Il lago di Annecy: testo e commento alla poesia di Eugenio Montale
Testo e commento alla poesia Il lago di Annecy di Eugenio Montale, pubblicata all'interno della raccolta Diario del '71 e del '72. A cura di Marco Nicastro.
IL LAGO DI ANNECY: TESTO
Questa poesia è una delle tante scritte da Montale centrata sulla figura di una donna: in questo caso si tratta con tutta probabilità di Anna Degli Uberti come lasciano pensare i riferimenti presenti in altre due poesie del Diario (Ancora ad Annecy e Annetta).
IL LAGO DI ANNECY
Non so perché il mio ricordo ti lega
al lago di Annecy
che visitai qualche anno prima della tua morte.
Ma allora non ti ricordai, ero giovane
e mi credevo padrone della mia sorte.
Perché può scattar fuori una memoria
così insabbiata non lo so; tu stessa
m'hai certo seppellito e non l'hai saputo.
Ora risorgi viva e non ci sei. Potevo
chiedere allora del tuo pensionato,
vedere uscirne le fanciulle in fila,
trovare un tuo pensiero di quando eri
viva e non l'ho pensato. Ora ch'è inutile
mi basta la fotografia del lago.
IL LAGO DI ANNECY: COMMENTO
La poesia è costruita attorno all’effetto rievocativo di un ricordo apparentemente non legato ad Anna, effetto di cui lo stesso Montale si sorprende. Molti ricordi, come i morti, sono sepolti, ma ogni tanto ritornano secondo meccanismi che i vivi non sempre comprendono (e che hanno a che fare con l’inconscio, almeno in questo caso). Nel caso specifico, un senso di colpa (un rimpianto) attiva il ricordo del lago di Annecy, località che Montale però non aveva mai visitato con lei.
L'ipotesi è questa: il fatto di essere rimasto vivo, di essere sopravvissuto a qualcuno che è stato affettivamente significativo, anche solo nella fantasia edulcorata della propria giovinezza, può causare un senso di colpa inconscio in chi sopravvive, per quanto assurdo ciò possa sembrare. Questo almeno ci insegna la psicoanalisi.
IL RICORDO DI ANNETTA
Forse è quindi proprio da quell'angolo oscuro della mente di Montale che riemerge un ricordo, quello del lago, che non ha a che fare con Annetta. Quel ricordo può essere visto come un rimprovero mascherato proveniente dall'inconscio, per il fatto di essere rimasto vivo; un “ricordo di copertura” - come direbbe Freud - di un profondo senso di colpa, volto a celarlo alla coscienza, perché prenderne coscienza sarebbe doloroso. È come se una voce interiore dicesse a Montale: “Tu sei rimasto in vita, mentre lei è morta. E quella volta, al lago di Annecy, lei non c'era e tu non ci pensavi nemmeno (che forse era già morta), e non ci pensavi perché eri giovane e ti credevi padrone della tua sorte” (come dice l'autore nei vv. 4 e 5). A conferma di ciò, nell’ultima parte della poesia, Montale rivolge a se stesso dei rimproveri espliciti che confermano l’ipotesi del senso di colpa inconscio legato al ricordo del lago: «Potevo / chiedere allora del tuo pensionato / […] trovare un tuo pensiero di quando eri / viva e non l’ho pensato».
Ma il senso di colpa può essere dovuto anche al fatto che Anna, simbolo della vita e della spensieratezza giovanile (così appare in diversi componimenti del poeta), morì abbastanza giovane, mentre Montale è ancora vivo ma niente affatto felice. Il senso di colpa potrebbe quindi essere legato al fatto che il poeta non apprezza la sua vita, benché lunga, come invece nei suoi ricordi faceva Anna, che ebbe invece la sfortuna di morire giovane.
Da notare infine due punte di ironia “acida” di Montale, tipiche delle sue ultime raccolte poetiche. La prima: «tu stessa / m’hai certo seppellito e non l’hai saputo», nel senso che, da morta, Anna non può più rendersi conto di averlo dimenticato, quindi “seppellito” a sua volta; la seconda, che chiude il testo («Ora che è inutile / mi basta la fotografia del lago»), sottolinea il paradosso del fatto che il poeta riesce a dare la giusta attenzione ad Anna solo ora che è morta (e che non serve più) e solo tramite qualcosa che non è minimamente collegato a lei (la foto del lago). Ma questa reviviscenza avviene proprio a causa di quel senso di colpa latente, che riattiva il ricordo e la capacità di rievocazione cui il poeta non era soggetto quando era più giovane e si sentiva nel pieno delle forze, quando sentiva, forse, di poter fare a meno del supporto (e del ricordo) di quella donna.
Il componimento, centrato sul ritorno ossessivo del ricordo e del senso di colpa, a livello formale e lessicale è tutto giocato su contrapposizioni e richiami continui, su circoli e “chiasmi” semantici: ricordo (v. 1), ricordai (v. 4), insabbiata (v. 7), seppellito (v. 8), non lo so (v. 7), non l’hai saputo (v.8), tua morte (v. 3), risorgi viva (v. 9), non ci sei (v. 9), quando eri (v. 12), trovare un tuo pensiero (v. 12), non l’ho pensato (v. 13), allora non ti ricordai (v. 4), potevo chiedere allora (vv. 9-10).
Una struttura che richiama la “ruminazione mentale” e la tortuosità un po' masochistica del vincolo che spesso lega l'io a un forte sentimento di colpa.
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