Legislazione bancaria e Sistema bancario italiano

La legislazione bancaria e il sistema bancario italiano: cosa dice il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.

Legislazione bancaria e Sistema bancario italiano
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LEGISLAZIONE BANCARIA E SISTEMA BANCARIO ITALIANO

La legislazione bancaria
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La legislazione in materia bancaria è stata profondamente modificata in tempi relativamente recenti da due Testi Unici.

Il primo testo unico, del 1993, venne chiamato Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia e riunì una serie di leggi emanate nel corso degli anni '90 per accogliere le direttive europee in materia bancaria.

Il secondo, del 1998, ha in parte integrato e in parte anche modificato il T.U. del '93 e che è stato chiamato Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

Prima del '93, l'attività bancaria era regolata da un insieme di disposizioni emanate nel corso di diversi anni che venivano riassunte sotto il nome di "Legge Bancaria".

Il punto di riferimento della cosiddetta Legge Bancaria era un regio decreto legge del '36, poi a più riprese rivisto e modificato fino ad arrivare appunto alla revisione completa della normativa del '93.

La legge bancaria si basava su alcuni principi cardine che traevano la loro origine dalla grave crisi che interessò il settore bancario in corrispondenza della crisi del '29, quando anche le banche risentirono pesantemente della crisi delle industrie visto che buona parte del capitale delle banche era detenuto dalle industrie sotto forma di partecipazioni e visto anche che le industrie non avevano le risorse necessarie per rimborsare i debiti che avevano verso gli istituti di credito i quali si trovarono quindi in grave carenza di liquidità e ottennero in quegli anni risultati economici oltre che finanziari catastrofici.

Questi principi cardine erano, in particolare:

  • la proprietà pubblica delle imprese bancarie, che finirono tutte per essere controllate dallo Stato e in particolare dall'IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale, che acquisì le partecipazioni in attività industriali che erano detenute dalle tre maggiori banche del tempo e acquisì anche la maggioranza del capitale delle banche stesse;
  • la separazione netta tra le attività industriali e quelle di intermediazione creditizia;
  • la specializzazione temporale, cioè una banca non poteva concedere finanziamenti a breve e a lungo allo stesso tempo, doveva decidere se specializzarsi nei finanziamenti a breve (e prendere quindi il nome di banca commerciale o istituto di credito ordinario) o nei finanziamenti a lungo (e prendere il nome di istituto di credito speciale);
  • la specializzazione settoriale, cioè gli istituti di credito speciali (e solo quelli, quindi questo non vale per le banche commerciali) dovevano scegliere un settore in cui operare (si trattava di macro-settori, che comprendevano in realtà un numero piuttosto cospicuo di attività economiche) e potevano concedere finanziamenti solo alle imprese operanti in quel settore;
  • il pluralismo degli istituti di credito, nel senso che essi potevano assumere la forma giuridica che meglio si adattava al tipo di attività e alla realtà locale in cui i vari istituti si trovavano ad operare, ma erano sottoposti a una diversa regolamentazione a seconda della forma giuridica adottata;
  • l'istituzione della Banca d'Italia, unico istituto incaricato dell'emissione di moneta.

A partire dal '93 poi, come detto, c'è stato questo profondo rinnovamento, che ha avuto come principi cardine:

  • la liberalizzazione dell'attività bancaria e il mutuo riconoscimento, con l'ingresso nel settore dell'intermediazione creditizia di molte imprese capaci di fare concorrenza ai colossi del credito che esistevano già a inizio secolo e con la possibilità offerta alle imprese bancarie straniere di installare le loro filiali in Italia (la stessa cosa ovviamente la possono fare le banche italiane, che possono quindi installare le loro filiali in ogni Paese dell'area Euro senza limitazioni, secondo appunto il principio del mutuo riconoscimento);
  • l'accrescimento dell'efficienza delle aziende di credito italiane in modo da poter sostenere il confronto con gli istituti di credito europei, realizzato anche attraverso la privatizzazione degli istituti di credito che fino agli anni '90 erano in gran parte controllati ancora dallo Stato;
  • la despecializzazione temporale e settoriale delle banche, che così sono lasciate libere di concedere finanziamenti senza limiti temporali o di settore;
  • la prudente gestione dell'attività creditizia e la ricerca della stabilità del sistema finanziario, in modo da tutelare il pubblico risparmio e evitare gravi crisi di settore come quella che si era verificata a inizio secolo;
  • la possibilità di acquisire partecipazioni in imprese sia del settore creditizio che di altri settori, anche se in questo senso restano ancora alcuni limiti;
  • la definizione tassativa della forma giuridica delle imprese bancarie, che devono necessariamente essere società per azioni o società in accomandita per azioni senza differenze di trattamento a seconda che venga assunta l'una o l'altra forma giuridica.
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