Le scoperte geografiche nel Rinascimento: riassunto

Le scoperte geografiche nel Rinascimento: riassunto sulle cause e sulle conseguenze, gli esploratori e le innovazioni rinascimentali

Le scoperte geografiche nel Rinascimento: riassunto
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LE SCOPERTE GEOGRAFICHE NEL RINASCIMENTO: RIASSUNTO

Le scoperte geografiche nel Rinascimento: riassunto
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Nel Medioevo le conoscenze geografiche degli europei erano molto limitate. Sebbene fosse nota fra gli studiosi la teoria della sfericità della terra.

Solo alla fine del 1400 prese il via una fortunata stagione di esplorazioni marittime attraverso le acque semisconosciute dell'Atlantico, con l'intento di trovare nuove vie di comunicazione con i paesi orientali produttori d'oro e di spezie, il cui commercio era accentrato e proveniva in quegli anni dagli intermediari arabi.

A rendere praticabili questi viaggi furono alcune innovazioni tecniche, tra cui la caravella in cui vi era più spazio per i viveri, la carta nautica con l'individuazione dei meridiani e paralleli e la bussola.

Ma soprattutto i finanziamenti di alcune monarchie europee, come il Portogallo e la Spagna, interessate ad acquisire nuove ricchezze attraverso il controllo dei mari.

Nel 1487 Bartolomeo Diaz, partendo dal Portogallo, superò il Capo di Buona Speranza, l'estrema punta meridionale africana, aprendo la rotta per l'Oriente attraverso l'Oceano Indiano.

Poco dopo i sovrani di Spagna finanziarono il progetto di un esplorazione genovese, Cristoforo Colombo, che, seguendo i calcoli dello studioso Paolo Toscanelli, riteneva di poter raggiungere la Cina e il Giappone navigando verso ovest attraverso l'Atlantico.

Il 12 ottobre 1492 le sue navi (Nina, Pinta e Santa Maria) approdarono su un'isoletta del mar delle Antille, battezzata San Salvador (così fu chiamata perché fu un viaggio molto lungo); nel corso di una seconda spedizione fu scoperta Cuba.

Colombo, convinto di essere giunto in Asia, non si rese conto che quelle terre facevano invece parte di un continente sconosciuto, l'America.

La Corona spagnola si adoperò per tutelare i suoi nuovi possedimenti. Si giunse così al Trattato di Tordesillas del 1494, stipulato con il Portogallo, con cui l'Atlantico venne diviso in due zone d' influenza da una linea verticale immaginaria (raya): le terre a ovest di quella linea sarebbero spettate agli spagnoli, quelle a est ai portoghesi.

Fra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo, le esplorazioni lungo la rotta di Colombo si intensificarono e videro la partecipazione degli inglesi e dei francesi che si diressero a nord, mentre spagnoli e portoghesi proseguirono verso sud.

Le coste settentrionali dell'America furono esplorate da Giovanni Caboto (1497-98), al servizio dell'Inghilterra e, nel 1524, da Giovanni da Verrazzano, finanziato dalla Francia.

Nel 1500 invece il navigatore ed esploratore portoghese Pedro Alvares Cabral sbarcò in Brasile. Fu quindi Amerigo Vespucci, tra il 1501 e il 1502, a capire che le nuove terre facevano parte di un unico continente prima sconosciuto, che da lui prese il nome di America.

Infine, fu Ferdinando Magellano con il suo equipaggio a compiere la prima circumnavigazione del globo (1519-1522).

SCOPERTE GEOGRAFICHE 1400 E 1500

Le civiltà precolombiane. Prima che vi giungesse Colombo, il continente americano era abitato da circa 80 milioni di indigeni, suddivisi in tribù e accomunati da alcuni tratti distintivi: una scarsa evoluzione tecnica (non conoscevano, per esempio, l'aratro e la ruota) e un'economia basata sull'agricoltura e sulla caccia.

Nell'America Centrale e Meridionale erano sorte tuttavia delle civiltà raffinate. I Maya, insediati nello Yucatàn, vivevano in città-stato rette da re sacerdoti e possedevano un'astronomia e un'aritmetica estremamente evolute; gli Aztechi, popolo assai battagliero, dominavano l'altopiano del Messico dove si trovava la capitale Tenochtitlàn; l'impero degli Incas, fondato su un'aristocrazia militare, si estendeva invece sull'altopiano delle Ande.

Con l'arrivo degli spagnoli, interessati a sfruttare le ricchezze presenti nel continente, le civiltà amerinde vennero distrutte.

Dalla scoperta infatti si passò in breve tempo alla conquista, attuata da avventurieri senza scrupoli, i conquistadores, che, grazie soprattutto alle armi da fuoco, sconosciute agli indigeni, riuscirono ad assicurare alla Spagna il possesso di un vastissimo impero.

Fra questi Hernan Cortés, che tra il 1519 e il 1521 sottomise gli Aztechi, e Francisco Pizarro, che fra il 1531 e il 1534 si impadronì dell'impero degli Incas.

Dopo pochi anni, la Corona, non gradendo l'eccessivo potere dei conquistadores, riaffermò la sua sovranità su queste terre con la nomina di un viceré (1548).

La monarchia spagnola impiantò dunque in America lo stesso modello di governo della madrepatria. Le terre furono affidate a coloni, che potevano sfruttarle a loro piacimento, pagando alla Corona una quota delle loro rendite (sistema delle encomiendas).

I coloni erano tenuti anche a occuparsi degli indigeni e a convertirli al cristianesimo. Di fatto gli encomenderos li sottoposero a estenuanti lavori nei campi e nelle miniere, riducendoli in schiavitù.

Soltanto dopo le denunce dei domenicani Antonio Montesinos e Bartolomè de las Casas, la Corona intervenne per limitare il lavoro forzato degli indigeni.

Nel 1512 Ferdinando il Cattolico emanò le leggi di Burgos; a trent'anni di distanza nuovi provvedimenti furono presi da Carlo V (Nuove Leggi, 1542).

Tuttavia a quel punto si era ormai verificato un vero crollo demografico degli indios, determinato oltre che dalle violenze e dallo sfruttamento, dalle malattie portate dagli europei.

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