Letteratura: fusione della cultura greca e romana
Letteratura greca imperiale: la fusione della cultura greca e romana dopo la caduta della Grecia sotto il dominio di Roma
LETTERATURA: FUSIONE DELLA CULTURA GRECA E ROMANA
I Greci dominarono le scuole, ispirarono un affinamento della letteratura latina; scrittori greci si trasferirono in Italia, i Romani andarono a studiare in Grecia. Ancora viva per qualche decennio, la produzione letteraria greca si affievolì tra il sec. I a. C. e il I d. C., per rinascere nuovamente verso il 100 d. C. e conoscere un estremonotevole splendore tra il sec. II e il V.
Solo la poesia pare ormai del tutto isterilita: unico suo frutto delizioso, brillantissimo ma esile, l'epigramma. Questo genere, già tipicamente alessandrino, si sviluppò per tutta l'età romana attraverso decine di poeti; se ne trovano adunati moltissimi in una raccolta in 15 libri che si venne costituendo a più riprese a partire dal sec. I a. C. e intitolata Anthologia Palatina dall'unico manoscritto a noi giunto, conservato nella Biblioteca Palatina di HeidelberGrecia. I temi sono quelli funebre, amoroso, descrittivo, trattati con un'arguzia, che è carattere comune a questi brevi, forbiti componimenti.
ETA' IMPERIALE, LETTERATURA GRECA: AUTORI, TEMI E GENERI
I maestri più antichi furono, nel sec. III a. C., Asclepiade di Samo, Leonida di Taranto e Nosside; in età romana, Meleagro di Gadara (sec. I a. C.) e Filodemo, suo concittadino e contemporaneo, attivo a Ercolano con grande influenza sui poeti latini del tempo.
Notevole sviluppo ebbe invece la prosa, anzitutto quella storica con uno dei suoi massimi geni, Polibio di Megalopoli (ca. 200-ca. 120 a. C.). Le sue Storie (40 libri, a noi noti i primi 5) sono uno studio autentico della crescita di Roma, dalle guerre cartaginesi ai suoi tempi, con la presentazione dei fatti e la discussione delle loro cause. Sono invece banditi i discorsi e gli altri abbellimenti retorici: l'opera è delle più spoglie e incolori letterariamente, con stile impacciato e pesante; anche la freschezza della scrittura greca è tramontata per sempre, ma è nato un nuovo, moderno modo di fare la storia come scienza.
Solo come compilatori di ampie sintesi storiche vanno poi ricordati Dionisio d'Alicarnasso, che fu anche retore, e Diodoro Siculo nel sec. I a. C.; Appiano e Dione Cassio nel II d. C.; e per la geografia Strabone (sec. I a. C.-sec. I d. C.) e Pausania (sec. II d. C.).
Più interessanti per la partecipazione personale, La guerra giudaica e le Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe, un ebreo palestinese coinvolto nello scontro fra i suoi connazionali e i Romani a Gerusalemme nel 70 d. C.; e, per i loro valori intrinseci e per l'enorme fortuna nei secoli seguenti, fino al nostro, gli scritti di Plutarco di Cheronea (ca. 46-ca. 125 d. C.). Nelle Vite parallele, serie di biografie di Greci e di Romani in parallelo, gli avvenimenti cedono al tipo, alla caratterizzazione umana e morale del personaggio. L'opera è significativa del suo tempo proprio per questa minuzia storica collegata con la filosofia e per il senso estetico greco accoppiato al patriottismo romano. Il suo alto senso morale risente dell'epoca, quando lo stoicismo si diffonde a Roma fino a raggiungere il trono.
Già tra il sec. II e il I a.
C., Panezio e Posidonio Rodio avevano recato la ricchezza delle scienze e del pensiero greci, con eclettismo, fra le classi colte romane. Nel sec. I d. C. fu Epitteto, uno schiavo frigio domiciliato a Roma e poi in Epiro, ad attrarre col suo insegnamento e il suo esempio stoico.
Poi lo stesso imperatore Marco Aurelio scrisse in greco i suoi Ricordi, austeri e persino cupi per gli insegnamenti dello stoicismo e ancor più per una profonda personale malinconia. Ma il suo stesso secolo (II d. C.) vedeva ormai piuttosto la risurrezione della sofistica: filosofi-retori acquistavano successi con le loro conferenze vuote e negative ma brillanti; il più celebre è Luciano di Samosata (ca. 120-ca. 180), che incarnò un'età ormai priva di ideali e di fermenti culturali vivi e originali.
Alla fine del sec. II fiorì anche un genere poco coltivato nell'antichità: il romanzo, d'avventura e d'amore, che ebbe i suoi autori più rappresentativi in Senofonte Efesio, Longo Sofista, Achille Tazio.
LETTERATURA BIZANTINA: RETORICA E SOFISTICA
La retorica e la sofistica occuparono il secolo seguente, quando pur nacque l'ultima grande scuola filosofica del paganesimo, il neoplatonismo: una ripresa a sfondo fortemente mistico e irrazionale del pensiero di Platone, con tutte le complicazioni ma anche gli ammodernamenti del pensiero orientale e cristiano, che ha avuto il suo maestro nell'egiziano Plotino (205-270). Ancora nel sec. IV, accanto a retori e sofisti come Imerio, Temistio e Libanio, e nella scarsità di altre manifestazioni letterarie, la filosofia neoplatonica ebbe grandi cultori, quali Giamblico, scolaro di Porfirio, e l'imperatore Giuliano (331-363), e più tardi ancora, agli inizi del sec. V, una donna, Ipazia, e Proclo. Per il resto, non continuarono che gli studi retorici, le compilazioni storiche e grammaticali, il romanzo, la poesia epigrammatica.
Un'ultima fiammata la letteratura greca ebbe sotto Giustiniano, imperatore a Costantinopoli dal 527 al 565: fu l'età dei poeti Agatia e Paolo Silenziario e delle Storie di Procopio, con cui si apriva ormai il periodo bizantino.
Del resto, caratteri suoi particolari di spirito, se non di lingua, e in parecchi casi anche di idee, aveva già avuto negli ultimi secoli la letteratura cristiana in greco, accanto a quella pagana: in greco si erano diffuse le Sacre Scritture, greci erano stati i primi apologisti della nuova religione, quali Giustino e Clemente Alessandrino nel sec. II; poi i grandi teologi quali Origene (sec. III), i polemisti quali Atanasio, gli storici quali Eusebio, e i padri della Chiesa, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo e Giovanni Crisostomo, nei sec. IV e V.
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