Le Tragedie di Seneca: riassunto

Tragedie di Seneca: riassunto, caratteristiche e struttura, stile, analisi in breve del contenuto e finalità pedagogica

Le Tragedie di Seneca: riassunto
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Seneca

Tragedie di seneca: quali sono?
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Seneca scrisse nove tragedie durante gli anni della sua attività presso la corte dell'imperatore Nerone e anche dopo il suo ritiro dalla vita politica, nel 62 d.C.

Le tragedie ci sono pervenute in forma compiuta, si ispirano al teatro greco, soprattutto alle tragedie di Euripide.

 

Seneca in queste opere concepisce il mito come exemplum per esprimere i concetti della filosofia stoica. Il trattato filosofico viene sostituito così dalle tragedie che hanno carattere pedagogico e morale: è come se Seneca volesse insegnare a Nerone in che modo può degenerare il potere.

I temi sono simili a quelli del De clementia. Seneca mette in scena storie sanguinarie e forti per esortare l’uomo alla moderazione, alla magnitudo animi. Nelle tragedie troviamo un grande sperimentalismo: viene meno la compostezza classica. Nel teatro greco era evidente il rapporto uomo-Dio, mentre in Seneca il mondo divino è totalmente assente.

Seneca mette in evidenza, piuttosto, il rapporto tra mens bona e furor (saggezza e pazzia).

Ad esempio, l’eroe che è simbolo della forza, Ercole, è presentato in due momenti in cui non è la forza a caratterizzarlo ma la follia. Nell’Hercules Furens l’eroe che ha vendicato le offese subite dalla moglie Megara e i suoi figli uccidendo il crudele Lico, è reso folle da Giunone, tanto che non riconosce più i suoi cari e li stermina (solo dopo riprenderà coscienza ed andrà a purificarsi ad Atene).

Seneca è attratto dall’aspetto macabro del mito. Nell’Hercules Oetaeus egli è reso folle dalle sofferenze spaventose prodottegli dalla tunica tinta col sangue del centauro Nesso, inviatagli dalla moglie Deianira, ignara del potere del suo dono. Ercole muore straziato e solo dopo la morte riacquisterà la sua fisionomia eroica.

Seneca: tragedie

Il principio razionale che regola l’universo non può arginare il dilagare della pazzia.

Altre due tragedie si rifanno al mito miceneo: L’Agamemnon e il Thyestes. L’Agamemnon parla del ritorno di Agamennone a Troia e la sua uccisione da parte della moglie Clitemnestra e l’amante di quest’ultima. Il Thyestes parla della vendetta ordita da Atreo ai danni di Tieste poiché quest’ultimo aveva sedotto sua moglie. Atreo ordisce un banchetto con le carni dei figli di Tieste.

Le Phoenissae e l’Oedipus si rifanno al mito tebano. Le Phoenissae parlano della contesa tra Eteocle e Polinice. L’Oedipus parla della rivelazione dell’indovino Tiresia che dice a Edipo che il suo casato verrà flagellato da una maledizione.

Altre tre tragedie sono Medea, Phaedra, Troades, che hanno protagoniste femminili. Nella prima Medea, abbandonata da Giasone, decide di uccidere i figli dell’uomo proprio davanti i suoi occhi. La Phaedra parla delle accuse che Fedra scaglia contro il figliastro, colpevole di non avere accettato le sue effusioni amorose. Le Troades pongono l’accento sulla infelice sorte delle donne troiane fatte prigioniere. Andromaca vedrà morire il suo figlioletto e Polissena, la figlia più giovane di Priamo verrà sacrificata sulla tomba di Achille, suo padre.

Tragedie di Seneca: struttura

Secondo alcuni critici, le tragedie di Seneca sono destinate alla sola lettura a causa delle scene macabre. Altri sostengono che appunto per questo aspetto debbano venire rappresentate.

Seneca pone una nuova concezione del mito come exemplum. Il mirum, il voler stupire, è comunque l’intento principale. Alcuni passi hanno il carattere della declamationes, altre della sententiae (massime filosofiche). Abbiamo scene sanguinarie alternate a riflessioni morali (nel coro). Le tragedie di Seneca rappresentano il dissidio interno dell’animo umano tra mens bona e furor. Nell’età augustea questo genere si era estinto, nell’età giulio-claudia il genere rinasce a causa della sua componente fortemente antitirannica.

Finalità pedagogica e morale

Le tragedie di Seneca sono strettamente legate alla concezione del potere.

L’autore rappresenta le degenerazioni a cui esso può portare (Polissena viene sacrificata sulla tomba del padre), si possono quasi intendere come esortazione a Nerone alla moderazione.

L’uomo deve essere consapevole del suo precario destino e deve rendersi conto che il potere ottenuto con la violenza non può avere una lunga durata. Il potere è inconsistente, e un qualsiasi vento può portarlo via.

Il furor porta l’uomo a esercitare la violenza, sconfigge il logos, tutto interno all’animo umano. Bisogna evitare gli eccessi e la superbia. Seneca si autoaccusa poiché aveva assistito agli efferati delitti di Nerone senza poter fare nulla. Così Agamennone non poteva fare niente per impedire i delitti commessi contro i troiani.

Le tragedie hanno un carattere filosofico, pedagogico, morale, sentenzioso e riflessivo. Alcuni critici hanno messo in luce i limiti delle tragedie di Seneca, sottolineando il loro carattere ampolloso tipico del tempo in cui vive.

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