Meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale: Testo, spiegazione, commento
Meriggiare pallido e assorto: testo, commento, spiegazione e analisi della poesia che appartiene alla raccolta Ossi di seppia
Indice
Meriggiare pallido e assorto: testo
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Biografia breve di Montale
Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896; comincia gli studi che però deve abbandonare a causa della Seconda Guerra Mondiale. Torna poi a Genova ed entra in contatto con alcuni poeti liguri, tra cui Camillo Sbarbaro. Partecipa anche a movimenti antifascisti.
Dopo essere stato nominato Direttore del Gabinetto scientifico-letterario è costretto ad abbandonare il posto perché non iscritto al partito fascista.
Nel 1967 viene nominato senatore a vita e nel 1975 riceve il premio per Nobel per la letteratura. Muore poi a Milano nel 1981.
Meriggiare pallido e assorto: commento
Meriggiare pallido e assorto è uno dei primi componimenti di Montale, appartenente alla prima raccolta, Ossi di seppia, pubblicata nel 1925. Vi compare il motivo predominante della raccolta, quello del paesaggio arido e scarnificato. Qui è un orto battuto dal sole nelle ore più calde del giorno.
La poesia è formata da quattro strofe di varia lunghezza, la prima e la terza in rima baciata (AABB), la seconda in rima alternata (CDCD), mentre nella quarta compaiono delle consonanze.
Ad ogni strofa può essere attribuito un titolo:
- Strofa 1 → rumori del mezzogiorno
- Strofa 2 → osservare il suolo
- Strofa 3 → guarda...le cicale e il mare!
- Strofa 4 → la vita e le sue fatiche
Già dal primo verso si nota la frequenza con cui Montale usa le consonanti doppie che appaiono evidenti anche nelle parole in rima. Si nota anche che Montale posiziona gli aggettivi prima del nome, in modo da farne risaltare il significato.
Il paesaggio in Montale non si apre all'uomo, ma vive in se stesso, chiuso nella propria realtà incomunicabile.
Spiegazione della poesia
Meriggiare pallido e assorto è la descrizione di un paesaggio arido durante un assolato pomeriggio d’estate, definito «pallido e assorto». Entrambi gli aggettivi acquistano una valenza particolarmente rilevante, poiché sono solitamente riferiti ad esseri umani.
A livello visivo gli elementi descritti sono costituiti dal «rovente muro d’orto», dai «pruni e gli sterpi», dalle «crepe nel suolo», dai «calvi picchi» e dal «sole che abbaglia», a cui sono attribuiti dei sentimenti o dei concetti astratti:
- il muro: dona un senso di oppressione;
- i pruni e gli sterpi, le crepe nel suolo: manifestano aridità, mancanza di vita;
- formiche: rappresentando la monotonia;
- mare: sottintende un senso di infinito, libertà, vita.
Il "sole che abbaglia" (v.
13) è luce che non lascia vedere; di qui uno stupito e dolente ripiegarsi su se stessi ("sentire con triste meraviglia"), nel tentativo di ascoltare e di comprendere il "travaglio" della "vita", che resta tuttavia misterioso e indecifrabile.
L’esistenza è un cammino lungo una "muraglia" con in cima "cocci aguzzi di bottiglia" che impediscono di oltrepassarla per comprenderne con certezza il vero significato.
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