Analisi e commento de La Vergine Cuccia, poesia di Giuseppe Parini

La Vergine Cuccia di Parini: analisi e commento. Figure retoriche, scelte lessicale, sintattiche e commento alla poesi di Giuseppe Parini

Analisi e commento de La Vergine Cuccia, poesia di Giuseppe Parini
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La Vergine Cuccia di Parini

La Vergine Cuccia di Parini: analisi e commento
Fonte: ansa

La Vergine Cuccia è una poesia satirica di Giuseppe Parini contenuta nel poemetto Il giorno scritto a partire dal 1763. Nel componimento Parini descrive la giornata del Giovin Signore e della sua dama. Di seguito troverai un'analisi del brano, a partire dall'aspetto lessicale ma anche sintattico e delle figure retoriche, per arrivare al commento della poesia. 

Nel testo Giuseppe Parini usa una serie di termini aulici e termini quotidiani. Eccone un elenco:

  • Termini aulici: Pietade, aure, fero, cuccia, alunna, vezzeggiando, eburneo, parea, vulgo, isti
  • Termini quotidiani: anima, facile, simile, bisogni, affetto, limite, mano, bue, lingue, occhi, giorno, vergine, piede, servo, dente, peli, polvere, gemiti, stanze, volto, ira, dolore, sguardi, voce, vendetta, suolo, condanna, merito.

Dal punto di vista sintattico, Parini usa periodi complessi, costruzioni alla latina e inversioni nell'ordine delle parole. Qualche esempio:

  • Costruzioni complesse: Pari a stille tremule, brillanti che a la nova stagion gemendo vanno dai palmiti di Bacco, entro commossi al tipiedo spirare de le prim’aure fecondadrici

  • Costruzioni alla latina: qual anima è volgar la sua pietade all’uom riserbi; i dolci moti a più lontano limite sospinge, la man che il loro fato, ahime! Stringea; e da le somme stanze le damigelle pallide, tremanti, precipitaro

  • Inversioni: a la nova stagion gemendo vanno, l’eburneo dente, scompigliati peli, molli nari

LA VERGINE CUCCIA, FIGURE RETORICHE

Di seguito un elenco delle figure retoriche presenti nel testo della Vergine Cuccia:

  • Apostrofe: Ahi fero giorno,
  • Anafora: Aita, aita- tre,
  • Enjembements: pietade, ribrezzo, lui, moti, mano, agnella, traculento, molli, tortuosamente
  • Attraverso l’amplificazione l’autore cerca, prolungando e sviluppando un'espressione, di ottenere una maggior evidenza ed efficacia o una maggior commozione (“i gemiti alzando aita aita parea dicesse e da le aurate volte a lei l’impetosita Eco rispose l’ira, il dolore l’agitavan ancor; fulminei sguardi gettò sul servo e con languida voce chiamò tre volte la sua cuccia e questa al sen le corse, in suo tenor vendetta chieder sembrolle)
  • Ripetizione di parole o di frasi, spesso con valore espressivo a lui non valse merito quadriluste, a lui non valse zelo d’arcani ufici; in van per lui fu pregato e promesso.”
  • L’antifrasi si coglie nei versi Qual nima è volgar la sua pietade all’uom riserbi e facile ribrezzo destino in lei del suo simile i danni i bisogni e le piaghe il cor di lui sdegna comune affetto e i dolci moti a piu lontano limite sospinge.

LA VERGINE CUCCIA COMMENTO

La Vergine Cuccia di Parini si può scomporre in 4 sequenze:

  1. Nella prima sequenza è presente il punto di vista dell’autore che con tono sarcastico giustifica il pensiero del vegetariano.
  2. Nella seconda sequenza è presente il punto di vista del Signore che con estrema severità condanna chi uccide gli animali
  3. Nella terza sequenza si nota il punto di vista nobiliare della dama. Qui è evidente il procedimento dell’ironia pariniana, quello di assumere l’ottica del mondo rappresentato per meglio farne emergere, grazie al contrasto che si determina con la realtà oggettiva tutta la negatività. Il fatto viene presentato in modo estremamente parziale con una smaccata simpatia per la cagnetta e con un totale incomprensione per l’uomo accompagnata da astio e disprezzo. La cagnetta diventa una creature quasi divinizzata, il suo morso viene minimizzato e i denti preziosi lasciano solo un trascurabile segno, viceversa il servo che le sferra un calcio è addirittura sacrilego e il suo piede è definito villano. I gemiti dell’animaletto provocano sdegno e raccapriccio alla dama che decide di licenziare il servo.
  4. Nella quarta sequenza c’è il punto di vita dell’autore che da un lato sposa l’ottica frivola della dama, esprimendo compiacimento per la punizione esemplare inflitta all’empio, dall’altro invece vibra di sdegno morale per la disumanità della padrone nei confronti del servo. Il tono si fa serio, drammatico, colmo della commozione umanitaria del poeta che rappresenta l’infelice sorte riservata la domestico.

Il narratore, attraverso alcune scelte lessicali, opera da un lato l’umanizzazione-divinizzazione della cagnolina e dall’altro la criminalizzazione del servo: l’umanizzazione-divinizzazione della cagnolina avviene nell’episodio successivo al calcio inflitto dal servo: quando ella guaisce la ninfa Eco risponde impietosita, come se il suo abbaiare si fosse trasformato in voce.

Per criminalizzare il servo l’autore definisce il piede villano e sacrilego.

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