Ne li miei occhi porta la donna mia amore: testo, parafrasi e analisi

Ne li miei occhi porta la donna mia amore di Dante Alighieri: testo e parafrasi, analisi e figure retoriche della poesia

Ne li miei occhi porta la donna mia amore: testo, parafrasi e analisi
getty-images

Ne li occhi porta la mia donna Amore: testo

Ne li occhi porta la mia donna Amore,
per che si fa gentil ciò ch’ella mira;
ov’ella passa, ogn’om ver lei si gira,
4e cui saluta fa tremar lo core,

sì che, bassando il viso, tutto smore,
e d’ogni suo difetto allor sospira:
fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
8Aiutatemi, donne, farle onore.

Ogne dolcezza, ogne pensero umile
nasce nel core a chi parlar la sente,
11ond’è laudato chi prima la vide.

Quel ch’ella par quando un poco sorride,
non si pò dicer né tenere a mente,
14sì è novo miracolo e gentile.

Ne li occhi porta la mia donna Amore: parafrasi

Incontro fra Dante e Beatrice
Fonte: getty-images

La mia donna porta negli occhi Amore,
per cui ciò che ella guarda diventa nobile;
dove lei passa, ogni uomo si gira verso di lei,
e fa tremare  chi saluta,

così tanto che, abbassando il viso, tutto impallidisce,
e prova pentimento di ogni suo sentimento:
fuggono davanti a lei la superbia e l’ira.
Donne, aiutatemi a farle onore.

Ogni dolcezza, ogni pensiero umile
nascono nel cuore di chi l’ascolta
per cui ne ha lode e  beatitudine chi la vide per primo.

Quello che sembra quando sorride
non si può dire ne tenere a mente
così è un miracolo mai visto e gentile.

Ne li occhi porta la mia donna Amore: analisi e figure retoriche

Il sonetto di Dante Alighieri è tratto dalla Vita Nova. Siamo ancora nel primo stadio dell’amore, l’amore extra nos, ovvero il momento in cui Dante riceve amore da elementi esterni a lui: il saluto, lo sguardo, gli occhi.

Nell’intero sonetto si nota una chiara ripresa degli elementi stilnovisti: l’analisi degli effetti che l’amore suscita, l'ineffabilità  dell’amore, il saluto che dà salute.

Anche la struttura richiama il ritorno allo Stilnovo: il testo è fluido, scorrevole, dolce e ha una struttura chiaramente lineare. Il linguaggio è il volgare senza dubbio aulico, colto, molto ricercato. C'è la presenza di alcuni latinismi e provenzalismi: ”mira” (v.2),” smore “(v. 5),”pensero” (v. 9), “novo“(v. 14) , “ond ’ è”(v. 11).

Nelle due quartine iniziali hanno un posto di prim’ordine le parole “mira” ( v. 2) e “saluta” (v. 4) .Da qui  scaturiscono alcuni temi:

  • Il saluto che dà salute
  • Il nobilitamento dell’uomo che “mira “la donna
  • L'innamoramento
  • Gli effetti che l’amore provoca sull’amante.

Quest’ultimo è ripreso nelle due successive terzine che hanno per parole chiave “ laudato chi prima la vide” (v. 11), “ ella par” (v.12), “ Non si può dicer“ ( v.13) da cui hanno origine :

  • Il tema dell’apparire miracolistico della donna
  • Il tema dell’ineffabilità

Dante ritiene che la presenza, la visione e il saluto della donna nobilitino l’uomo e lo rendano immune da sentimenti negativi come la superbia e l’ira.

La donna è quindi, sia per gli stilnovisti in genere che per Dante nello specifico, dispensatrice di salvezza. Il solo ammirarla è, per l’uomo, fonte di nobilitazione.

La donna viene attorniata da un'aria miracolistica al punto che si parla, anche, di ineffabilità della bellezza della donna.

Dante dice che “Quel ch’ella par quando un poco sorride/non si può dicer ne tenere a mente” (v. 12-13) perché, fondamentalmente, la mente umana non ha le capacità di poter cogliere appieno qualcosa di così elevato.

La notevole influenza dello Stil Novo e di tutto ciò che abbiamo evidenziato nelle tematiche ha un riscontro nella struttura, nel lessico, nella fonetica e nella metrica del sonetto.

La struttura è molto lineare, senza forti spezzature, ma con ben determinate pause ritmiche. Alla fine di quasi tutti i versi c’è, infatti, un segno di punteggiatura. I periodi sono quindi abbastanza brevi fatta eccezione per i versi dal 3 al 6 che non hanno segni di punteggiatura forti.

Il testo è ricco di asindeti e di iperbati, che però non sono molto influenti nel testo: “Ne li occhi porta la mia donna Amore” (v.1), “ogn’om ver lei si gira” (v.3), “e d’ogni suo difetto allor sospira” (v.6), “fugge d’innanzi a lei allor superbia ed ira” (v.7).

Non si può propriamente parlare di presenza di enjambements, fatta eccezione per quell’unico dei versi 9/10 (“ogne pensiero umile nasce”). Abbiamo, invece, una sorta di gerarchia che vede la donna al di sopra dell’uomo.

Metrica del sonetto

Metricamente notiamo che il sonetto è a rima incrociata nelle quartine e rima speculare nelle terzine (ABBA;ABBA;CDE;EDC) e i versi sono endecasillabi. Le rime sono dolci, così come la maggior parte del testo. I fonemi prevalenti sono le “a” e le “e “(“Amore”, “ core”, “ smore”, etc..).

C'è una sorta di allitterazione nella prima quartina e nella seconda terzina, una allitterazione del fonema “r”. Vediamo quindi “porta” ,Amore”, “per “, “ mira”, “ver”, “ gira”, “tremar”, “core”nella quartine e “par”, “ sorride”, “dicer”,” tenere”, “miracolo” nella terzina. Questo rotacismo preannuncia, nella quartina, la parola “tremar lo core”, mentre nella terzina regge il “par” che non va interpretato come sembrare ma come apparire. Il rotacismo dà l’idea del tremore che, religiosamente, indica la venuta, per lo più, della Madonna o comunque di entità superiori. Il “par”, quindi, insieme al rotacismo ci danno l’idea  di un essere superiore qual è appunto la donna dantesca, una sorte di anello di unione tra fra Dio e l’uomo.

C'è poi  l’allitterazione della “s“ nella 2° quartina (“sì”, “bassando”, “viso”, “ smore”, “suo”, “ sospira” , “superbia”) che  preannunciano l’idea del sospiro.

Altra analogia con lo Stil Novo è la presenza della personificazione in parte dell’Amore ma soprattutto dell’ira e della superbia che fuggono via.

Notiamo comunque una sorta di staticità nel sonetto. C’è poca azione e i verbi non indicano, per lo più, movimento. L’unico movimento è quello della donna e della superbia e dell’ira che fuggono.

Nel caso della donna si può forse parlare anche di dinamismo apparente. Manca infatti totalmente l’actio e questa stasi dà l’idea dell’eternità della bellezza della donna e dell’amore che Dante prova per lei. Non scordiamoci infatti che Dante scrive sempre riferendosi a Beatrice.

Il confronto con Guinizelli e Cavalcanti

Il sonetto di Dante ha delle strette analogie con le poesie di Guinizzelli e di Cavalcanti. Prendendo in considerazione il sonetto guinizzelliano “Io voglio del ver la mia donna laudare” si nota che lo stile è pressoché uguale: poche spezzature, molti vocali aperte, linguaggio colto ma lineare.

Tematicamente, poi, in entrambe c’è un motivo uguale. In entrambe è infatti riscontrabile il tema del saluto che dà salute. Solo che Guinizzelli è più esplicito di Dante. Il primo dice subito ”dona salute / e fa ‘l de nostra fede se non la crede” mentre Dante  è meno esplicito. Nel sonetto Guinizzelliano c’è anche il tema della lode alla donna amata, nel sonetto dantesco c’è soltanto un’inizio di lode.

Si può dire comunque che i due sonetti siano uno il seguito dell’altro nel processo di sublimazione della donna.

Anche con ”Chi è questa che ven, ch’ogn’om la mira” di Cavalcanti troviamo delle analogie. Innanzitutto entrambi interpretano la donna come un’entità superiore e la caricano di misticità religiosa. In entrambi i sonetti troviamo l’allitterazione della “r”e, in quello cavalcantiano, nella frase “fa tremare di chiaritate l’are” (v.2) c’è un chiaro riferimento alla Madonna che, con la sua apparizione estatica illumina l’ambiente circostante con un fascio di luce che trema.

La stessa immagine è ripresa da Dante all’inizio e alla fine del sonetto anche se in forma meno esplicita. Altro punto di contatto è il tema dell’ineffabilità che è però maggiormente sviluppato in Cavalcanti (“ch’i nol savria contare”v.6,” non si poria contar” v.9,” non fu si alta già la nosta mente e non si pose in noi tanta salute che propriamente n’avrian conoscenza” v11-14).

Il sonetto dantesco è, sostanzialmente, una summa dei motivi delle poesie amorose precedenti, una sorta di completamento dei temi trattati prima da Guinizzelli e poi da Cavalcanti.

Molte differenze ci sono invece con le altre poesie di Cavalcanti, quali ad esempio “Voi che per gli occhi mi passaste il core” o “Tu m’hai si pien di dolore la mente” in cui gli effetti dell’amore sono devastanti e la sintassi, la struttura, il lessico sono più dure, brutali (“angosciosa vita”, “l’anima tremando si riscosse”, “i’vo come colui che fuor di vita”,etc…).

Ascolta l'audio lezione su Dante

Ascolta su Spreaker.
Un consiglio in più