La figura del mercante nel Decameron di Boccaccio

La figura del mercante del Decameron di Boccaccio è il fil rouge che unisce gran parte delle novelle. Analisi e commento sul ceto mercantile in Boccaccio

La figura del mercante nel Decameron di Boccaccio
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DECAMERON DI BOCCACCIO

Decameron di Boccaccio
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Le novelle del Decameron sono spesso ambientate in uno spazio e in un tempo preciso, a volte in un lontano passato, ma più di frequente nella realtà cittadina borghese e mercantile, in cui Boccaccio viveva e che egli descrive molto realisticamente.

Il Decameron è stato infatti definito da Vittorio Brancal’epopea dei mercanti”: Boccaccio celebra la logica del calcolo e della previsione, ma anche l’intelligenza e l’intraprendenza dei mercanti, nuova classe sociale del suo tempo.

L’autore esalta la “ragion di mercatura” come un grande ideale, ma riesce anche a trovare limiti che ci riportano al giudizio morale di Dante, che proprio nel commercio vedeva l'origine dell'avarizia e criticava i “subiti guadagni” di chi lo praticava.

IL MERCANTE NEL DECAMERON

Il mercante in Boccaccio è una figura positiva, che possiede anzitutto l’industria, cioè quella capacità umana che permette di superare gli ostacoli posti dalla Fortuna, o Fato.

Questo è un aspetto importante nell’evoluzione del protagonista delle novelle: la Fortuna, intesa come complesso di circostanze fortuite e casuali, è antagonista dell’eroe, che però grazie alla sua astuzia e capacità di iniziativa riesce a superare le difficoltà.

In Andreuccio da Perugia vediamo che la Fortuna si accanisce sul protagonista solo perché lui non è in grado di contrastarla: inizialmente è molto ingenuo, ma quando acquisisce esperienza, riesce a cogliere l’occasione per salvarsi e l’industria assume quindi un ruolo decisivo.

L’intraprendenza e il dinamismo sono un altro aspetto positivo del mercante in Boccaccio, capacità che gli consentono di far fruttare le proprie ricchezze facendo fruttare i loro guadagni.

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Il mercante non è avventato: un’altra sua caratteristica è l'accortezza, che lo spinge a valutare ogni eventualità per poter dominare gli imprevisti della Fortuna: questo accade soprattutto nella novella di Landolfo Rufolo che, prima di partire, ha “fatti suoi avvisi”.

La ragion di mercatura porta anche degli aspetti negativi, come la mancanza di scrupoli: il denaro diventa l’ideale supremo cui aspirare e condiziona anche la moralità dell’individuo. Landolfo Rufolo non esita a darsi alla pirateria per recuperare le ricchezze perdute, e preferirebbe morire piuttosto che tornare povero.

Ma la situazione diventa ancora peggiore nella novella di Lisabetta da Messina, dove i tre fratelli, non potendo tollerare l’amore della sorella per un garzone, uccidono il suo amante e la portano a morire di dolore.

In Boccaccio tuttavia manca il giudizio morale: non commenta il furto dell’anello da parte di Andreuccio o la pirateria di Landolfo, poiché vuole solo far emergere la virtù dei protagonisti, il loro “saper vivere”.

Le qualità del mercante rischiano di essere degradate dalla grettezza morale: per evitare questo devono associarsi ai valori cortesi come la generosità disinteressata, la liberalità e l’amore per le belle forme del vivere.

È quanto accade per Federigo degli Alberghi, il gentiluomo che sa fondere cortesia e gestione della casa.

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