Notturno di Gabriele d'Annunzio: riassunto e commento

Riassunto e commento del Notturno di Gabriele d'Annunzio, il lungo racconto della malattia e della cecità del poeta Vate

Notturno di Gabriele d'Annunzio: riassunto e commento
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NOTTURNO, GABRIELE D'ANNUNZIO

Di cosa parla Notturno di Gabriele d'Annunzio?
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Durante una missione su Trieste, avvenuta il 16 gennaio 1916, Gabriele D’Annunzio viene ferito all’occhio destro, che rimarrà inutilizzabile. Per mantenere quello sinistro, anch’esso lesionato, il poeta resta a letto per due mesi, al buio, completamente immobile.

In questo periodo si farà tagliare delle lunghe striscioline di carta (circa 10.000 cartigli), che in seguito verranno messe in ordine dalla figlia per poter scrivere senza bisogno della vista.

NOTTURNO, TEMI

Nasce così il Notturno, un lungo racconto della malattia attraverso la memoria della vita precedentemente vissuta. Si tratta di un’opera riflessiva e meditativa, in cui la tensione superomistica del D’Annunzio precedente viene superata.

I temi che tratta quest'opera sono ben altri: la solitudine, l’impossibilità di esprimersi e muoversi liberamente, il dolore fisico e mentale, il buio. La lunga notte a letto viene vissuta dall'autore quasi fosse il prolungamento infinito della malattia, una morte fisica: in questo modo, D'Annunzio riesce a sviluppare il tema della visione interiore, essenzialmente visione del proprio passato, ovvero visione-memoria: «Chi ha rappresentato i ciechi come veggenti volti verso il futuro? come rivelatori dell'avvenire?».

NOTTURNO, SPIEGAZIONE

Il poeta si descrive spesso dormiente in una bara: la sua stanza è la sua tomba, oscura, chiusa, silenziosa, vuota. Oltre alla descrizione della sua malattia, temi principali del libro sono la guerra come causa della morte e la descrizione della sua malattia.

La morte del suo pilota Miraglia o quella dell’amico Gigi Bresciani sono il pretesto per avvicinarsi alla morte stessa. Proprio a lei il Vate si riferirà più volte con l’invocazione “…Perché due volte m’hai deluso?” indicando due situazioni in cui, invece di ritrovarsi paralizzato in un letto, avrebbe preferito morire, eroicamente, da soldato.

Quella di D'Annunzio sarà una lunga agonia, durata due mesi di paralisi e cecità forzate, che non impediscono però al Vate di viaggiare e” vedere” non attraverso gli occhi ma attraverso la mente.

Ed ecco quindi che d'Annunzio diventa il “cieco veggente”, compiendo un viaggio nei ricordi, in cui è solo l'occhio interiore ad essere in grado di aggregare passato, presente e futuro, vita e morte, realtà e sogno. Ora i fatti assumono la valenza e la pregnanza della visione, ora del sogno notturno, ora dell'immaginazione ossessiva.

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