Opere di Plutarco: Vite parallele e Moralia

Le Vite Parallele e Moralia di Plutarco: descrizione del corpus dell'autore greco che tratta le vite di celebri personaggi greci e romani

Opere di Plutarco: Vite parallele e Moralia
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PLUTARCO: OPERE

Ritratto di Plutarco
Fonte: istock

Il corpus di Plutarco comprende due grandi gruppi di opere: ottantatrè Scritti Morali, denominati anche Moralia, e ventidue coppie di biografie, intitolate Vite Parallele, riguardanti le vite di personaggi illustri greci e romani, messi a confronto, e comprendenti anche quattro Vite isolate. In ogni coppia, un personaggio greco e uno romano sono abbinati sulla base di somiglianze a volte fondate, a volte generiche e talvolta arbitrarie; la trattazione di ogni coppia si conclude, tranne che in pochi casi, con un esplicito confronto, mentre le altre quattro Vite non seguono il solito schema e hanno uno svolgimento autonomo.

Di tutti gli scritti plutarchei, noi ne possediamo circa cento.

PLUTARCO: VITE PARALLELE

Le coppie delle Vite Parallele, costituite ciascuna da un personaggio greco e da uno romano, sono le seguenti:

  • Teseo e Romolo,
  • Licurgo e Numa,
  • Solone e Publicola,
  • Temistocle e Camillo,
  • Pericle e Fabio Massimo,
  • Alcibiade e Coriolano,
  • Timoleonte e Paolo Emilio,
  • Pelopida e Marcello,
  • Aristide e Catone maggiore,
  • Filopemene e Tito Quinzio Flaminio,
  • Pirro e Mario,
  • Lisandro e Silla,
  • Cimone e Lucullo,
  • Nicia e Crasso,
  • Sertorio ed Eumene,
  • Agesilao e Pompeo,
  • Alessandro e Cesare,
  • Focione e Catone minore,
  • Agide e Cleomene e Tiberio e Caio Gracco,
  • Demostene e Cicerone,
  • Demetrio e Antonio,
  • Dione e Bruto.

Le Vite isolate sono di:

  • Artaserse II,
  • Arato di Sicione,
  • Galba,
  • Otone.

Tenendo presente, però, che in un caso la coppia è duplice, Agide e Cleomene da una parte e Tiberio e Caio Gracco dall'altra, la biografie plutarchee pervenuteci sono complessivamente cinquanta; la loro cronologia è alquanto incerta e difficile da stabilire con precisione.

VITE PARALLELE: MOTIVI E FINALITA' DELL'OPERA

Nelle Vite Parallele, Plutarco dichiara esplicitamente di non voler creare un'opera storica, ma piuttosto aneddotica, basandosi sulle caratteristiche principali dei personaggi menzionati e mirando a scopi moralistici e pedagogici. Plutarco afferma subito che non intende affrontare un'indagine di carattere storico, ma scrivere biografie. Dopo una dichiarazione così solenne ed esplicita, non ha senso pretendere, come hanno fatto alcuni studiosi, che Plutarco si impegni in una ricostruzione organica degli eventi storici e in un'attenta analisi delle loro cause, in quanto egli non è e non vuole essere uno storico. La storia gli è utile, ma solo come sfondo, mentre il suo interesse è tutto rivolto ai personaggi menzionati. Cornelio Nepote aveva adottato gli stessi criteri un secolo e mezzo prima, nel De Virisillustribus, opera in cui aveva anche, in un certo senso, anticipato l'idea delle Vite Parallele, alternando per ognuna delle sezioni in cui il suo scritto si suddivideva, un libro dedicato ai Romani a un altro dedicato ai Greci. Anche le Vite dei Cesari di Svetonio, quasi contemporaneo di Plutarco, si presentavano organizzate secondo gli stessi criteri aneddotici.

Nelle Vite parallele, Plutarco ricorre spesso, oltre che agli aneddoti, all'uso di numerose fonti greche e romane, menziona elementi appartenenti della sfera del divino e del meraviglioso ed esprime retorici giudizi comparativi, per rivendicare la dignità di grandi uomini greci; infatti, in tutti i paragoni fra la vita di un personaggio greco e quella di un personaggio romano, Plutarco privilegia sempre il personaggio greco, mettendone in evidenza i suoi pregi e le sue qualità, per spingere i Romani ad imitarle.

Nel preferire sempre il personaggio greco a quello romano, Plutarco differisce da Cornelio Nepote, autore di un'opera in cui esalta, invece, i personaggi romani.

OPERE DI PLUTARCO: VITE PARALLELE E MORALIA A CONFRONTO

La cronologia delle vicende menzionate in quest'opera plutarchea, appare, in alcuni punti, incerta. Nonostante questo limite, le Vite Parallele sono considerate la più celebre sezione delle opere plutarchee. In esse, è riscontrabile la stessa nostalgia del passato, la stessa esigenza etica, lo stesso intrecciarsi di curiosità, di memorie e di riflessioni presenti nei Moralia. Nelle Vite Parallele, è diverso il genere letterario in cui questi elementi si inseriscono. Nei Moralia, i modelli letterari sono talvolta il dialogo platonico e talvolta la diatriba cinico-stoica, trattati, però, in maniera così originale, da far pensare alla saggistica moderna; nelle Vite parallele, invece, il genere letterario ripreso da Plutarco, è quello biografico, che inizia a diffondersi nell'età ellenistica.

Ricostruendo le biografie di illustri personaggi del mondo greco e romano, Plutarco crea una sorta di "disseppellimento" degli eroi e dei valori antichi; l'autore stesso afferma che questo "disseppellimento" deriva dalla nostalgia del passato, ma non ha il significato né di un ripudio del presente né di un isolamento dal mondo circostante.

Nelle Vite Parallele, i personaggi menzionati appaiono come figure paradigmatiche che, implicando anche manipolazioni della realtà storica, suscitano sentimenti differenti nell'animo dell'autore: si passa da una carta indifferenza all'aperta ammirazione e alla partecipazione simpatetica agli eventi dei personaggi. L'eredità lasciata da Plutarco ai posteri consiste in un insieme di ritratti di uomini eccezionali e ricchi di virtù, che irrompono sulla scena della vita sfidando le leggi del destino e andando coraggiosamente incontro alla morte, valorosi sia nella vittoria che nella sconfitta, grandi sia nel bene che nel male; queste sono le caratteristiche peculiari degli eroi plutarchei, le cui azioni si svolgono sempre in un'atmosfera tesa ed enfatica, come se si trovassero su un palcoscenico.

Nelle Vite Parallele, vengono descritte svariate situazioni: di ansia, di patimento, di rabbia, di sofferenza, di orrore, di esultanza, di gioia; i gesti, gli atteggiamenti e le espressioni dei protagonisti sono quasi teatrali e sembrerebbero, quindi, adatti a un pubblico di spettatori. Plutarco non espone ciò che succede o è accaduto, ma ciò che si fa, rappresentandolo in significative sequenze di immagini; le battute presentano, a seconda delle necessità richieste dal racconto, una struttura basata sul dialogo o sul monologo. In ogni brano, c'è un solo personaggio principale che emerge sugli altri, considerati semplici "comparse", e su cui si concentra tutta l'attenzione di chi legge. La morte dei protagonisti rappresenta il culmine e la fine dell'azione, che viene arricchita di pathos, il quale compare, appunto, soprattutto nella descrizione delle scene delle morti tragiche ed eroiche. Continua a leggere: opere e stile di Plutarco

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