La letteratura dell'Italia unita
Indice
1Romanzo e memorialistica: un problema politico
La celebre frase per cui una volta fatta l’Italia il problema diventava fare gli italiani, e che viene tradizionalmente attribuita a Massimo D’Azeglio, spiega con un ironico paradosso molti dei problemi che si ritrovano ad affrontare i politici dell’Italia post-unitaria, e che si ripropongono anche nel mondo della letteratura e della cultura più in generale.
Al di là del diffuso sentimento patriottico che era stato la molla su cui l’ultraventennale processo di unificazione aveva fatto leva, agli intellettuali e ai letterati del neonato stato italiano si ponevano ora due problemi fondamentali:
- il primo era quello di trovare una lingua per gli italiani, cioè di definire un idioma che potesse essere parlato, appreso e condiviso da tutti i parlanti del nuovo stato;
- il secondo, un po’ più strettamente politico, riguardava la narrazione stessa del processo di unificazione, un obiettivo che, vista la situazione internazionale e gli enormi problemi interni come il brigantaggio meridionale, si temeva non essere stato raggiunto stabilmente.
1.1La letteratura pre-unitaria
La memorialistica prodotta nei decenni attorno all’Unità d’Italia è un genere capace di legare la dimensione storica e quella letteraria, dando vita a un prodotto finito che non è definibile né come semplice opera diaristica, né come elaborazione intellettuale e di finzione in senso stretto; le due cose, anzi, vengono spesso unite in una sintesi che prende quasi a pretesto l’esperienza personale per procedere con riflessioni ulteriori, spesso di tipo universale.
È questo certamente il caso che si riscontra nelle maggiori opere della memorialistica pre-unitaria, e cioè Le mie prigioni di Silvio Pellico e il Manoscritto di un prigioniero di Carlo Bini.
In entrambi i casi non si tratta della mera diaristica dell’esperienza carceraria ma del racconto di un’esperienza personale che, tuttavia, trascende la sfera individuale per diventare simbolo di una sofferenza umana;
nel libro di Pellico la prigionia viene narrata attraverso episodi che assurgono a valore simbolico e si caricano di una forte valenza religiosa, un percorso che trova il suo compimento con la riscoperta del cristianesimo da parte dell’autore.
Il Manoscritto di Bini si muove, grosso modo, sulla stessa falsariga di quello di Pellico ma con esiti decisamente diversi, giacché le riflessioni di questo autore sviluppano la consapevolezza della violenza come dominatrice della storia, e della necessità d’imporre una società più equa e democratica.
2Il romanzo: tra linguistica ed epopea
Dal punto di vista letterario gli anni dell’unificazione sono caratterizzati dalla produzione di opere che indagano la storia d’Italia per ricavarne episodi esemplari, dal forte valore simbolico.
Si muovono in questo senso le opere di Manzoni, dapprima con le opere teatrali Il conte di carmagnola e l’Adelchi, in cui la ricerca storica si coniuga con l’afflato patriottico; fili che si ritrovano annodati in maniera diversa, e decisamente più efficace, in quella grande opera che sono I promessi sposi.
Un romanzo, quello di Manzoni, che riveste un’importanza particolare non solo per la sua complessità interna, ma anche per la ricerca linguistica che l’autore esprime nell’edizione definitiva, quella del 1840, in cui definisce un modello per la lingua della nazione unita che riprende dal fiorentino parlato dai ceti colti.
Altra grande opera di questo periodo sono Le memorie di un italiano di Ippolito Nievo, in cui viene narrata la singolare vita di Carlo Altoviti, un personaggio che, nato a cavallo tra Settecento e Ottocento, vive da protagonista gli anni delle guerre napoleoniche, con la nascita della Repubblica Cisalpina, per poi partecipare ai maggiori momenti di mobilitazione patriottica.
Un racconto che unisce finzione letteraria e avvenimenti storici reali, coprendo un arco temporale notevole, e che assume quindi dei toni epici che ben si prestano ad accompagnarsi alla narrazione dell’epopea risorgimentale.
3La memorialistica post-unitaria
L’epopea unitaria si compie nell’arco di un decennio, dall’impresa garibaldina che unisce il sud Italia con il centro nord, fino alla presa di Roma nel 1870. In questo periodo, e in quello successivo, non si fermano le pubblicazioni di autobiografie e opere memoriali, che però assumono un tono diverso da quelle composte prima dell’Unità, abbandonando quelle finalità moralizzanti che sottintendevano alle opere di Pellico e Bini.
La memorialistica post-unitaria si suddivide, grosso modo, tra opere di tono più marcatamente autobiografico e la memorialistica garibaldina.
Del primo gruppo fanno parte opere come le Ricordanze della mia vita di Luigi Settembrini, I miei ricordi di Massimo D’Azeglio e le Memorie poetiche di Niccolò Tommaseo, tutte opere che hanno in comune il fatto di essere state scritte da persone impegnate a vario titolo nella vita politica del Paese, patrioti che tuttavia non hanno partecipato direttamente, armi in pugno, al processo di unificazione nazionale.
Autori di opere in cui prevale il dato personale, la riflessione politica e morale, più che la celebrazione dell’avvenuta unificazione.
Tra queste opere va evidenziata l’importanza delle Ricordanze del napoletano Luigi Settembrini sia per il loro valore testimoniale che per quello letterario; l’autore, mazziniano di lungo corso, prende parte alle rivolte antiborboniche nel 1847, cosa che gli costa la prigione e l’esilio una volta che la sollevazione viene repressa.
A Londra, nel 1859, scrive i primi capitoli della sua autobiografia, mentre quelli finali, per certi versi soltanto abbozzati tra il 1974 e il 1976, anno della sua morte; il prodotto è un’opera complessa, che risente dei cambiamenti ideologici dell’autore, che comunque rimane fedele ai principi di laicismo e di anticlericalismo, che difatti impregnano l’opera.
3.1La memorialistica garibaldina
La memorialistica garibaldina non ha caratteristiche specifiche a connotarla, se non quella di risentire pesantemente dell’impronta autobiografica dei suoi autori, impegnati a descrivere un’esperienza umana e personale irripetibile e, perciò, vista con nostalgia e narrata con toni decisamente agiografici.
Spesso lo stile è volutamente troppo elaborato, al punto da rendere difficile la lettura, come nel caso di Camicia rossa di Alberto Mario, garibaldino che critica fortemente l’operato del regno sabaudo.
Altre opere si attengono a un approccio più cronachistico, come I Mille. Da Genova a Capua di Giuseppe Bandi, e Da Quarto al Volturno. Notarelle di uno dei Mille di Giuseppe Cesare Abba, che con una narrazione diaristica e uno stile effervescente racconta la propria esperienza militare con un intento evidentemente celebrativo.
4Francesco de Sanctis
Nel panorama dell’impegno letterario e patriottico la figura di Francesco De Sanctis occupa un rilievo particolare. Avellinese, ma napoletano d’adozione, De Sanctis prende parte alle sollevazioni antiborboniche di Napoli tra il 1847 e il ’48, cosa che gli costa, una volta che i Borbone erano ritornati sul trono, due anni e mezzo di carcere; scontata la pena, affronta l’esilio che gli impedisce di prendere parte alla spedizione dei Mille.
Filosofo, poeta, drammaturgo, Francesco De Sanctis viene eletto più volte nel parlamento del neonato Regno d’Italia, partecipando così alla vita politica anche dopo l’unificazione; tuttavia viene ricordato essenzialmente per la sua attività di critico letterario.
Tra il 1866 e il 1872 sviluppa e sintetizza le proprie idee di critica letteraria: nel 1870 e nel 1871 pubblica i due volumi della Storia della letteratura italiana, mentre i Nuovi saggi critici sono dell’anno successivo.
Partendo da posizioni hegeliane sviluppa una modalità di critica basata sulla contestualizzazione del testo letterario, che egli analizza non in quanto opera in sé, astratta, ma come frutto di una serie di condizioni cronologiche, sociali e politiche, cosa che lo porta anche ad indagare la vita dei singoli autori e a compiere, in maniera più generale, un processo di storicizzazione della letteratura; secondo la lettura di De Sanctis sono le idee che ogni autore si prefigge di trasmettere che ne determinano lo stile, e in questo modo anche lo stile diventa qualcosa di storicamente determinato.