Max Planck: biografia, scoperte e la teoria dei quanti

Noto per la sua Costante, Max Planck ha studiato le radiazioni elettromagnetiche e formulato la teoria quantistica
Max Planck: biografia, scoperte e la teoria dei quanti
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1Max Planck: biografia

Max Planck è considerato il padre della teoria quantistica. A suo modo, fu un rivoluzionario.
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Max Karl Ernest Ludwig Planck (Kiel 1858-Göttingen 1947) era considerato una mente particolarmente brillante sin dai tempi del liceo. Trasferitosi a Monaco con la famiglia, si iscrisse all’università, dove si appassionò fortemente alla matematica e alla fisica. A 28 anni fu nominato professore di fisica teorica all’Università di Kiel e poi all’Università di Berlino dove diresse l’istituto di fisica teorica.   

In quegli anni, uno dei problemi ancora irrisolti era ad esempio legato all’energia termica, poiché non era ancora disponibile una formula in grado di spiegare il cambiamento di colore dei corpi riscaldati e l’aumento dell’energia emanata. Planck si interessava alle prime lampade a incandescenza e si dedicò inizialmente soprattutto allo studio dei problemi termodinamici connessi con l’irraggiamento.   

Il 14 dicembre 1900 pubblicò il suo primo lavoro sulla teoria quantistica segnando l’inizio della fisica moderna. La meccanica quantistica introduceva il concetto di energia costituita, come la materia, da entità non ulteriormente divisibili (quanti) e risolveva problematiche che non erano spiegabili attraverso la meccanica di Newton, non applicabile ad oggetti molto piccoli come gli atomi.  

In pratica, come vedremo nel dettaglio, Planck descrisse gli scambi di energia nei fenomeni di emissione e di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche come fenomeni che avvengono in forma discreta (e non in forma continua come sosteneva invece la teoria elettromagnetica classica). Secondo la teoria di quanti, una par­ti­cel­la ca­ri­ca e oscil­lan­te al­la fre­quen­za ʋ può scam­bia­re ener­gia con l’am­bien­te so­lo in for­ma di pac­chet­ti di energia E = h ʋ (dove h è la costante di Planck) che sono definiti e discreti.  

La teoria quantistica servì a risolvere, come vedremo meglio nel paragrafo successivo, il problema dello spettro della radiazione del corpo nero. Cambiò completamente la concezione dell’energia e la descrizione dei fenomeni microscopici e valse a Planck il premio Nobel per la fisica nel 1918.  

Nel 1930 fu nominato a Berlino segretario dell’Accademia delle Scienze e presidente della società Kaiser Wilhelm per lo sviluppo della scienza. Ne fu però allontanato nel 1937 per la sua netta posizione antinazista ma alla fine della guerra, nel 1948, l’Istituzione fu intitolata proprio a lui (Società Max Planck).  

Gli anni della guerra furono segnati pesantemente anche dalla morte dei figli, uno dei quali fu condannato a morte per la partecipazione al complotto antihitleriano del 1944.  

Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Göttingen e poté ricordare la caduta di Hitler e la fine della guerra. Pochi mesi prima di morire, quasi novantenne, tenne la sua ultima conferenza: “Chi è addetto alla costruzione delle scienze troverà la sua gioia e la sua felicità nell’aver indagato l’indagabile e onorato l’inosservabile”.  

2Le radiazioni elettromagnetiche

Lo spettro di luce visibile
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I diversi colori con cui gli oggetti ci appaiono sono determinati dalle caratteristiche superficiali dell’oggetto stesso e dalle caratteristiche della radiazione che lo illumina (in parte viene assorbita e in parte riflessa, arrivando quindi ai nostri occhi). 

La luce è costituita da onde elettromagnetiche. Qualsiasi onda elettromagnetica è caratterizzata da due grandezze:

  • - lunghezza d’onda (λ) ovvero la distanza tra i punti corrispondenti di due onde successive
  • - frequenza (ν) ovvero il numero di oscillazioni che un’onda compie in un secondo

ν = c/ λ dove c è la velocità di propagazione dell’onda. 

L’insieme delle radiazioni elettromagnetiche viene definito spettro elettromagnetico. La zona del visibile (lunghezze d’onda tra 400 e 700 nm) comprende le radiazioni percepibili dall’occhio umano e rappresenta una piccola parte dell’intero spettro (ogni lunghezza d’onda corrisponde a un certo colore). 

2.1Spettri continui e a righe

Come funziona un prisma: la luce non è bianca ma policromatica
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La luce del Sole e in genere di un qualsiasi solido riscaldato, se scomposta attraverso un prisma trasparente mostra di essere policromatica, costituita cioè da radiazioni di diversa frequenza che formano uno spettro continuo: lo spettro della luce solare si presenta cioè come una variazione continua di colore dal rosso (λ=700 nm) fino al viola (λ=400 nm). 

Al contrario, atomi di elementi in fase gassosa, quando riscaldati emettono luce composta da poche frequenze che danno luogo a uno spettro a righe. Ad esempio, lo spettro dell’idrogeno presenta 4 righe di lunghezza d’onda caratteristica. 

Lo studio degli spettri di entrambi i tipi è stato uno dei punti fondamentali della fisica tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Serviva una formula in grado di spiegare il cambiamento di colore dei corpi riscaldati con l’aumentare della temperatura e l’aumento dell’energia emanata. 

2.2Radiazione del corpo nero

Un corpo nero è un oggetto in grado di assorbire completamente tutte le radiazioni che lo colpiscono (radiazione incidente), indipendentemente dalla loro lunghezza d’onda. In pratica, nessuna radiazione passa attraverso di esso e nessuna radiazione è riflessa. Un corpo nero emette uno spettro di radiazioni che dipende solo dalla temperatura e non dalla sua forma né dal materiale di cui è costituito. In condizioni normali appare nero e può diventare visibile quando la temperatura aumenta

Il Sole è considerato un tipico corpo nero poiché non riflette le radiazioni che lo colpiscono ed emette onde elettromagnetiche di produzione propria. 

2.3Emissione di un corpo nero riscaldato: risultati e limiti della fisica classica

Le prove sperimentali che venivano condotte in quegli anni in questo settore portavano a risultati diversi rispetto a quelli previsti dalle leggi dell’elettromagnetismo classico. 

Secondo la legge di Rayleigh – Jeans l’intensità della radiazione emessa sarebbe dovuta aumentare all’infinito all’aumentare della frequenza o, analogamente, al diminuire della lunghezza d’onda (I = 1/λ4) ovvero nella regione dell’ultravioletto. 

Al contrario, il grafico (ottenuto con risultati sperimentali) che mette in relazione l’intensità della radiazione emessa dal corpo nero con la lunghezza d’onda, mostra un andamento a campana e conferma quanto previsto dalla legge di Rayleigh – Jeans solo per valori alti di λ (vedi figura): tale discordanza tra i dati sperimentali e la teoria classica fu definita catastrofe ultravioletta (così definita perché si palesava per λ corrispondenti alla regione dell’UV).

 

La figura mostra le intensità e le lunghezze d’onda con cui irradia un corpo nero a seconda della T a cui viene portato e in modo indipendente dalla sua composizione chimica. Gli spettri del corpo nero sono mostrati per cinque differenti temperature (3500K, 4000 K, 4500 K, 5000 K, 5500 K).
La figura mostra le intensità e le lunghezze d’onda con cui irradia un corpo nero a seconda della T a cui viene portato e in modo indipendente dalla sua composizione chimica. Gli spettri del corpo nero sono mostrati per cinque differenti temperature (3500K, 4000 K, 4500 K, 5000 K, 5500 K). — Fonte: redazione

Le curve mostrano che c’è una lunghezza d’onda (λ max) a cui corrisponde il massimo dell’intensità della radiazione emessa. Per lunghezze d’onda superiori e inferiori a questo valore si hanno intensità più basse. E’ importante sottolineare che:  

  • λ max diminuisce con l’aumentare della temperatura T del corpo nero
  • Il valore massimo di intensità aumenta con l’aumentare della T del corpo nero

In pratica, tutti i corpi a temperature superiori allo 0 assoluto sono in grado di emettere radiazione elettromagnetica e l’intensità della radiazione emessa (I = W/m2 ovvero potenza per unità di superficie) varia a seconda della temperatura.

I risultati ottenuti intorno alla fine dell’Ottocento dagli esperimenti sull’emissione di radiazione da parte di un corpo nero riscaldato, sono descritti dalle seguenti due leggi: 

A) Legge di Wien 

La lunghezza d’onda a cui l’intensità della radiazione prodotta da un corpo nero è massima (λ max), dipende unicamente dalla temperatura del corpo (in modo inversamente proporzionale). 

  • λ max . T = α
  • dove α = 2,898 . 10-3 m K

B) Legge di Stefan–Boltzmann  

L’energia totale irradiata per unità di superficie di un corpo nero (I), in unità di tempo, è proporzionale alla quarta potenza della sua temperatura assoluta 

  • I=σ . T4
  • dove σ = 5,67 . 10-8 W/m2 K4.

3Max Planck e la teoria dei quanti

A questo punto era necessario trovare anche un’interpretazione teorica di tali risultati sperimentali che fosse in grado di risolvere la contraddizione tra le previsioni teoriche classiche e i risultati sperimentali. In pratica serviva una formula per l’energia che la facesse tendere a zero quando la frequenza tende all’infinito. Questo era in netta contrapposizione con la termodinamica che associa a ogni possibile onda stazionaria un’energia che è indipendente dalla frequenza (E=Kb.T dove Kb = 1,38x10-23 J/K -costante di Boltzmann).

Il problema associato a questa interpretazione era il seguente: se le onde all’interno di un corpo nero sono infinite, l’energia totale dovuta alle onde elettromagnetiche all’interno del corpo nero sarà infinita. Questo non è accettabile perché è in netto disaccordo con i dati sperimentali (che evidenziavano il fenomeno della catastrofe ultravioletta). 

Il grande contributo di Planck fu quello di capire di poter ottenere un’energia tendente a zero per altissime frequenze modificando il calcolo per arrivare all’energia media. In pratica Planck ricalcolò l’energia partendo da un’ipotesi: lo scambio dell’energia che si propaga con le onde elettromagnetiche non avviene attraverso un flusso continuo ma per quantità multiple di una grandezza fondamentale detta quanto di energia (Δε) → Energia scambiata dalle onde elettromagnetiche = k Δε 

  • Se Δε è molto più piccolo di Kb . T (quantizzazione fine), allora sarà valida la relazione classica

E = Kb . T

  • Se Δε assume valori prossimi a Kb. T (quantizzazione meno fine), allora E < Kb .T

L’energia media con Planck diventa funzione della frequenza. Planck ipotizzò la proporzionalità di Δε alla frequenza secondo la relazione matematica Δε = h ν[B1] :

  • - per λ grandi (e quindi ν piccole) abbiamo un quanto di energia molto piccolo e vale pertanto la teoria classica.
  • - per λ piccole (e quindi ν grandi) abbiamo un quanto di energia dell’ordine almeno di Kb.T e non vale la teoria classica (l’energia associata alle onde è infatti molto minore di quella attesa Kb.T e addirittura tendente a 0).
La radiazione emessa da un corpo nero secondo Planck era frutto di una serie discontinua di porzioni elementari con dell'energia associata
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L’idea di Planck si basava sul fatto che la radiazione emessa dal corpo nero fosse costituita da una serie discontinua di porzioni elementari a cui è associato un pacchetto di energia proporzionale alla frequenza della radiazione mediante la costante universale h = 6,626 . 10 -34 Js (costante di Planck).    

La relazione matematica che Planck presentò il 14 dicembre 1900 all’Accademia delle Scienze (Sulla teoria della legge di distribuzione dell’energia nello spettro normale, lavoro pubblicato nel 1901 negli Annalen der Physik IV, 4, 553 -1901) fu la seguente:    

I (ν, T) = 8π/c3 . hν3/e hν/kT -1    

Indicando con I (ν, T) l’intensità della radiazione emessa alla frequenza ν e alla temperatura T. Tale formula risultava valida per tutte le frequenze e per tutte le temperature, riuscendo a interpretare l’andamento delle curve che descrivevano la radiazione emessa da un corpo nero ad una data temperatura.  

4Il contributo rivoluzionario della teoria di Planck

Con la sua teoria Planck introdusse concetti davvero rivoluzionari che segnarono l’inizio della fisica moderna. Per giun­ge­re alla sua teo­ria Planck confutò la fisica classica nell’ambito dei li­mi­ti posti al­la quan­ti­tà di ener­gia tra­sfe­ri­bi­le da un cor­po a un al­tro. 

Inizialmente la teoria dei quanti fu quasi accantonata ma poi fu ripresa e ampliata da Einstein che ne dimostrò la capacità di spiegare fenomeni atomici ancora incompresi. In particolare, la teoria dei quanti trovò conferma quando Einstein la utilizzò per spiegare l’ef­fet­to fo­toe­let­tri­co, fenomeno per cui alcuni metalli fotosensibili emettono elettroni quando colpiti da radiazioni. Le leggi dell’elettromagnetismo classico correlavano l’effetto fotoelettrico all’intensità della luce incidente

Nel 1905 Einstein osservò che l’energia degli elettroni emessi non era legata all’intensità della radiazione incidente ma alla frequenza delle radiazioni che lo costituivano, secondo la relazione E = h ν e affermò che la luce è quantizzata, cioè costituita da un flusso di particelle di energia o quanti che nel 1923 chiamò fotoni

Einstein suppose che l’elettrone potesse essere espulso solo quando il fotone che lo colpiva aveva un’energia minima E=h ν0 essendo ν0 un valore soglia caratteristico del metallo considerato. 

Per spiegare tutti i fenomeni legati alla luce, doveva esserne considerata sia la natura ondulatoria che quella corpuscolare (dualismo onda-corpuscolo). 

Le questioni fisiche non devono essere decise secondo il punto di vista estetico, ma mediante esperimenti, e questo significa in ogni caso minuziosità fredda, faticosa, paziente.

Max Planck