Università: ecco i corsi di laurea che aiutano ad entrare nel mondo del lavoro

La laurea serve, visto che i disoccupati laureati sono meno dei disoccupati diplomati e questo vale ancora di più per chi ha studiato ingegneria, architettura o un corso di laurea politico-sociale. Note dolenti sul fronte degli stipendi visto che in Italia un laureato guadagna solo il 33% in più di un diplomato, percentuale che sale all'80% in U.K., U.S.A. e Portogallo

Università: ecco i corsi di laurea che aiutano ad entrare nel mondo del lavoro

Sono più di 400.000 i maturandi che anche quest'anno si apprestano ad affrontare gli esami di maturità, molti dei quali in autunno si iscriveranno all'università. Ma la laurea serve? Secondo questa indagine sembra proprio di si, visto che i diplomati disoccupati sono di più dei laureati disoccupati e a tre anni dal conseguimento del titolo il 74% di loro ha un lavoro (ma solo il 65,6% stabile).

Ma non tutti i corsi di laurea garantiscono un inserimento professionale veloce; questo risulta più facile per i laureati nel gruppo di ingegneria (90,8%), architettura (85,7%) e politico-sociale (85,7%); mentre i bassi tassi di occupazione dei gruppi medico (34,2%) e giuridico (56,0%) risentono dell’alto numero di quanti proseguono gli studi oltre la laurea: presso le scuole di specializzazione, per l’area medica, ed effettuando un tirocinio per la pratica della professione, nel caso dell’area giuridica.

Il gruppo dei corsi di laurea politico-sociale e insegnamento da un lato presentano tassi di occupazione complessivi più alti della media, dall'alto perdono posizioni collocandosi tra i corsi che meno spesso portano ad un lavoro stabile; al contrario, ingegneria si conferma, anche in questo caso, come uno di quei gruppi di corsi che trovano un’accoglienza più facile nel mercato del lavoro.

Il gruppo giuridico risulta essere quello che fa registrare le migliori performances nel confronto tra la situazione lavorativa dei laureati ad 1 anno e a 5 anni dal conseguimento del titolo.
Se tra 1 e 5 anni il tasso di occupazione aumenta mediamente del 32,2%, nel caso delle discipline giuridiche la probabilità di trovare un lavoro si incrementa di quasi il 60%. Il trascorrere del tempo premia particolarmente anche i laureati del gruppo scientifico (+35,8%) ed economico statistico (+35,4%), mentre il gruppo insegnamento (+18,7%) è quello che fa registrare l’incremento più contenuto, pure in presenza di un tasso di occupazione successivo alla laurea tra i più bassi (50,5%).

Il lavoro che si trova è coerente con gli studi effettuati?
Il conseguimento della laurea non sempre conduce ai risultati sperati dal punto di vista della qualità del lavoro o del trattamento economico.
A poco più di tre anni dal conseguimento del titolo, quasi un terzo dei laureati che hanno trovato un’occupazione dopo aver concluso gli studi non svolge un lavoro per il quale era richiesta la laurea. I laureati del gruppo medico, chimico-farmaceutico e ingegneria sono quelli che più spesso (oltre l’80% dei casi) svolgono un’attività adeguata al livello di formazione raggiunta; mentre quelli provenienti dal gruppo educazione fisica, politico-sociale e linguistico, hanno un’occupazione “da laureati” solo in meno della metà dei casi.

Quanto si guadagna?
La mancata coerenza tra livello degli studi concluso e occupazione si riflette anche sulle retribuzioni percepite. La quota di neo-laureati soddisfatta del trattamento economico (62,0%) è infatti più contenuta di quella che si registra nei confronti di altri aspetti del lavoro svolto. Il grado di autonomia e il tipo di mansioni vedono infatti soddisfatti oltre l’85% dei giovani dottori.
Le retribuzioni dei laureati sono un punto dolente per il nostro Paese. I laureati trenta-quarantaquattrenni con una laurea guadagnano solo il 33% in più dei loro coetanei soli diplomati mentre in Inghilterra, U.S.A. e Portogallo la differenza, a favore dei laureati, è di circa all’80%.

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