Mito di Ulisse in Gabriele d'Annunzio

Il mito di Ulisse - o Odisseo - nella letteratura di Gabriele d'Annunzio e del Novecento. Il tema della crisi di valori tipica del decadentismo

Mito di Ulisse in Gabriele d'Annunzio
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MITO DI ULISSE

Il mito di Ulisse torna anche in Gabriele d'Annunzio
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La crisi di valori tipica del decadentismo si manifesta in modo diverso nella poesia di D'annunzio, in cui il modello del superuomo trova piena realizzazione nella figura di Ulisse.

Nel L'incontro di Ulisse, tratto da una delle Lodi, Maia: il poeta racconta di aver incontrato navigando nello Ionio insieme ai suoi compagni, a nord di Itaca, Ulisse, partito per l’ultima avventura.

Lo stesso poeta e i suoi compagni si sentono dei superuomini ma l’incontro con Ulisse, "re delle tempeste", cambia totalmente la loro vita e soprattutto quella del poeta.

Ulisse in silenzio, regge in mano la scotta e studia i venti: è l’emblema dell’uomo solitario, che non ha bisogno dell’aiuto di nessuno per andare avanti, attento a tutto, anche al più piccolo e impercettibile soffio di vento, niente deve sfuggire al suo sguardo. Un cappello di stoffa gli copre il capo ormai bianco, una tunica corta gli arriva al ginocchio, forte e vigoroso, le palpebre gli coprivano parte delle pupilla penetrante e vivace, la forza instancabile del suo cuore nobile e generoso era sveglia e presente in ogni muscolo. Ulisse diventa sempre di più il simbolo del superuomo, l’eroe instancabile che, anche nella vecchiaia, sfida il mare da solo, sdegnoso di tutti, alla ricerca di nuove esperienze, tutto volto a realizzare la sua volontà di potenza.

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Il poeta e i suoi compagni sono emozionati e sconvolti per l’incontro con Ulisse, si sentono infiammati da un grande coraggio; cercano di farsi notare chiamandolo ripetutamente con l’appellativo di "Laertiade (figlio di Laerte), eversore di mura, piloto di tutte le sirti", ma egli li ignora con un’indifferenza che Gabriele D'Annunzio accentua paragonando il loro invito, a prestar loro attenzione, ad uno "schiamazzo di vani fanciulli".

L’attenzione del grande Ulisse viene attirata solamente dalla voce dello stesso poeta che con le proprie parole esprime tutto il suo orgoglio, la fiducia in sé stesso tipica del Superuomo; difatti propone all’eroe di dargli l’opportunità di tendere il suo arco per dimostrargli la propria forza.

ULISSE IN GABRIELE D'ANNUNZIO

Solamente a questa richiesta Ulisse si volta a guardare l’intrepido, poiché lo considera il più orgoglioso e quindi più degno di considerazione; Ulisse appare di conseguenza un uomo superiore, amante della solitudine perché sprezzante la mediocrità, che coltiva solo il culto della forza e la volontà di affermazione e di dominio, il disprezzo del pericolo e l’amore per il rischio, la violenza e la guerra, per questo è ansioso di continui superamenti.

L’incontro con Ulisse, anche se durato solo un attimo, cambia comunque la vita del poeta: egli non è come i suoi compagni, che pure gli sono cari, ma si sente spinto a confidare solo in se stesso e destinato a realizzare imprese eccezionali, come quell’Ulisse di cui ha meritato il simbolico sguardo.

Ulisse diventa quindi non solo il simbolo del "superuomo" per D’Annunzio, ma anche l’esempio e l’incitamento di tutti gli uomini che, come il poeta, non si accontentano di una vita tranquilla ma vogliono affermare la loro volontà di potenza realizzando la dimensione eroica di sé stessi.                                                

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