanciulla incontra, invece, ad una fonte un cavaliere solitario che si rivela essere Pinabello di Magonza, privato della sua dama da un misterioso cavaliere alato.

Bradamante, saputo da Pinabello che due valorosi campioni dell’esercito saraceno, Gradasso e Ruggero, avevano combattuto contro il misterioso cavaliere alato, ma, abbagliati dalla luce di un suo magico scudo, erano stati fatti prigionieri, fugge nuovamente per raggiungere al castello e liberarli. Pinabello le si offre come guida, ma, lungo il cammino, avendola riconosciuta come nemica, la tradisce facendola precipitare in una profonda caverna.

Qui Bradamante incontra la maga Melissa, che le insegna come potrà vincere il mago Atlante, il cavaliere alato che tiene prigioniero Ruggero. Così Bradamante sfida il mago, che compare sull’ippogrifo, un mostro alato, mezzo cavallo e mezzo grifone, e manovra il suo scudo incantato.  

Bradamante finge di esserne abbagliata e cade a terra, poi, d’improvviso, sorge e assale il mago. Ma quando sta per vibrare il colpo mortale, si vede innanzi a ad un vecchio venerando dal viso rugoso e dai capelli bianchi, che le svela la ragione dei suoi incantesimi. Ha allevato Ruggero e lo ama come figlio: per lui ha creato quel luminoso castello, per lui ha rapito donne e cavalieri che gli rendessero meno penosa la solitudine. Ruggero non deve toccare il suolo di Francia, altrimenti diventerebbe cristiano, e perderebbe la vita come il suo destino comanda.

Bradamante obbliga il mago a sciogliere i suoi incantesimi: il castello sparisce e donne e cavalieri si trovano in aperta campagna. Ma Bradamante e Ruggero non saranno felici a lungo: Ruggeroo cavalca l’ippogrifo, che, d’improvviso, lo solleva e lo porta di nuovo lontano, nell’isola d’Alcina, la maga perfida, che, come Circe, attrae i cavalieri e poi gli trasforma in piante o in animali.

Carlo Magno, aiutato dalle truppe inglesi che arrivano a Parigi guidate dall’arcangelo Michele e dal Silenzio, costringono i Saraceni a ritirarsi dopo un lungo e duro combattimento.

Sul campo cristiano però resta, vittima dela sua stessa foga, un giovane re, Dardinello. È per recuperare la sua salma e non abbandonarla insepolta in terra nemica che due amici, Cloridano e Medoro, penetrano negli accampamenti dei cristiani. È notte: i guerrieri cristiani dormono profondamente nei loro accampamenti e Cloridano e Medoro fanno strage di tutti quelli che incontrano sul loro cammino. Trovano infine la salma del sovrano, se la caricano sulle spalle e tornano indietro.

Ma ormai le tenebre vanno dileguandosi e i due amici vengono scoperti da un drappello di guerrieri cristiani guidati da Zerbino. Cloridano abbandona subito il cadavere del re e fugge, ma non vedendosi seguito dall’amico, ritorna indietro.

La pazzia di Orlando

Medoro è accerchiato dai nemici: per salvarlo Cloridano lancia, nascosto nella selva, le sue frecce, ma quando vede che un soldato ferisce l'amico, esce dall’agguato, si getta nella mischia e cade morto accanto all’amico.

Orlando, nella sua ricerca affannosa d’Angelica, capita in un bosco, vede incisi sull’ingresso di una grotta i nomi d’Angelica e Medoro, soccorso casualmente da Angelica, che l’aveva raccolto, portato nella capanna del pastore, curato e guarito e l’aveva infine sposato. Orlando, a questa notizia, cade in una profonda tristezza, quindi si abbandona a terribile furore dando chiari segni di pazzia.

La tristissima condizione d’Orlando muove a compassione Astolfo, suo cugino, che, salito con l’ippogrifo nel paradiso terrestre, scopre da San Giovanni Evangelista che Orlando è così ridotto, perché ha trascurato il suo dovere di cavaliere cristiano e si è innamorato di una pagana.

Il suo senno è in una grossa ampolla, depositata sulla Luna, dove si trovano tutte le cose da noi perdute sulla terra, tranne la pazzia, che invece rimane tutta sul nostro pianeta. Astolfo trova l’ampolla contenente il proprio senno e l’aspira, quindi porta via con se un’ampolla grossa, su cui è scritto “senno d’Orlando”.

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