Letteratura medievale: storia, caratteristiche, opere e generi

Storia e caratteristiche della letteratura medievale, le opere ed i generi letterari con la nascita dei volgari, chanson de geste, poesia trobadorica e romanzo cortese
Letteratura medievale: storia, caratteristiche, opere e generi
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1Il contesto linguistico della letteratura medievale

Trovatori provenzali
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Siamo nel V-VI secolo d. C., in un’Europa che ha cambiato da circa tre secoli la sua fisionomia: l’Impero romano d’Occidente si è sgretolato; sono entrati i barbari e tra questi i Goti, i Franchi, i Longobardi. Tutto l’apparato burocratico e culturale si sta assestando in nuove forme. 

E così anche la lingua. Infatti con piccole, lente ma progressive corruzioni, il latino parlato si evolve nelle lingue romanze, chiamate così perché il sostrato era la appunto la lingua dei romani (romanice loqui). Ma il latino continuava a permanere come lingua ufficiale scritta oltre che internazionale: possiamo intenderlo come l’equivalente dell’inglese di oggi. Era pur sempre la lingua imperiale.

Occorre, però, precisare che già da qualche secolo il latino che per comodità definiamo ‘classico’ era rimasto solo nelle zone più alte della società romana e spesso solo nello scritto.  

1.1La nascita dei volgari

Col passare del tempo la forbice tra le due lingue si allarga: lo vediamo nella famosa Appendix Probi, una lista di 227 parole latine in cui un grammatico (forse del VI secolo) corregge i suoi studenti proprio come facciamo oggi noi professori: dice ai suoi alunni di scrivere “speculum non speclum [ossia ‘specchio’, cl diventa cch]”, “vetulus non veclus [vecchio]”, “columna non colomna [mn diventeranno nn per assimilazione]”, “auris non oricla [orecchia]”. Specie per quest’ultima parola possiamo notare quanto le infiltrazioni del parlato penetrino nella lingua scritta, più refrattaria ai cambiamenti. La lingua è viva e sempre in evoluzione (pensiamo oggi alla triste scomparsa dei congiuntivi, ahimé!).

1.2Un bilinguismo volgare / latino

Comunque, anche nelle stanze del potere fu presto necessario comprendere e accettare che si era di fronte a un bilinguismo volgare/latino. Il certificato di nascita dei volgari è ritenuto il giuramento di Strasburgo dell’842 d. C., redatto da Carlo il Calvo e da Ludovico il Germanico in tre lingue, ossia proto-francese, alto-tedesco antico e latino.

Per la prima volta il volgare compare in veste ufficiale e non più ufficiosa. Per l’italiano dobbiamo aspettare il 960 d. C. con il cosiddetto Placito capuano, primo documento ufficiale in cui compare in forma scritta il volgare (di coloritura umbra), preceduto dal famoso indovinello veronese. Dunque, per chiarire, dal latino, con tempi e modi diversi, emergono volgari importanti come lo spagnolo, il francese, l’occitano, l’italiano, il portoghese.

1.3Lingua d’oc e lingua d’oïl in Francia

Tuttavia le prime tradizioni letterarie di rilievo si affermano proprio in Francia dove a nord si diffonde la lingua d’oïl e come genere letterario primeggia la Chanson de geste, mentre a sud la lingua occitana, anche detta lingua d’oc, che si distingue per la lirica d’amore. Entrambe queste lingue influenzano profondamente la lingua e la tradizione letteraria italiane. Bisogna precisare che il volgare proprio perché lingua del popolo, era associato alla letteratura più bassa (profana) secondo l’idea della Rota Vergilii.  

Tuttavia nel tempo si affermò una nuova retorica cristiana, basata sullo stile umile dei Vangeli, che potesse comunicare a più livelli della società: così ci fu la rivalutazione del sermo humilis, che divenne poliedrico, come sottolinea il grande Auerbach. Punto culminante della nascita di un nuovo stile letterario nel volgare è la monumentale Commedia di Dante che innalza la lingua e la letteratura profana dagli inferi, alla terra e dalla terra al cielo.  

2L'intellettuale nella letteratura medievale: giullari e clerici vagantes

2.1Chi è il giullare

Il giullare ebbe un ruolo fondamentale nella produzione letteraria medioevale
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Per capire la letteratura medievale dobbiamo capire l’importanza del giullare che in senso lato è colui che possiede le chiavi della letteratura. È indubbiamente la figura di riferimento di tutta la letteratura medievale. Si è ormai concordi nel definirlo un erede del mimo comico e il «(…) il mimo comico è da sempre il portavoce di un riso trivializzante e la sua vicenda è una perpetua vicenda di bandi ed emarginazioni da parte del sapere alto e dell’ordine costituito». (Gianni Celati, Finzioni occidentali).

Il giullare appartiene ad una categoria speciale di poeti, indipendenti ma spesso non distanti dall’ambiente clericale, che avrebbero prodotto una letteratura popolare portando in giro le loro storie, le loro battute, le loro poesie, i loro lazzi. Giullari e predicatori, infatti, condividevano gli stessi spazi, avvicendandosi, scambiandosi il ruolo.

2.2Il chierico vagante

Alle parabole sacre si sovrapponevano le storie profane e così anche i generi letterari finivano col subire commistioni e rimpasti, oltre che, appunto, continue parodie. Segno di questa osmosi dei due mondi è il chierico vagante, il più illustre avo dei nostri studenti universitari fuori sede e/o in Erasmus.

Il giullare, non ancora vero e proprio letterato, appartiene alla cultura dell’oralità, antitetico ai monaci e dei chierici che padroneggiano la lingua latina, con cui peraltro amano divertirsi: basti citare le commedie elegiache, i carmina burana, tra cui spiccano canzoni che inneggiano al vino e alla crapula, oppure opere assurde come la Coena Cypriani o il Testamentum Porcelli spesso sviluppatesi in ambienti monastici (magari sotto dettatura orale di un giullare o traducendo un testo volgare).

Il giullare è non solo cantore e poeta, ma giocoliere e ballerino. Il termine giullare deriva da iocus, da cui iocularis, e in lui si addensano molte figure diverse e svariati generi letterari così che in lui sopravvivono le caratteristiche principali delle performance letterarie, grazie alla sua enorme versatilità stilistica. Uno dei suoi generi letterari preferito è il contrasto, affine allo strambotto e che darà probabilmente vita anche al sonetto

Tale processo ha creato quindi le basi per una nuova sensibilità letteraria, essenziale per creare quell’interesse che, con l’apporto della letteratura latina ha fondato la letteratura italiana. I giullari sono sempre in cerca di un espediente per poter raccontare davanti a una piazza gremita o a qualche malcapitato viandante. Sono pronti a burlare e dire motti senza risparmiare nessuno. Il giullare va contro l’ordine costituito, spesso contro la Chiesa, profana reliquie e santi, proponendosi come figura di rottura e di sovversione nei riguardi del potere

Semplificando possiamo dire che la Chiesa proponeva una visione basata sul provvidenzialismo, sui dogmi, sulle rinunce e quindi sull’idea di un Destino, mentre la visione che vuole essere rivendicata dai giullari è proprio il Caso, il relativismo che poi sfociano nell’esaltazione dei piaceri umani, uniche certezze dell’uomo.

3I generi della letteratura medievale

3.1La chanson de geste

L'Orlando Furioso deve molto alla tradizione letteraria della Chanson de geste
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Nell’XI secolo in un’ampia regione che comprende la Normandia, la Piccardia, La Champagne e parte dell’attuale Germania si diffusero le Chansons de geste, Canzoni di gesta, dove si raccontano le gesta (le imprese) di eroi e cavalieri.   

Il più famoso di questi racconti è la Chanson de Roland (1075) che avrà una vastissima eco nella letteratura italiana del Quattrocento e del Cinquecento con i poemi cavallereschi di Pulci, Boiardo e Ariosto. Anche in Spagna si diffuse l’epica cavalleresca con il Cantar de mìo Cid, prima opera completa di questo genere.  

Questi testi erano recitati dai giullari (il termine chanson rimanda al canto e alla natura performativa di queste opere) e sono scritte in lingua d’oïl in decasillabo (corrispondente all’endecasillabo italiano). L’argomento è in larga parte il ciclo carolingio, che fa riferimento quindi alle imprese di Carlo Magno annodate ad elementi leggendari.

Da un punto di vista storico-culturale la figura del cavaliere, che nell’etica germanica era uso solo alla violenza e alla forza, viene cristianizzato e arruolato al servizio della causa imperiale e cristiana (contro l’Islam, con un’evidente forzatura storica: Orlando fu ucciso nella battaglia di Roncisvalle molto probabilmente dagli antenati dei baschi). 

Le sue virtù diventano la fedeltà, la saggezza, la castità, il coraggio, il sacrificio, che sono tutte caratteristiche molto adatte alla parodia. Il cavaliere è il protagonista assoluto dei racconti medievali: egli vaga da una parte all’altra, attraversa boschi e radure, combatte mostri, è solitario, si mette a servizio di un re o di una regina, ama di un amore disperato e nobile. È una figura che non a caso possiamo definire “romantica”.

Nonostante questo genere letterario sia nato intorno all XI secolo, tratta di eventi avvenuti molto prima, in quella che possiamo definire “distanza epica assoluta” (Bachtin), cioè avvenuta in un passato lontano e indistinto. Questi eventi sono il frutto di una memoria collettiva e per questo le chansons sono annoverate tra i poemi nazionali. Essi segnano la nascita di una cultura condivisa e di uno spirito nazionale: ti sarà facile notare come i cantori e i menestrelli assomiglino molto agli aedi e ai rapsodi.

3.2La poesia trobadorica

La poesia trobadorica si sviluppa nella Francia del sud nelle regioni dell’Aquitania e della Provenza intorno al XII secolo: ricordati che tutta la lirica medievale italiana prende le mosse da questa scuola poetica.

Una delle crociate, quella contro i catari, portò alla migrazione dei trovatori nella Francia del Nord
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Questa grande stagione poetica si arrestò tra il 1209 e il 1229 quando papa Innocenzo III indisse una crociata contro i Catari che si erano stabiliti in quelle regioni. Per questo i poeti provenzali emigrarono altrove (compresa l’Italia) e contribuirono a diffondere la loro arte: molti si trasferirono nella Francia del nord e quindi poetarono in lingua d’oïl: in questo modo da trovatori divennero trovieri

La poesia trobadorica nacque nell’ambiente laico delle corti presso cui operavano questi poeti, detti appunto ‘trovatori’, da trobar che in provenzale significa poetare. Essi predicavano la fin’amor, ossia una legge d’amore che superasse qualunque vincolo coniugale e qualunque relazione sociale dando alla figura femminile un’assoluta centralità. L’ideale e il rituale della fin’amor fu teorizzato nel De Amore di Andrea Cappellano e per comodità è definito “amore cortese”.

I trovatori usavano tre stili poetici principali: 

  • Il trobar leu, ossia il poetare dolce
  • Il trobar ric, il poetare ricco
  • Il trobar clus, il poetare chiuso, cioè oscuro e artificioso.

La forma metrica più utilizzata era la canso (composta da un numero vario di coblas, stanze) e concluse con una o più tornadas (ossia congedi).

Vari erano gli argomenti e i generi: la pastorella, l’enueg, il plazer, il sirventese. Le loro poesie erano accompagnate da strumenti come la viella (strumento simile al violino), dall’arpa o dal liuto. Uno dei primissimi trovatori fu Guglielmo IX d’Aquitania, conte di Poitiers, ma importantissimi furono pure Arnaut Daniel che Dante descrive come «miglior fabbro del parlar materno» (Purg. XXVI, 117), Bernart de Ventadorn e Bertran de Born.

3.3Il romanzo cavalleresco

In area franco-normanna, nelle corti di Fiandra e di Champagne, con una madrina d’eccezione come Eleonora d’Aquitania, nacque il romanzo cavalleresco che univa al genere epico la tematica amorosa, fondendo, dunque, la poesia trobadorica a il poema cavalleresco.

Tristano e Isotta
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Vide la luce il famoso “ciclo bretone”, che ha per protagonista Re Artù, i cavalieri della tavola rotonda, mago Merlino, Ginevra e Lancillotto, Perceval, Tristano e Isotta. A narrare le storie di Artù fu per primo un chierico gallese Geoffrey di Monmouth (1148 ca.) mentre qualche anno dopo il poeta Thomas diede vita alle vicende di Tristano e Isotta

La vera nascita del romanzo cavalleresco è però da attribuire a Chrétien de Troyes che raccolse tutte le suggestioni culturali del periodo dalla poesia classica allo spiritualismo cristiano, dall’epica carolingia alla poesia trobadorica. Suo è il romanzo più rappresentativo di quest’epoca: Lancillotto o Il cavaliere della carretta (1180), ma è importante anche il Perceval o il racconto del Graal (1190).  

A differenza del poema epico scritto in decasillabi, il romanzo cavalleresco è scritto o in prosa o in versi di otto sillabe. Non nacque per performance di piazza, ma per un pubblico ristretto. Si caratterizza anche per la ripresa delle storie dell’antica Roma (“materia di Roma”) oltre che per il già citato “ciclo bretone”. È interessante notare la fusione tra gli ideali dell’amore cortese e l’etica cavalleresca: la fedeltà al sovrano diventa fedeltà alla donna, vista come una vera e propria domina

Il suo cuore diventa il feudo da concedere al cavaliere, ma la simbologia può farsi anche più spinta assecondando il vitalismo medievale. Ricordiamo che mentre il matrimonio nasceva per contratto, l’amore era libero e veniva concesso a quel cavaliere che avesse superato tutte le prove della domina. L’amore cortese, ergo, è un amore adultero; il che cozzava un po’ con gli ideali cristiani.

Il codice comportamentale e il campo semantico dell’investitura furono quindi utilizzati anche in campo amoroso. È poi importante notare che sia nell’epica cavalleresca, sia nel romanzo cavalleresco ci sia già un cospicuo utilizzo del meraviglioso e della magia, che saranno poi usati (forse anche abusati) da poeti come Ariosto e Tasso.

4Dopo la letteratura medievale

Il medioevo non fu un periodo così buio come l’immaginario comune vuole farci credere. Ci furono fior di intellettuali e poeti, re e regine di grande carisma, nacquero le nostre lingue europee e così anche le nostre letterature. Il termine dispregiativo “medioevo” possiamo allora intenderlo come una vera e propria fase di trasformazione culturale e sociale.

Dall’oralità i racconti trovarono le forme scritte e segnarono la nascita di una cultura nazionale. Dalla figura poliedrica del giullare si staccarono, come dalla creta, i nuovi poeti che animarono le corti europee. Eppure essi mantennero qualcosa di sfuggente, restando errabondi come i personaggi delle loro storie. Così giullari e chierici vaganti, poeti e cavalieri, si presentavano come personaggi letterari, usciti dal mondo della poesia e apparivano e scomparivano a piacimento con le loro storie che ci fanno ancora sognare.

Quando guardo l'allodola volare gioiosa verso il sole... è un miracolo che il mio cuore non si sciolga dalla brama di vederla

Bernart de Ventadorn