La morte di Ermengarda di Alessandro Manzoni: analisi e parafrasi

Parafrasi e analisi del passo "La morte di Ermengarda" tratto dall'opera Adelchi di Alessandro Manzoni. Di cosa parla, temi e personaggi

La morte di Ermengarda di Alessandro Manzoni: analisi e parafrasi
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MORTE DI ERMENGARDA

Delirio di Ermengarda, dall'Adelchi
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La scena della morte di Ermengarda fa parte della tragedia manzoniana Adelchi. In questo atto Ermengarda sta per morire e Manzoni racconta i suoi ultimi istanti di vita e ripercorre nel passato i ricordi della sua felicità. Ermengarda si trova in un convento, insieme alla sorella suora, dove era stata costretta a rifugiarsi per scappare dal dolore e cercare un po’ di pace.

Manzoni, che ha a cuore il racconto oggettivo, usa il metodo del coro; si crea uno spazio in cui ferma l’azione e apre una parentesi  che gli consente di esprimere la sua opinione senza esporsi eccessivamente.

Questo coro si avvicina molto a quello che troviamo nel Cinque Maggio, l'opera dedicata a Napoleone, sia per la struttura sia per come vivono entrambi i personaggi i loro ultimi giorni di vita.

Ermengarda è accomunata al fratello Adelchi da grandi sentimenti e dalla bontà d'animo. Entrambi vengono colpiti duramente nei loro affetti e sono contrari alla ragion di stato come il padre Desiderio e lo sposo di Ermengarda, Carlo Magno.

Manzoni nel descrivere la storia che vive Ermengarda con Carlo Magno, usa immagini e temi molto espliciti.

MORTE DI ERMENGARDA: PARAFRASI

Con i capelli morbidi sparsi
Sul petto scosso dall’affanno
Con le braccia abbandonate e
Con il volto pallido imperlato dal sudore
Giace questa fanciulla così buona, che con lo sguardo
Cerca il cielo quasi a prendere coraggio per la morte così vicina.

Smettono le lamentele delle suore: all’unisono
Iniziano a pregare:
Viene posta sulla gelida
Fronte una mano dolce
Che tende sugli occhi azzurri l’estremo velo (le palpebre).

O fanciulla gentile, sgombra dalla tormentata
Mente tutte le cose che ti tengono legata alla terra;
leva verso Dio un pensiero
di offerta e lasciati morire:
fuori dalla vita il tuo lungo cammino di sofferenza
è finito.

Ahi! Nelle notti insonni
Quando girava nel chiostro solitario
Tra il canto delle suore (vergini)
E andava a supplicare Dio,
Sempre nel suo pensiero erano presenti
Quei momenti mai dimenticati.

Quando ancora amata nel giorno del suo arrivo in Francia, inconsapevole
Di quel futuro tanto terribile che l’aspettava,
Ella era come ubriaca di gioia e di desiderio
E in tutte le altre donne franche
Suscitava invidia (per essere la moglie di Carlo Magno):

Quando da una collina
Con i biondi capelli pieni di gemme
Vedeva nella vallata sottostante
La scena di caccia
E il re con i capelli lunghi
Chinato sulle briglia;

E dietro a lui la scia dei cavalli
Lo sbandarsi e il rapido
Ritorno dei cani da caccia;
E dai rovi frugati dai cani
Uscire il cinghiale;

E la polvere battuta dai cavalli
Che si impregna di sangue del cinghiale
Colpito dal re: la dolce fanciulla
Girava il volto verso le sue ancelle
Resa amabile dal terrore .

Oh Mosa! Oh tiepidi
Bagni di Aquisagra!
Dove, deposta l’orrida
Maglia, il guerriero sovrano
Scendeva dal campo per togliersi
Il sudore di dosso e rinfrescarsi!

Così come la rugiada che bagna un cespuglio
D’erba inaridito gli ridà
Freschezza e gli steli da aridi tornano verdi
Nel tenue calore dell’alba

Allo stesso modo Ermengarda
Con l’animo bruciato dalla passione verso Carlo
Trae refrigerio(sollievo)
Dalla parola amica delle suore
Che cercano di deviare
Il suo pensiero d’amore verso il marito
A un amore eterno, fonte di gioia infinita.

Tu che provieni
Da una stirpe di oppressori,
Che si fecero forza del loro numero,
Che si diedero ragione con la violenza
E il diritto lo imponevano col sangue
E si facevano vanto di essere spietati,

La provvida sventura ti ha collocato
In una famiglia di oppressori;
Muori compianta da tutti;
Scendi a dormire con tutte le altre persone
Non colpevoli
Ma le tue ceneri non saranno mai oggetto di offesa.

Muori; e la tua faccia pallida
Acquisti una serenità che ti è mancata negli ultimi istanti;
Come era quando quel giorno
Ignara del futuro terribile che l’aspettava,
Quando emanava (il viso) serenità e
Sperava in un radioso avvenire.

Così come le nuvole
al tramonto di un giorno tempestoso
si aprono e dietro il monte il cielo
si colora di rosso verso occidente:
un augurio di un giorno
più sereno.

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