Sfruttamento minorile | Video

Gli Stati riconoscono il diritto di ogni bambino ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e a non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o possa nuocere alla sua salute

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Tuttavia secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale del Lavoro, nel mondo 250 milioni di bambini al di sotto dei 14 anni sono costretti a lavorare. È difficile però avere dati certi sull’entità del lavoro minorile in quanto non esistono statistiche complete e nella gran parte dei casi i governi e i datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza. Lo sfruttamento minorile è al tempo stesso causa e conseguenza della povertà. Ma, nonostante la relazione fra povertà e lavoro minorile, non bisogna concludere che lo sfruttamento minorile sia un frutto inevitabile della povertà, perché ci sono nazioni con un reddito pro capite basso che hanno pochi bambini al lavoro e viceversa. Il lavoro minorile si sviluppa quando la gente deve affrontare da sola la propria povertà. Senza scuola e sanità gratuita, senza quella solidarietà sociale che consente di soddisfare almeno i bisogni di base, le famiglie devono chiedere a tutti i componenti, compresi i più piccoli, di darsi da fare per rispondere ad un unico imperativo: sopravvivere.

Altra causa del lavoro minorile è la sete di profitto: i padroni preferiscono assumere i bambini perché sono più docili, si lasciano sfruttare senza opporre resistenza, sono più abili e adatti per alcuni lavori e non scioperano. Il termine "sfruttamento intollerabile" indica in genere l’impiego dei minori in attività nocive e pericolose per il fisico e la mente, lavori pesanti legati allo sfruttamento e alla schiavitù, la prostituzione e l’uso in traffici criminali. Con "sfruttamento infantile" si indicano tutte le occupazione a tempo pieno in età precoce, che determinano indebita pressione fisica, sociale o psicologica ed eccessive responsabilità, compromettendo la dignità del bambino e pregiudicandone lo sviluppo fisico, sociale e psicologico. Le convenzioni internazionali fissano per legge l’età minima di accesso al lavoro, ma tali leggi sono del tutto disattese nei vari paesi e il lavoro minorile si continua a praticare in molti paesi.

Le forme del lavoro minorile sono tra le più diverse: dalla riduzione in schiavitù vera e propria, diffusa in particolare nel settore dei lavoratori domestici, al lavoro in fabbriche e a quello nel settore agricolo. I bambini diventano operai stagionali in miniatura, costretti al lavoro in campi infestati dai pesticidi con seri rischi per la salute o piccoli pastori che lavorano anche 15 ore al giorno. C'è poi il settore in grande espansione dei bambini soldato, che sono molto "apprezzati" in quanto non devono essere pagati, non hanno il senso del pericolo, sono particolarmente coraggiosi e vengono spesso usati come carne da macello da buttare in prima linea per rompere il fronte avversario o per aprire piste nei campi minati. Una tentata diserzione può portare agli arresti e, in qualche caso, ad una esecuzione sommaria. Anche le ragazze, sebbene in misura minore, sono reclutate e frequentemente soggette allo stupro e a violenze sessuali.

Un altro fenomeno diffuso è quello della prostituzione minorile a cui, nel mondo, ogni anno, almeno un milione di bambine viene avviato.

Molte famiglie arrivano a consegnare i propri figli in cambio del riscatto del debito che non riescono a saldare. A fronte di questa complessa ed estesa realtà l’Unicef cerca di intervenire  e porre rimedio con due tipi di azioni: da un lato programmi di sostegno all'economia familiare, che rendano meno necessario il ricorso al lavoro dei più piccoli, dall'altro interventi a favore dei bambini lavoratori, per tutelarli e per garantire loro possibilità di scuola e istruzione professionale.

In tutti o quasi i paesi, infatti, c'è uno stretto rapporto tra abbandono della scuola e lavoro minorile. Ma se si vuole rendere realistico l'obiettivo di eliminare il lavoro minorile, è necessario creare alternative per i ragazzi che già lavorano, che consentano loro di acquisire istruzione e qualificazione professionale ma garantiscano anche un reddito minimo.

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