Operatore turistico, prova svolta per l'Istituto Tecnico per il Turismo

Gli studenti dell'Istituto Tecnico per il Turismo devono affrontare una seconda prova sulla figura dell'operatore turistico: ecco una prova svolta sul Forum Maturità

Operatore turistico, prova svolta per l'Istituto Tecnico per il Turismo

L’operatore turistico è una figura importante nel settore del turismo perché si occupa dell’ideazione e organizzazione di viaggi e soggiorni personalizzati. Fornisce ai clienti consigli su itinerari di viaggio ed escursioni, verifica la qualità della struttura che riceverà il turista e la disponibilità di posti, prenotando e consultando orari di partenza per i mezzi di trasporto. Esistono 2 tipi di operatori: sociale e culturale. Il turismo sociale si basa sul principio di sostenibilità sociale, ambientale ed economica. Privilegia i servizi alla persona, promuove il rispetto delle diversità culturali dei paesi di accoglienza e dell’ambiente. Diventare operatore turistico sociale, quindi, non è solo essere uno specialista del turismo ma una figura complessa, capace di rispondere a un bisogno di socialità dei viaggiatori.

Il settore del turismo sociale è un mercato piuttosto giovane che non ha ancora acquisito una propria identità, quindi l’operatore turistico sociale è un professionista nuovo ma richiesto. Poiché il turismo sociale è promosso e organizzato da associazioni e strutture ONLUS, ad esse si dovrà rivolgere di preferenza chi vuole diventare operatore turistico sociale. Il turismo culturale è un po’ la nuova frontiera dell’industria turistica italiana, vista la ricchezza in beni culturali di cui dispone il territorio nazionale. In questo ambito si colloca il ruolo dell’operatore culturale, chiamato ad agire in un settore che manifesta una crescente richiesta. Diventare operatore turistico culturale vuol dire ideare e programmare itinerari turistici specializzati, fare da consulente per valorizzare lo sviluppo di determinate aree o iniziative culturali, organizzare viaggi d’istruzione per scuole o particolari categorie sociali.

Le agenzie di viaggio che producono pacchetti tutto compreso, definite dalla legge organizzatrici di viaggi, sono comunemente indicate come tour operator, anche se tale denominazione non è presente nella normativa italiana. Si è visto che devono essere in possesso di un’apposita autorizzazione denominata, nella maggior parte delle regioni. Come abbiamo detto in precedenza la denominazione tour operator non è presente nella normativa italiane e di conseguenza non è giuridicamente definita. Nella normativa italiana si parla solo di agenzie di viaggio e turismo, alle quali si attribuisce una duplice funzione: di organizzazione (tour operating) e di intermediazione.

D’altronde si tratta di un termine di introduzione relativamente recente nel nostro paese. Fino alla metà degli anni Settanta gli organizzatori di viaggi venivano chiamati grossisti, termine che era posto in contrapposizione con quello di dettaglianti, con cui erano identificate le agenzie rivenditrici. Questa distinzione nasceva dal fatto che in Italia i viaggi offerti al pubblico erano assemblati con una logica di agenzia, che si limitava ad acquistare i servizi che poi venivano rivenduti ai clienti, senza assumere rischi imprenditoriali tipici delle grandi aziende del nord Europa, che, già nel dopoguerra, operavano con catene di charter e acquisivano hotel nelle destinazioni di loro interesse.



Quindi, il tour operator identifica come un’impresa con struttura operativa e finanziaria di tipo industriale specializzata nell’organizzazione di viaggi-vacanze preconfezionati, offerti sul mercato e venduti tramite le agenzie dettaglianti nel ruolo di intermediarie e di punto d’incontro tra domanda ed offerta turistica ed alle quali perciò viene corrisposta una provvigione. I tour operator possono essere variamente classificati. Dal punto di vista dell’area geografica in cui operano si possono distinguere: i tour operator specializzati nell’outgoing, cioè nell’organizzazione di viaggi a all’estero; i tour operator che si occupano di incoming, organizzando viaggi nel loro paese destinati a una clientela estera; i tour operator nazionali, che producono viaggi interni al loro paese per una clientela del paese stesso; i ricettivisti, che organizzano servizi per i turisti in arrivo nelle località turistiche dove hanno sede; gli agenti generali, che organizzano viaggi su determinate aree per conto di compagnie aeree o di enti pubblici, non in possesso dell’autorizzazione necessaria.

Un tipo di classificazione può riguardare il tipo di prodotto che i tour operator organizzano, e, da questo punto di vista, si hanno gli specialisti nei soggiorni al mare, gli specialisti della montagna, quelli che si occupano di viaggi-avventura, quelli che producono vacanze-studio, quelli specializzati per viaggi dei giovani, quelli che producono viaggi per anziani ecc. Dal punto di vista della tipologia dei prodotti che forniscono e del loro rapporto con i mercato si possono distinguere: tour operator intermediari; tour operator autori; tour operator vuoto per pieno. I tour operator intermediari, possono essere definiti in questo modo i tour operator che producono viaggi nei quali prevale l’attività di intermediazione e ni quali l’aspetto organizzativo e creativo ha scarso peso. Costituiscono la grande maggioranza dei tour operator e dei prodotti venduti.

I tour operator autori. Il viaggio, nella fantasia del turista, è qualche cosa di più di un passaggio aereo più un albergo. Nel caso sopra indicato il tour operator si limita a fornire gli elementi-base sui quali è il viaggiatore a costruire il proprio viaggio. In altri casi il tour operator fornisce tutto il viaggio, organizzandone l’intero itinerario, togliendo al turista qualsiasi onere, creando un prodotto completo, che invita il consumatore ad acquistare ed assaporare così com’è. Nel primo caso il tour operator si limita ad aiutare il viaggiatore, evitandogli alcune incombenze fastidiose (prenotazioni, acquisto biglietti ecc…). In questo caso lo si invita a farsi portare laddove non sarebbe in grado di andare per conto proprio, perché non ha le informazioni e l’esperienza che gli consentano di farlo.

Si può pertanto parlare di tour operator che sono autori, che creano un prodotto. I tour operator vuoto per pieno, quelli che operano in questo modo non si distinguono per il tipo di viaggio che propongono, ma per come lo organizzano. I tour organizer sono gli organizzatori di viaggi di gruppo su domanda. Possono essere sia tour operator sia agenzie di viaggio che operano prevalentemente come intermediarie. Occorre però distinguere i tour operator in tour operator di piccole dimensioni: questi non hanno bisogno di un elevato “patrimonio fisso” ed il “capitale circolante”, tende ad “autoalimentarsi” in quando la produzione dei servizi che vanno a comporre il “pacchetto” viene per lo più sostenuta dai vari fornitori attraverso i propri finanziamenti. È questa la caratteristica della maggior parte dei tour operator italiani.



Inoltre una accurata gestione della liquidità derivante dall’anticipazione delle “entrate” sulle “uscite” può determinare un “utile finanziario aggiuntivo”. Una tale favorevole situazione di equilibrio finanziario può però, in certi casi, venir alterata se il tour operator si trova nella condizione di dover concedere ai clienti talune “dilazioni” di pagamento o se, non essendosi ancora affermato sul mercato, deve effettuare degli “anticipi” ai fornitori. Tali ipotesi porterebbero alla necessità di reperimento di capitali proprio o di terzi, dietro pagamento, in questo secondo caso, di un tasso di interesse.

I tour operator di medio-grandi dimensioni: in Italia si sta osservando che i tour operator di grandi dimensioni stanno cercando di aumentare ulteriormente la loro dimensione aziendale direttamente e/o attraverso “fusioni” con altri operatori di settore (tour operator vettori aerei, hotel…). I medi tour operator o si stanno specializzando su alcune destinazioni particolarmente appetibili o cercano di coalizzarsi tramite accordi di “gruppo”, di “consorzio” ed altro al fin di diventare più competitivi sul mercato dei viaggi.

Tale fenomeno legato all’espansione aziendale è stato fortemente accentuato dall’apertura delle frontiere (mercato U.E.) che ha messo i nostri tour operator in diretta concorrenza con quelli dei paesi europei notoriamente di dimensioni ben più ampie e quindi con la possibilità di vendere gli stessi “prodotti” a prezzi più bassi. Il “sole-mare” non basta più. Per essere competitivo, il turismo italiano deve confrontarsi con il nuovo turista, che richiede servizi di avanguardia, qualità e possibilità di assemblare in autonomia la propria vacanza. Negli ultimi anni si è più volte sentita la denuncia della mancanza di politiche nazionali e strategiche per il turismo italiano; per comprenderne il senso ed il peso bisogna metterla in relazione con le dimensioni economiche che caratterizzano il settore turistico nel quadro del sistema produttivo italiano.

I temi ad oggi problematici per il sistema turistico italiano sono effettivamente diversi, numerosi e complessi, perciò una sintesi aiuterà ad illustrare l’insieme delle questioni più importanti. Poichè l’analisi è finalizzata, come si andrà chiarendo più avanti, a delineare una possibile prospettiva per il rilancio delle attività turistiche quali fattore di sviluppo non solo nazionale, ma locale e territoriale per l’Italia, appare coerente muovere in questa ricognizione a partire dal tema della polarizzazione del turismo italiano. È ormai diventato un luogo comune la denuncia (soprattutto da parte degli operatori) che la grande maggioranza delle presenze turistiche si concentra in poche settimane dell’anno, e non c’e convegno nel quale non si ponga come obiettivo quello della destagionalizzazione.

Manca tuttavia una altrettanta manifesta consapevolezza della concentrazione territoriale delle presenze turistiche ovvero del fatto che il 55% del fatturato turistico italiano si concentra in sole 5 regioni: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Trentino Alto-Adige, a svantaggio del Mezzogiorno; il Sud infatti è una destinazione poco scelta non solo dalla componente straniera (solo il 13% degli stranieri che vengono in Italia), ma anche dagli italiani delle altre regioni (solo il 18% di coloro che compiono le vacanze in Italia).

Tale polarizzazione territoriale si va oltretutto accentuando, grazie all’incremento degli arrivi nelle destinazioni storiche – specialmente quelle che registrano un certo livello di investimento e quindi conservano la propria attrattività – e le persistenti difficoltà delle destinazioni minori di mettere insieme una massa critica di offerta e di accrescere l’efficienza commerciale. Questa della territorialità del turismo è tutt’altro che una considerazione banale se l’assunto di partenza è la presenza in Italia di molti turismi che, al di là della tipologia di prodotti offerti, si caratterizzano soprattutto in virtù dei luoghi e dei territori.

Possiamo, per semplicità, identificare innanzitutto tre tipologie di distretti:
- Distretti turistici maturi. Sono quelli che storicamente si sono sviluppati per primi, e che tuttora rappresentano gran parte dell’offerta turistica italiana; si nota in essi un’alta incidenza del valore aggiunto turistico rispetto alle altre economie produttive, e sono investiti da dinamiche tipiche del compimento del ciclo di vita del prodotto. Costituiscono prevalentemente destinazioni balneari e di montagna.
- Città d’arte e luoghi dell’italian lifestyle. Sono le città dove la memoria storica e culturale convive con successo con il turismo, e i luoghi caratterizzati dalla forte identità legataall’italian lifestyle, attraversati dalle ultime tendenze del turismo: landscape, wellness,wineland, charme.
- Aree a potenziale sviluppo. Sono aree dove le attrattive paesaggistiche, naturalistiche, culturali (nel senso soprattutto delle tradizioni), eno-gastronomiche creano un importante potenziale turistico, che ancora deve essere sviluppato appropriatamente, anche se in molti casi si sta ormai raggiungendo un grado piuttosto avanzato di attività. Il turismo potrebbe qui divenire un forte traino allo sviluppo economico complessivo.

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