Maturità 2016: analisi del testo svolta. Traccia su Umberto Eco e la letteratura

Maturità 2016, il brano dell'analisi del testo su Umberto Eco scelto dal Miur per la prima prova

Maturità 2016: analisi del testo svolta. Traccia su Umberto Eco e la letteratura

SEGUI IL LIVE IN DIRETTA: PRIMA PROVA MATURITÀ 2016

Per l'analisi del testo della prima prova 2016 il Miur ha scelto un brano di Umberto Eco disattendendo le regole dell'alternanza che vedono poesia e prosa alternarsi di anno in anno. Tuttavia Umberto Eco era tra i favoriti e tra gli autori su cui i maturandi si sono preparati.

Tracce svolte

ANALISI DEL TESTO SVOLTA SU UMBERTO ECO E LE FUNZIONI DELLA LETTERATURA

Umberto Eco è l’intellettuale dalla poliedrica identità, capace di spaziare tra i più disparati campi del sapere, di proporre accostamenti impensati e di condurre a riflessioni profonde sul senso dell’essere. La rappresentazione verbale dello spazio, la natura dell’ironia, l’intertestuale, i concetti di “mondo possibile”, sono solo alcuni dei suoi temi. Come anche la letteratura, quel prodotto di testi che l’uomo produce senza alcun fine propriamente pratico. Per Eco, essa è un qualcosa di immateriale, quasi come una legge matematica, che svolge delle funzioni sia sul piano individuale che su quello collettivo, tenendo viva la lingua di ognuno di noi. Senza Dante non ci sarebbe stata una lingua unita e senza questa non ci sarebbe stata una unità politica. Tramite la tv, la radio ed il cinema l’italiano medio ha trovato la via per diffondersi. Ma in realtà le sue radici affondando nella scrittura di Alessandro Manzoni, che con la lingua de “I promessi sposi” “risciacquata in Arno”, ha creato le basi per una lingua comune, come anche la scrittura di Italo Svevo ed Alberto Moravia.

Eco dunque compie un’apostrofe non contro i mezzi di comunicazione, ma piuttosto contro l’uso che se ne fa della lingua, svilendola della sua vera essenza. La lingua è anche la letteratura e la funzione di quest’ultima è quella di educare alla libertà responsabile. Nel rapporto con i testi letterari si ha certamente una buona dose di libertà interpretativa, ma tale libertà non è assoluta. Una interpretazione per essere plausibile deve essere sempre fedele a quella che Eco chiama “l’intenzione del testo”. Non si può dunque contraddire ciò che il testo dice direttamente o affermare qualcosa che non sia agganciata a quelle parole. Eco allora gioca con il linguaggio e con le idee, proprio come fanno Joyce e Borges che della cultura generale fanno il loro terreno di gioco. In questa accettazione del limite delle nostre possibilità interpretative, vi è poi un insegnamento ad accettare i limiti della nostra esistenza, a non crederci immortali o onnipotenti. Conclude Eco: “Credo che questa educazione al Fato e alla morte sia una delle funzioni principali della letteratura”. La letteratura ci insegna a morire: ci fa provare il brivido davanti al Destino.

Il lettore di un racconto deve accettare la frustrazione che le cose vanno così come vanno e non in un altro modo. Deve accettare che non sempre può intervenire su ciò che lo circonda. Tutto ciò emerge dalla raccolta di saggi dell’autore uscita nel 2002, “Sulla Letteratura”. Tutti gli articoli hanno un incanto speciale, grazie probabilmente al ritmo narrativo sostenuto, proprio di un Eco sempre fedele alla sua decisione di fare ogni saggio critico una narrazione.

L’autore, rivolgendosi ai lettori che vogliono sapere come accade ciò che è stato raccontato, identifica la principale funzione educativa della letteratura, che non sarebbe né quella morale né quella estetica, ma quella ontologica: la funzione dell’opera è proprio quella di educarci "al Fato e alla morte", all'idea d'irreversibilità del destino. Lo stesso irreversibile e immodificabile destino di un Edipo o di una Bovary. “Ma a certi personaggi letterari accade che escano dal testo in cui sono nati per migrare in una zona dell’universo che ci riesce molto difficile delimitare.” Leggere un racconto vuole dire essere presi da una tensione, da uno spasimo. Una sensazione forte che però tende a logorarsi in una società in cui tutto, persino l’arte, è subordinato alle leggi del mercato. Ciò porta ad una inevitabile perdita della vera essenza di ogni cosa. Ma la poesia, la letteratura non è una merce. Essa, scrive Eco, “è uno di quei poteri immateriali non valutabili a peso ma che in qualche modo pesano”. In questo mondo dominato dal consumismo, in cui il denaro è diventato “il generatore di tutti i valori”, come lo definisce Galimberti, si tende a dare più importanza ai beni materiali che a quelli immateriali, proprio come la poesia e la letteratura. Si mette a rischio così la propria libertà.

La letteratura, infatti, non solo svolge una grande funzione educativa dei singoli, ma serve a rafforzare quel senso di unità e di appartenenza alla comunità umana, grazie al quale tutti gli uomini entrano in comunicazione e possono sentirsi in qualche modo solidali. La letteratura serve a educare i nostri sentimenti, cosi spesso indomabili perché non conosciuti a sufficienza. Inoltre, la non lettura porta solo ad una minor preparazione ad accettare le leggi inesorabili della vita.

Un consiglio in più