La poesia: caratteristiche

Riassunto schematico sulle caratteristiche della poesia. Struttura, strofe, versi, figure retoriche e i vari tipi di componimento poetico

La poesia: caratteristiche
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Che cos'è la poesia?

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Il termine poesia deriva dal verbo greco poièo che significa “fare, produrre” e infatti è l’arte di produrre composizioni verbali.

La poesia esiste sin dalla notte dei tempi e anticamente aveva valore sacro e perciò veniva utilizzato come strumento che metteva a contatto il cielo con la terra.

Nella poesia, a differenza degli altri testi, ciò che si dice è importante quanto come lo si dice e per questo vi è una forte relazione tra significato e significante.

Le caratteristiche della poesia

Metrica: insieme di convenzioni relative al ritmo e alla struttura dei versi.

Ritmo: la successione di suoni accentati e di suoni non accentati.

Verso: deriva da vertere che significa ritornare a capo ed è l’unità di misura fondamentale del testo poetico.

Sillaba. La sillaba è l’unità di misura del verso e a seconda del numero di sillabe il verso può essere parisillabo o imparisillabo.

Figure metriche. Le figure metriche sono delle figure che regolano l’incontro delle vocali nel verso:

  • Sinalefe: l’ultima lettera di una parola e la prima della parola successiva vengono considerati un'unica sillaba se sono tutte due vocali;
  • Dialefe: l’ultima lettera di una parola e la prima della parola successiva vengono se sono tutte due vocali, dovrebbero essere considerati un'unica sillaba, ma se la prima è accentata no.
  • Dieresi: si evidenzia con la dieresi due sillabe che normalmente verrebbero considerate dittongo per separarle.
  • Sineresi: quando due vocali che normalmente sono in iato vengono considerati dittongo.

Accento ritmico. L’accento che conferisce un particolare ritmo al verso.

Emistichio. Dal greco mezzo verso.

I versi

Versi sdruccioli, piani e tronchi. Si dice verso:

  • sdrucciolo: quando l’accento tonico cade nella terzultima e al conteggio delle sillabe si toglie una sillaba in meno.
  • piano: quando l’accento cade nella penultima.
  • tronco: quando l’accento cade nell’ultima e perciò si conta una sillaba in più.

Cesura. Un artificio molto importante del verso è la cesura che ha lo scopo di creare una pausa e che deriva dal termine latino caedo che significa taglio.

La sua collocazione sta più o meno a metà verso, ma non è sempre regolare e spesso coincide con una pausa sintattica come una virgola o una pausa logica, la quale indica un cambiamento di discorso.

La cesura si utilizza quando si vuole mettere in evidenza una parola chiave come un particolare aggettivo o sostantivo, che per il poeta è interpretata fondamentale per capire il contenuto della sua poesia.

Enjambement

L’enjambement è uno dei tanti artifici della lingua del quale il poeta utilizza per arricchire il suo testo. Letteralmente deriva dal termine francese enjamber che vuol dire “oltrepassare, andare oltre” la misura del verso e infatti significa “scavalcatura e inarcamento”.

Nella poesia il poeta adotta una seria di regole che gli permettono di scegliere quando andare a capo e quando le unità metriche e le unità sintattiche, cioè la frase e il verso devono coincidere.

Scavalcatura, perché la frase sconfina nel verso successivo e ciò significa che si può trovare in versi diversi le parti sintattiche di una frase.

Molti poeti, come ad esempio Foscolo, adottano l’enjambement con varie funzioni, per far sì che la poesia abbia senso o per rallentare il ritmo della poesia.

Separando le parti sintattiche meno importanti si può rallegrare utilizzando l’enjambement per accelerare la poesia, se invece si vuole dare un impressione di malinconia si usa per rallentare.

Rima

Il testo poetico è caratterizzato da un elemento fondamentale chiamato rima, che in passato era quasi obbligatoria. La rima è l’identità di suono della parte finale di due parole, dette compagne di rima a partire dalla vocale tonica, cioè quella accentata.

Versi senza rima sono versi sciolti cioè come quelli moderni. La rima non viene scelta a caso, ma anzi spesso vengono scelte compagne di rima parole che siano sinonime o opposte.

Schemi delle rime.

  • Baciata: AABBCCDD. Effetto vivace delle filastrocche.
  • Alternata: ababcdcd. Un po’ più variante ma sembra abbastanza allegro.
  • Incrociata: Abbacddc
  • Incatenata: Ababcbcdc. Dante è colui che ha inventato questo artificio.

Rima al mezzo. La rima al mezzo cade nella parte finale dell’emistichio nelle sue prossimità, in cui cade la cesura e fa rima con l’ultima o con un’altra in mezzo di un verso successivo.

Rima interna. La rima interna invece cade in qualunque altra posizione che sia interna al verso.

Terza rima. La terza rima è una struttura metrica creata da Dante Alighieri che la usò nella Divina Commedia e portata alla fama in tale opera.

Una composizione in terza rima presenta una sequenza di tre endecasillabi a rima incatenata: ABA BCB CDC.

Ottava rima. L’ottava rima è una forma metrica che fu usata soprattutto dal poeta Boccaccio, composta da strofe di otto versi di cui sei endecasillabi a rima incatenata e due endecasillabi a rima baciata.

Lo schema metrico ABABABCC sono state usate dai poemi epici del 1500.

La rima secondo il rapporto di significato:

  • Rima perfetta: si ha quando due parole hanno una perfetta identità di suono a partire dalla vocale accentata e per cui corrisponde alla rima baciata.
  • Rima imperfetta: si ha un identità parziale di suono a partire dalla vocale tematica data dal fatto che la parola è condizionata dall’assonanza (consonanti diverse e vocali uguali) e dalla consonanza (consonanti uguali tranne la vocale tonica invece per altri è l’esatto contrario dell’assonanza).
  • Rima equivoca: si ha quando due parole sono identiche foneticamente ma di diverso significato.
  • Rima ipermetra: si ha quando l’ultima sillaba di un verso supera la misura del verso stesso e dal punto di vista metrico fa parte del verso successivo.
  • Rima ricca: si ha quando vi è un identità di suono o di fonema precedente alla vocale tonica.

Strofe

Le strofe sono un raggruppamento di più versi, caratterizzate dal numero di versi utilizzato, dalla disposizione dello schema delle rime e dal tipo di rime.

Forme metriche o metro. Combinazione di strofe con certi tipi di versi o di rime di origine medievale, rinascimentale o della modernità.

Tipi di componimento poetico

Sonetto. Il sonetto è la forma metrica più utilizzata e anche la più antica, nasce nella Scuola Siciliana. Il sonetto è composto da due quartine seguite da due terzine (14 versi).

Solitamente le quartine sono a rima incrociata o alternata: ABBA - ABAB. Invece le terzine sono solitamente a rima alternata (CDC DCD) oppure invertita (CDE EDC).

Canzone. La canzone inizialmente era accompagnata dalla musica e successivamente venne utilizzata soprattutto da Francesco Petrarca.

La canzone è una forma metrica di contenuto vario ed elevato composta da un massimo di dieci strofe ad un minimo di cinque.

I versi che compongono le strofe di questa particolare forma metrica sono endecasillabi e settenari, con rime tra loro con varie possibilità.

Canzone libera. La canzone libera è una forma metrica meno vincolata, più moderna e libera, utilizzata soprattutto da Giacomo Leopardi. La canzone libera è composta come la normale canzone da endecasillabi e settenari, spesso però sciolti.

Ballata. La ballata è un componimento che anticamente era accompagnato sia dalla musica, sia dalla danza e la sua caratteristica più comune è quella di avere un ritornello che si ripete identico fino alla fine della strofa.

Questa forma metrica, che può avere varie lunghezze e di cui il maggior esponente è Petrarca, è nata nel 1300 e ha trovato vario impiego nei numeri successivi.

Madrigale. Il madrigale è una forma metrica che prende nome dalla musica che lo accompagna, si formò nel ‘300.

Il madrigale è dato da un componimento di 2 o 5 terzine chiuso da uno o due distici e i versi che lo compongono possono essere solamente endecasillabi. Questa forma metrica fu usata fino all’800.

Ode. L’ode è una forma metrica di cui il suo maggior esponente fu Giuseppe Parini ed è data da versi misti o unici più brevi che possono essere quinari o settenari oppure ottonari e quaternari.

L’ode può avere molti contenuti (religiosi o politici) e molti schemi metrici, questi sono i motivi dei suoi molti nomi, infatti può essere detta inno, romanzo e canzonetta.

Figure retoriche

Le figure retoriche sono forme espressive basate su una deviazione dal linguaggio comune, il cui scopo è quello di rendere il messaggio più efficace ed espressivo, perciò si possono considerare artifici efficienti.

Esse vengono usate anche nel linguaggio quotidiano, ma si può dire che trionfino nella poesia, il loro terreno più fertile.

La retorica nacque in Grecia e poi si diffuse a Roma e anticamente indicava l’arte del convincere e del bel parlare ed era professata dall’oratore, colui che parlava in pubblico.

Tipi di figure retoriche. L’uso attuale nel campo poetico è per lo più d’ornamento e viene utilizzata dal poeta per dimostrare la sua bravura e la caratteristica plasmatica della lingua, la quale possiede molti adeguamenti e faccettature.

Le figure retoriche si dividono in tre grandi categorie: del suono (l'aspetto fonico-ritmico delle parole), del senso e del significato (lo spostamento di significato che i vocaboli possono assumere) e dell’ordine sintattico (disposizione dell’ordine nella frase).

Figure retoriche del suono

Le figure retoriche del suono sono quelle relative alla ripetizione e al parallelismo dei suoni. Insieme alla rima e spesso sostituendola esse danno al testo poetico particolari effetti fonici e di significato.

Alcune figure fonetiche nascono dalla riproduzione o dall’imitazione del suono e si possono creare figure di fonosimbolismo quando le parole scelte hanno un certo significato.

Riproduzione dei suoni:

  • Paronomasia: accostamento di due parole simili nel suono ma diverse nel significato.
  • Consonanza: somiglianza di suono fra due parole, creata dal fatto che le lettere finali sono identiche, tranne la vocale tonica oppure nella parte finale consonanti uguali e vocali diverse.
  • Assonanza: somiglianza di suono che si crea quando nel finale di due parole sono uguali le vocali e diverse le consonanti.
  • Bisticcio: si ha quando le parole hanno suono uguale e significato diverso.
  • Allitterazione: ripetizione di un suono iniziale o interno identico tra parole vicine.

Imitazione dei suoni:

  • Pura propria: imitazione del suono esplicitamente attraverso le parole.
  • Impura impropria: imitazione del suono implicitamente utilizzando parole che ricordano il suono.

Figure retoriche del senso e del significato

Le figure retoriche di senso e di significato sono dette anche translati e implicano delle relazioni inerenti al significato dei termini adoperati.

Il senso e il significato di una poesia può essere molto diverso da persona a persona per il fatto che il poeta usa un tipo di linguaggio detto connotativo, che dipende dalla soggezione e invece non utilizza mai quello denotativo, il quale ha un significato base originario.

Similitudine. La similitudine è un paragone esplicitato, reso chiaro per intero senza che sia sottinteso alcuna parte, un procedimento retorico nel quale vengono messi a confronto due termini di cui uno è noto e uno no.

E quello che non è noto viene reso noto dal confronto col primo per cui io saprò perfettamente quali sono le caratteristiche del termine messo a confronto grazie al termine noto.

Metafora. Metafora deriva dal termine greco metaferein: trasferire e trasportare. C’è un termine concreto un termine figurato e un terreno di confronto e infatti la metafora è una forma affina, ma più ricca di significati alla similitudine perché è un paragone abbreviato poiché c’è un termine sotto inteso.

Analogia. L’analogia è un procedimento che consiste nell’accostare due termini che sembrano opposti e che comunemente non si associano mai dal punto di vista logico di significato.

Sinestesia. Sinestesia deriva da aisthánomai che significa “percepire insieme”. Questa è una figura retorica che consiste nell’accostare due termini che fanno parte di sfere sensoriali completamente differenti.

Baudelaire fecce un abbondante uso di questa figura.

Allegoria. Allegoria deriva da allei (avverbio in greco) agoreuin (parlare): in altro modo.

L’allegoria è un procedimento retorico nel quale un contenuto concettuale viene rappresentato con un immagine che esprime un idea del tutto autonoma e diversa rispetto al contenuto che sta rappresentando.

Rappresenta qualcosa con un concetto che non centra nulla, un esempio sarebbe rappresentare l’avarizia con una lupa. Il poeta che ne fa un abbondante uso è Dante.

Metonimia. Il termine Metonimia è un nome traslato dal greco che indica lo scambio di nome.

Si può considerare come una metafora che si basa sulla sostituzione dei termini ma con la differenza che nella metafora i termini che si sostituiscono sono simili tra loro, invece nella metonimia i termini che si sostituiscono hanno una rapporto di contiguità nella sfera logica.

La metonimia può esprimere la materia per l’oggetto oppure ci possono essere effetti apposto della causa o viceversa o l’autore apposta dell’opera.

Sineddoche. La sineddoche è una forma di metonimia che deriva dal termine greco Sinechdechestai e consiste nel sostituire un termine con un altro che è con il primo in un relazione di maggiore o minore estensione.

Si utilizza per indicare: la parte per il tutto (un senza tetto); il tutto per la parte (ho visto una signora con il visone); una cosa più generica invece di una più specifica; il genere per la specie; la specie per il genere (mi hai tolto il pane dalla bocca).

Antitesi. L’antitesi, dal greco antitesis, indica l’accostamento di tutte frasi o due parole che ambiano un senso contrastante.

Ossimoro. Il termine ossimoro deriva dal greco oxus (acuto, intelligente), moros (sciocco, stolto).

L’ossimoro indica l’accostamento di due parole di senso opposto che sembrano escludersi a vicenda e quasi sempre sono due aggettivi con lo scopo di aumentare il significato.

Litote. Litote, dal greco litotes che significa semplicità, indica l’affermazione di un concetto negando il suo contrario.

Climax. Il climax che in greco vuol dire “scala” consiste nell’accostare tre termini che siano o di significato discendente o ascendente.

Iperbole. L’iperbole deriva dal verbo greco iperbole (iper = oltre; bole: gettare = esagerare) è una figura retorica in cui si esagera per eccesso o per difetto.

Apostrofe. L’apostrofe dal greco apostrefein e consiste nel rivolgersi a una persona o a un oggetto personificato a cui si rivolge con il vocativo e ha il fine di coinvolgere emotivamente il lettore.

Personificazione. La personificazione deriva dal termine latino “persona” e consiste nel considerare oggetti o ciò che non è un essere vivente qualcosa che abbia un animo.

Perifrasi. La Perifrasi deriva dal verbo greco perifrazein (peri = intorno; frazenin = parlare) che significa parlare intorno e perciò la perifrasi definisce qualcuno con un giro di parole.

Reticenza. La reticenza, dal verbo latino “reticere” che significa tacere e indica quelle frasi che rimangono in sospeso e quindi una sospensione che suscita attesa, emozione, suspense e che lascia al lettore l’immaginazione.

La reticenza si riconosce per la presenza dei puntini.

Figure retoriche dell’ordine sintattico

La poesia opera lo spostamento dal linguaggio comune anche modificando l’ordine che normalmente le parole hanno nella frase, poiché la disposizione dell’ordine nella frase può modificare il contenuto della poesia.

La disposizione è molto importante e sotto quel determinato ordine si nasconde uno studio per deviare dal linguaggio comune e anche per far si che si possa capire al meglio la poesia, che così avrà più senso.

Figure dell’inversione: Anastrofe e Iperbato.

Anastrofe, deriva dal verbo greco anastrefein che significa rovesciare ed è infatti l’Anastrofe è il rovesciamento dell’ordine sintattico di due elementi o di due sintagmi successivi.

Quindi per esempio magari del solito ordine ci potrà essere: soggetto, complemento oggetto e predicato.

Iperbato deriva da iperbaton, che significa trasposizione e consiste nel l’inserimento di uno o più parole tra due elementi che dovrebbero essere contigui cioè uno dopo l’altro con lo scopo di metterle in evidenza.

Anafora. L’anafora, deriva dal greco anaferein che significa riportare o dal latino iterazio, nis che vuol dire ripetizione e infatti consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio di enunciati successivi con il fine di rafforzare il ritmo e il significato.

Parallelismo. Il parallelismo consiste nella ripetizione dello stesso ordine di elementi che costituiscono frasi o versi o sintagmi successivi.

Chiasmo. Chiasmo, deriva da chiasmos che vuol dire disposizione incrociata e infatti gli elementi dei due versi sono disposti in ordine inverso e sono legati da aspetto, dal significato o grammaticalmente.

Polisindeto. Polisindeto, deriva da polisedenton significa legato insieme ed è l’esatto contrario dell’asindeto, perciò consiste nell’unione di più elementi collegati fra loro dalla stessa congiunzione.

Asindeto. Asindeto deriva dal greco asidenton, il quale significa “non legate” e infatti prevede l’eliminazione delle congiunzioni fra un termine e l’altro. L’asindeto perciò vi è quando tutti termini sono costati o senza punteggiatura o con la virgola senza congiunzione.

Ipallage. L’ipallage riguarda soprattutto gli aggettivi e deriva dal greco ipallasein che significa “scambiare” e consiste in uno scambio di attribuzioni e avviene quando un aggettivo si lega grammaticalmente ad un sostantivo ma dal punto di vista logico si riferisce ad un altro.

Antonomasia. Antonomasia deriva dal greco antonomazein e significa cambiare nome e consiste nel chiamare una persona non con il nome proprio ma con il nome comune oppure con una nome proverbiale.

Un consiglio in più