Novella e racconto: caratteristiche e differenze tra i due generi
Indice
1Novella e racconto: le forme della narrazione breve
La novella e il racconto sono due forme della narrazione che hanno molti punti di contatto. Per questo motivo risulta sempre molto difficile distinguere l’una dall’altra, al punto tale che, nel linguaggio comune, ci si trova spesso a sovrapporle. In entrambi i casi, infatti, ci troviamo di fronte a una narrazione breve in prosa, che si contrappone a quella più lunga e articolata del romanzo, con personaggi umani, a differenza della favola, e quasi esclusivamente con contenuti verosimili, contrariamente alla fiaba.
Su quest’ultimo aspetto bisogna però prestare attenzione: novelle e racconti possono presentare motivi fiabeschi come l’avventura, la fortuna e il lieto fine, nonché alcuni elementi fantastici; nonostante ciò, differiscono dalla fiaba per alcune importanti proprietà, come l’ambientazione in un periodo storico e in un ambito geografico ben definiti e la presenza di una precisa identità sociale e culturale dei personaggi.
Novella e racconto presentano delle caratteristiche comuni, che possono essere così sintetizzate:
- sono narrazioni brevi, soprattutto se paragonate al romanzo;
- presentano una trama meno complessa rispetto a quella del romanzo, spesso incentrata su una sola vicenda;
- i personaggi, umani e verosimili, sono solitamente pochi e non viene dato ampio spazio alla loro caratterizzazione psicologica, nonostante presentino comunque una propria psicologia;
- la loro fruizione da parte del lettore si consuma in un lasso di tempo relativamente breve.
2Differenze tra novella e racconto
Se, a livello strutturale e contenutistico, novella e racconto hanno molti punti di contatto, il grande discrimine tra l’una e l’altra forma è da effettuare su base storica. Possiamo, infatti, considerare il racconto come la naturale e fisiologica evoluzione della novella, e che è andato via via a sostituirla a partire dall’Ottocento, con tempi più o meno lunghi a seconda dello Stato in cui questa trasformazione si è verificata. In Italia, ad esempio, fino ai primi decenni del Novecento le narrazioni brevi erano chiamate “novelle” dagli autori, dalla critica, e dai fruitori (i lettori). Per comprendere cosa c’è alla base di questa evoluzione, e di conseguenza quali sono quelle piccole differenze tra novella e racconto, bisognerà quindi ripercorrere la storia di questi generi.
2.1La novella: nascita e storia
Da un punto di vista prettamente etimologico, il termine "novella" viene dal latino novellus (nuovo); si riferisce, quindi, alla novità e all’originalità di quanto raccontato. L’origine della novella è da rinvenirsi nell’Oriente antico, tra India, Cina ed Egitto. Fu in quest’area che iniziò a prendere piede la trasmissione – dapprima esclusivamente orale – di narrazioni brevi.
Non mancano esempi anche all’interno della tradizione classica, sebbene inseriti all’interno di opere di altro genere. È il caso, in Grecia, delle Storie di Erodoto (V secolo a.C.) e, a Roma, del Satyricon di Petronio (I secolo d.C.) e delle Metamorfosi di Apuleio (II secolo d.C.).
Per trovare le prime testimonianze scritte di una novellistica autonoma e consapevole bisogna però tornare in area orientale: è qui che nasce il Panchatantra, la più nota (e probabilmente la più antica) raccolta di storie indiane. Non sappiamo con precisione quando sia stata composta, ma secondo alcuni dei più noti studiosi l’opera è da datarsi tra il II e il VI secolo d.C.
Più tarda di qualche secolo è invece Le mille e una notte, raccolta di novelle orientali la cui redazione si è sviluppata in più secoli, a partire dal X d.C., per giungere alla sua forma attuale tra il XV e il XVIII d.C. Sono gli anni del Medioevo: è in quest’epoca che il genere della novella giunge a maturazione, dando vita a un’importante tradizione sia in Oriente che in Occidente.
In Italia, la prima raccolta novellistica è rappresentata dal Novellino: si tratta di un’antologia di cento novelle, composte presumibilmente alla fine del Duecento in volgare toscano e che sono state tramandate in forma anonima; non ne conosciamo, quindi, l’autore, presumibilmente fiorentino.
Il capolavoro di questo genere è, però, il Decameron di Giovanni Boccaccio (1313-1375), la raccolta novellistica più importante della letteratura italiana. Sono cento le novelle contenute in quest’opera, inserite all’interno di una più ampia cornice narrativa: in una Firenze in preda alla peste del 1348, dieci giovani amici – sette ragazze e tre ragazzi – decidono di allontanarsi dalla città e cercare rifugio in campagna.
Qui i dieci personaggi trascorrono il tempo e si intrattengono raccontandosi quotidianamente una novella ciascuno, seguendo un preciso regolamento. Pur essendo tutte diverse le cento novelle raccontate, i temi in esse trattati vertono sull’esaltazione della fortuna, dell'amore e dell’intelligenza, le tre forze che – secondo Boccaccio – guidano le azioni degli uomini. Ne emerge un ritratto della realtà cittadina e mercantile dell’Italia di quegli anni.
Contemporaneamente al Decameron di Giovanni Boccaccio vengono scritti, in Inghilterra, i Canterbury Tales, il cui autore è Geoffrey Chaucer (1343-1400). Si tratta di una raccolta di ventiquattro novelle, scritte tutte (con l’eccezione di due) in versi. Anche in questo caso la struttura dell’opera prevede una cornice, probabilmente ispirata proprio all’opera di Boccaccio: un gruppo di trenta pellegrini, in viaggio da Southwark verso Canterbury per visitare la tomba di san Tommaso Becket, decide di raccontarsi delle storie. Anche in questo caso, il risultato è uno spaccato della società contemporanea, caratterizzata dal tramonto del feudalesimo e dallo sviluppo delle città.
È priva di cornice, invece, la raccolta di novelle di un altro italiano, Franco Sacchetti (1332-1400), scritta alla fine del Trecento: si tratta del Trecentonovelle, in cui la coesione è garantita dalla presenza stessa dell’autore-narratore, che spesso interviene nei brani, commentandoli. Siamo di fronte all’opera più significativa di quella tradizione novellistica nata in seguito al successo di Boccaccio, capostipite di una fiorente produzione trecentesca, soprattutto in ambiente toscano.
Una produzione che inizia a conoscere un declino nel Cinquecento, per poi quasi arrestarsi nel Seicento e nel Settecento. Gli autori italiani di novelle più importanti di questi secoli sono:
- Masuccio Salernitano (1410-1475), autore di una raccolta di cinquanta novelle intitolata Novellino;
- Matteo Bandello (1485-1561), tra le cui Novelle (raccolta di 214) spicca per importanza La sfortunata morte di due infelicissimi amanti, dalla cui trama prenderà spunto William Shakespeare per scrivere Romeo e Giulietta;
- Giambattista Basile (1566-1632), con il suo Lo cunto de li cunti overo Lo trattenemiento de peccerille, una raccolta di 50 novelle scritte in dialetto napoletano, dai toni fiabeschi e popolareschi, inserite all’interno di una cornice narrativa, su modello boccacciano.
Se dovessimo, quindi, tracciare un profilo della novella di matrice medievale e rinascimentale, la descriveremmo come una narrazione rapida, priva di digressioni, che presenta caratteri di novità e, per questo motivo, risulta particolarmente interessante al lettore. Spesso ha anche un fine istruttivo, contenuto nella morale; la struttura risulta semplice e, di frequente, inserita all’interno di un impianto più grande, quello della cornice.
3L’evoluzione da novella a racconto nell’Ottocento
È a partire dall’Ottocento che, in tutta Europa, la narrazione breve conosce una nuova fioritura: diversi autori decidono di affidarsi a questa forma narrativa per raccontare la realtà del loro tempo, in continua evoluzione dopo le grandi rivoluzioni della fine del Settecento. Così come la società, anche la novella progressivamente si trasforma: sfugge a un rigido inquadramento, recidendo i legami con l’eredità boccacciana e rinascimentale, e abbraccia sempre più generi.
È in questo secolo che, in quasi tutta Europa, il termine "novella" lascia il posto a quello di "racconto". Uno dei motivi di questa trasformazione lessicale è sicuramente l’affermazione del romanzo come nuovo genere narrativo predominante all’interno del panorama letterario europeo; in inglese, infatti, il romanzo è chiamato "novel", e la somiglianza tra i due termini avrebbe potuto creare delle ambiguità. L’Italia rappresenta, in tal senso, un’eccezione: qui il termine "novella" continua, nel corso dell’Ottocento, a essere il più utilizzato per riferirsi alla narrativa breve, come testimonia il titolo dell’opera Novelle rusticane, una delle raccolte di novelle di Giovanni Verga.
È possibile suddividere le novelle e i racconti scritti nell’Ottocento in due grandi filoni:
- Il filone fantastico. A questa categoria appartengono gli scrittori della tradizione gotica, tra cui Ernst Theodor Amadeus Hoffman (1776-1822) e, soprattutto, Edgar Allan Poe (1809-1849), che con i suoi racconti horror può essere considerato l’iniziatore del racconto poliziesco, della letteratura dell'orrore e del giallo psicologico.
- Il filone realistico. Appartengono a questa categoria gli autori della scuola naturalista francese, il cui intento è quello di riprodurre il più fedelmente possibile la realtà e la natura, armandosi della più pura obiettività, come farebbe uno scienziato. I più importanti esponenti di questa corrente sono Émile Zola (1840-1902) e Guy de Maupassant (1850-1893), nei cui racconti vengono spesso indagati gli strati più bassi della società, in tutta la loro miseria e il loro abbrutimento, o la piccola borghesia con la sua corruzione. Sotto l’influenza del Naturalismo francese si sviluppa, in Italia, la corrente del Verismo, che condivide l’idea di una narrazione quanto più possibile fedele alla realtà. Viene utilizzato un linguaggio semplice e popolare, spesso dialettale; grande spazio viene dato alla questione meridionale. I più importanti autori di racconti appartenenti a questa corrente sono Luigi Capuana (1830-1915) e Giovanni Verga (1840-1922). Di quest’ultimo celebri sono le novelle Rosso Malpelo (1878) e La roba (1880), nonché le raccolte Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1883).
Non rientra in questa categorizzazione la Russia, dove l’Ottocento è il secolo durante il quale si sperimenta per la prima volta la narrazione breve, novella o racconto che essa sia, spaziando dal realistico al fantastico. I più grandi esponenti di questo genere letterario sono Aleksandr Puškin (1799-1837), con I racconti di Berkin, Anton Čechov (1860-1904), i cui circa seicentocinquanta racconti, pubblicati su varie riviste russe soprattutto fra il 1883 e il 1887, sono poi confluiti in un’unica raccolta, e Nikolaj Gogol’ (1809-1852), con i Racconti di Pietroburgo.
3.1Il Novecento e l’affermarsi del racconto
È con il Novecento che la novella lascia definitivamente il posto al racconto. A partire da questo secolo, la narrazione breve conosce un ampliamento nei temi, nelle forme e nei generi, divenendo sempre più ricca e complessa.
In Italia, tantissimi autori decidono di affiancare alla forma del romanzo, ormai predominante, quella del racconto. Ne è un esempio illustre Luigi Pirandello (1867-1936), con le sue Novelle per un anno, ma non vanno dimenticati – tra gli altri – anche e Dino Buzzati (1906-1972), Cesare Pavese (1908-1950), Beppe Fenoglio (1922-1963) e Italo Calvino (1923-1985), nella cui produzione letteraria trova ampio spazio anche la narrazione breve, spesso ispirata al Neorealismo, un orientamento culturale il cui proposito è quello di raccontare la realtà storica e sociale dell’Italia del secondo dopoguerra, nel passaggio dal Fascismo alla Repubblica.