Seneca: le opere ( 3° parte)
Opere scritte durante la rottura con Nerone e la produzione drammatica.
Seneca: Indice
Vita - Contesto Storico - Opere - Approfondimenti
Le opere e i periodi più salienti di Seneca:
- Durante l'esilio: Le Consolationes
- Al ritorno dall'esilio: L' Apolokuntosis (o Ludus de Morte Claudii)
- Collaborazione con Nerone: De ira, De clementia, De tranquillitate animi
- Rottura con Nerone e ritiro dalla politica: De otio, De beneficiis, De beneficiis, Naturales quaestiones, Epistulae ad Lucilium
- La produzione drammatica
LA ROTTURA CON NERONE E IL RITIRO DALLA VITA POLITICA
Il declino della fortuna politica di Seneca coincise con quello di Agrippina in seno alla corte imperiale: il suo assassinio, che la tradizione attribuisce a Nerone, e la morte di Afranio Burro segnarono la fine di un periodo e affrettarono la disgrazia politica di Seneca.
Un’opera prelude al ritiro della vita politica: si tratta del De otio, composto nel 62 a.C. , in cui è possibile misurare il fallimento del progetto senechiano. Il De otio segna una svolta nel pensiero del filosofo rispetto al De tranquillitate animi: infatti nel De otio Seneca proclama la superiorità dell’esistenza dedicata agli studi nei confronti della vita politica.
Il saggio stoico non rifiuta la vita politica totalmente: egli si dedicherà ad essa ed offrirà il suo contributo se sarà bene accetto, ma sarà pronto a ritirarsi se il suo aiuto si rivelerà inutile o ci saranno impedimenti di natura esterna a rendere impossibile il suo lavoro. «Se la res publica è troppo corrotta per poter essere aiutata, se è oscurata dai mali, il saggio non farà tentativi inutili, né si impegnerà, non potendo essere il alcun modo di giovamento»(De otio 3,3).
La produzione filosofica scientifica di Seneca fu molto copiosa negli anni di allontanamento dalla corte: dal 62 al 65 , egli compose il De beneficiis in 7 libri, le Naturales quaestiones, e le 124 Epistulae ad Lucilium.
Nel De beneficiis Seneca afferma che il legame tra il beneficato ed il benefattore costituisce la base della convivenza umana e fornisce un’ampia casistica, da cui risaltano la bontà del benefattore e la riconoscenza del beneficiato. Alcune pagine dell’opera alludono alla delusione di Seneca, causata dalla rottura con Nerone, che prima si era mostrato liberale e benevolo, poi invece, l’aveva allontanato. Ma anche nei momenti amari del ritiro dalla vita politica Seneca ribadisce i punti fondamentali del suo programma: la necessità per un principe di circondarsi di collaboratori valenti e virtuosi e di seguire un modello di sovranità virtuosa e giusta.
Nel 62 Seneca compone e pubblica un’opera di contenuto scientifico erudito: sono i 7 libri delle Naturales quaestiones, che trattano della natura dei corpi celesti e dei fenomeni del cielo, delle acque, dei venti e dei fenomeni tellurici.
Le Epistulae ad Lucilium, le lettere indirizzate al fedele discepolo ed amico, costituiscono il punto di arrivo del pensiero senechiano: ormai l’etica stoica non è più usata come base per un progetto di collaborazione con l’imperatore, ma come giustificazione per il ritiro dalla vita politica e per l’opposizione al dispotismo assoluto di Nerone.
Le Epistole sono generalmente considerate uno dei massimi testi della sapienza antica: si fa notare che in esse la filosofia stoica porta l’autore a posizioni molto vicine al pensiero cristiano e a quello moderno. A riprova di ciò si portano le pagine famose, in cui Seneca consiglia umanità e moderazione verso gli schiavi, o in quelle in cui esprime disgusto per i sanguinari spettacoli del circo.
Il pensiero di Seneca nell’ultimo periodo della sua vita attesta il vero significato di cultura d’opposizione, che la tradizione aristocratica aveva acquistato sotto i Giulio-Claudii: al despota dissoluto e sanguinario, si oppone l’uomo virtuoso e dai costumi severi, dedito allo studio della filosofia e al perfezionamento della propria interiorità.
Non è un caso che la storiografia senatoria abbia rivalutato la figura di Seneca proprio in seguito a quest’ ultima fase della sua vita: infatti egli era stato sempre criticato per il suo atteggiamento ambiguo, disposto talvolta per ambizione ad avvallare i delitti di Nerone; si ricorda la sua complicità nell’assassinio di agrippina, quando al matricida aveva dato coraggio e profuso consigli; gli si rimprovera di aver agito in modo non conforme ai suoi principi, di aver accumulato ricchezze ed onori e di aver vissuto nel lusso.
Tutte queste accuse scompaiono quando Seneca si allontana dalla corte imperiale trasformandosi nella severa figura del sapiente stoico, perseguitato dal potere di cui fu alla fine egli stesso vittima.
LA PRODUZIONE DRAMMATICA
Ci sono stata tramandate sotto il nome di Seneca dieci tragedie, di cui 9 di argomento greco e solo una, l’Octavia, ambientata a Roma: ma si tratta certamente di opera non senechiana, prima di tutto perché Seneca compare come uno dei personaggi del dramma(nessun autore drammatico aveva mai rappresentato sé stesso nei suoi lavori) e in secondo luogo perche la morte di Nerone è descritta in maniera troppo precisa per essere stata scritta prima che l’evento si verificasse(infatti Seneca è morto dopo Nerone).
Le altre nove tragedie si incentrano su argomenti mitologici:
Ispirate ad Euripide sono: Hercules furens, Traodes, Phoenissae, Medea e Phaedra;
ispirate al teatro di Sofocle sono: Oedipus e il Thyestes;
ispirata ad Eschilo è l’Agamennon.
E’ ipotesi ampiamente diffusa che le tragedie di Seneca non fossero composte per la rappresentazione a teatro, ma per la declamazione durante le recitationes, ovvero delle pubbliche letture declamate in apposite sale chiamate odèa (l’odeion in Grecia era il luogo dove provavano gli attori ed i cori).Una tale circostanza non ha mancato di influire sullo stile: l’enfasi, i toni macabri, la ricerca di pathos era no artifici particolarmente adatti ai drammi che dovevano carpire l’attenzione dell’ascoltatore attraverso la forza espressiva della parola.