La mia sera di Giovanni Pascoli: commento

Commento al testo La mia sera di Giovanni Pascoli, componimento facente parte dei Canti di Castelvecchio. Temi e figure retoriche

La mia sera di Giovanni Pascoli: commento
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LA MIA SERA

La mia sera di Giovanni Pascoli è contenuta all'interno dei Canti di Castelvecchio
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La mia sera è una poesia di Giovanni Pascoli, contenuta all'interno dei Canti di Castelvecchio, opera scritta intorno al 1903.

La poesia può essere divisa in due parti dal punto di vista sintattico:

  1. Nella prima parte, che inizia dal 1° verso fino al 20°, vengono descritti giorno e sera: il giorno pieno di lampi, di scoppi e fulmini, cupo e tempestoso; la sera piena di stelle, pacifica, con cirri di porpora e oro e con il cielo tenero e vivo.
  2. Nella seconda parte invece emerge l’autore, cioè trasforma la poesia, prima scritta in terza persona, facendolo diventare in prima.

La poesia è composta da cinque strofe, formate ognuna da otto versi novenari, ad eccezione dell’ultimo verso di ogni strofa che è senario.

LA MIA SERA, FIGURE RETORICHE

Sono presenti delle figure di suono come le onomatopee (gre gre don don), le allitterazioni della “u” e della “t” (che esprimono un suono cupo e aspro), le rime culla-nulla e era-sera (che indicano una forte opposizione di significato tra un tutto e un niente) e una climax (dicono,cantano,sussurrano, bisbigliano).

Vi sono anche figure retoriche, ad esempio nel verso “voci di tenebra azzurra” sono presenti una personificazione (perché le voci sono un elemento umano), una sinestesia (perché voci e tenebra azzurra provengono da sfere sensoriali diverse) e da un ossimoro (perché tenebra e azzurra hanno significato opposto).

LA MIA SERA: COMMENTO

Dal punto di vista simbolico il giorno indica la vita di Pascoli caratterizzata da momenti di tristezza e angoscia, mentre la sera rappresenta i momenti di quiete. La nuvola nera e la bufera sono le sensazioni provate dopo la morte del padre e le campane sono la culla della madre che trasmette sicurezza e tranquillità. Pascoli usa l’aggettivo “mia” perché paragona il giorno e la sera alla sua vita: infatti tutta l’ultima strofa è autobiografica e ricorda la madre mentre lo cullava per farlo addormentare.

La parola sera è quella su cui si regge tutta la poesia: a volte è in rima con parole che trasmettono tristezza e angoscia (bufera-sera, nera-sera) e altre con parole che trasmettono calma e tranquillità (leggera-sera, intera-sera).

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