La dominazione spagnola in Europa dopo la pace di Cateau-Cambrésis

La dominazione spagnola in Europa e la riorganizzazione politica di Filippo II. Scopri i nuovi equilibri europei nella seconda metà del XVI secolo dopo la pace di Cateau-Cambrésis.
La dominazione spagnola in Europa dopo la pace di Cateau-Cambrésis

1Introduzione

Filippo II di Spagna (1527-1598. Casa d'Asburgo
Filippo II di Spagna (1527-1598. Casa d'Asburgo — Fonte: getty-images

Con l’abdicazione di Carlo V (1500-1558) nel 1556, gli immensi territori del Sacro Romano Impero si divisero in due: da un lato, Spagna, Italia, Paesi Bassi e i possedimenti coloniali in America passarono al figlio Filippo II (1527-1598) re di Spagna; mentre, dall’altro, il fratello Ferdinando I (1503-1564) ereditò il titolo imperiale e si impossessò delle regioni centrali europee.

Alla fine delle grandi guerre d’Italia tra la Francia e gli Asburgo, nei giorni 2 e 3 aprile 1559 fu siglata la pace che passò alla storia col nome di Trattato di Cateau-Cambrésis. L’accordo stabilì:

  • il riconoscimento del dominio asburgico sull’Italia, dove Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna si legarono alla corona spagnola e gli altri territori settentrionali italiani vincolati all’Austria;
  • il possesso della Francia di Calais, Metz, Toul, Verdun, di alcuni territori del Piemonte e del Marchesato di Saluzzo;
  • il conferimento della Savoia a Emanuele Filiberto I (1528-1580).

La frammentazione del Sacro R0mano Impero di Carlo V (1500-1558) comportò ovviamente un cambio degli equilibri politici in Europa: la Pace di Cateau-Cambrésis fu solo la premessa per una nuova serie di scontri per la conquista dell’egemonia che avrebbero coinvolto le principali potenze europee anche nel secolo successivo.

2Spagna

2.1La riorganizzazione dell’impero di Filippo II

Ritratto di Filippo II (1527-1598), re di Spagna in armatura dell'Ordine del Toson d'oro
Ritratto di Filippo II (1527-1598), re di Spagna in armatura dell'Ordine del Toson d'oro — Fonte: getty-images

Con la corona spagnola Filippo II (1527-1598) ereditò dal padre immensi territori, quali: la Spagna, i Paesi Bassi, il Ducato di Milano, i regni di Napoli, Sicilia e Sardegna, la Franca Contea e i possedimenti del Nuovo Mondo.

Proprio il governo di questa federazione di regni separati e diversi l’uno dall’altro fu una delle agende politiche principali del sovrano spagnolo.  

Filippo II scelse di adottare una forte amministrazione centrale fondata sulla figura del monarca e della sua corte, stabilendo come capitale del suo impero la città di Madrid.

Affianco al governo centrale furono istituiti sei Consigli preposti a sovrintendere a determinati territori della corona spagnola.

Inoltre, si aggiunsero anche quattro organi collegiali specifici, quali le finanze, gli ordini militari, l’inquisizione, e le imposte per le Crociate.

2.2La politica di Filippo II

Filippo II ha ricevuto molti degli insegnamenti e delle aspirazioni dal padre Carlo V, tra le quali:

  • l’assoluta abnegazione al ruolo di re;
  • l’attenzione nell’elargire un giudizio imparziale verso i suoi sudditi;
  • l’impegno a rispettare l’amministrazione e le tradizioni delle sue province;
  • la devozione totale a Dio.

La principale politica portata avanti da Filippo II fu l’imposizione dell’ortodossia religiosa in tutto il suo regno: per questo tra il 1558 e il 1560, in Spagna fu rafforzata l’Inquisizione, la quale inasprì i rapporti con le confessioni religiose non cattoliche, in particolare modo represse la comunità musulmana dei Moriscos.

Questo stesso atteggiamento il sovrano lo ebbe anche con le sue province, motivo scatenante primario delle rivolte nei Paesi Bassi. 

3Italia

3.1La collaborazione tra la Spagna e le realtà ecclesiastiche in Italia

San Carlo Borromeo (1538-1584), 1580 circa. Arcivescovo di Milano, canonizzato nel 1610
San Carlo Borromeo (1538-1584), 1580 circa. Arcivescovo di Milano, canonizzato nel 1610 — Fonte: getty-images

La corona spagnola delegò l’amministrazione delle sue province italiane alla figura del viceré, il quale era sovente collaborare a stretto contatto con le autorità ecclesiastiche, anche grazie al clima della Controriforma cattolica.

In questa maniera, il ruolo dei vescovi sul territorio italiano, oltre a ricoprire quello di guida religiosa, fu quello dell’esercizio di funzioni civili.

Fino alla prima metà del Seicento, il Ducato di Milano rimase saldo grazie al governo prima di Carlo (1538-1584) e poi di Federico (1564-1631) Borromeo i quali, con il supporto delle autorità spagnole, si confrontarono con la delinquenza e la malavita dell’epoca, nonché con la peste che colpì la città nel 1576 e nel 1630.

Ciò che contraddistinse l’amministrazione spagnola, che durò fino agli inizi del XVIII secolo, fu la decadenza economica e del prestigio di Milano

Nel caso del Regno di Napoli, l’amministrazione fu principalmente nelle mani delle autorità ecclesiastiche nonché delle congregazioni religiose e ciò fu uno degli effetti diretti del Concilio di Trento: con l’obbligo della residenza nella propria sede ai vescovi, abati e ai parroci, le diocesi del vicereame di Napoli divennero effettivamente degli organi di potere, poiché molto radicati nel territorio e perché vero supporto giuridico, culturale e sociale.

3.2I regni spagnoli difensivi-militari in Italia

Il sentimento di appartenenza all’impero più potente in quel momento fu l’aspetto che contraddistinse la classa dirigente del Regno di Sardegna: i sudditi sardi condivisero totalmente le scelte politiche e gli interessi economici della corona spagnola.

Importante per la Spagna era la posizione strategica della Sardegna, dotandola di numerose torri costiere difensive

Ancor di più rispetto alla Sardegna, il compito primario delle autorità spagnole nel Regno di Sicilia fu quello difensivo-militare: essendo l’isola soggetta a numerose incursioni da parte delle forze musulmane, il governo centrale impose ai siciliani un’alta tassazione per il mantenimento delle guarnigioni militari.

I semi di questo tipo di amministrazione porteranno poi alle insurrezioni popolari antispagnole nel secolo successivo

4Paesi Bassi

4.1Le cause dello scontro tra Spagna e Paesi Bassi

Tribunale dell'Inquisizione spagnola
Tribunale dell'Inquisizione spagnola — Fonte: istock

A differenza del precedente governo asburgico di Carlo V, i rapporti tra la Spagna e i Paesi Bassi erano compromessi: per via delle decisioni politiche di Filippo II, come l’affidamento dell’amministrazione alla sorellastra Margherita Farnese (1567-1643) e il manchevole rispetto verso le autonomie locali, gli olandesi a sentirono la corona spagnola come un’entità straniera e oppressiva

Oltre all’aspetto politico, i dissidi ci furono anche sul campo religioso: da una parte, Filippo II il paladino dell’ortodossia cattolica e, dall’altra, la maggior parte degli olandesi del nord, i sostenitori del cristianesimo riformato.

I provvedimenti dell’Inquisizione spagnola nei Paesi Bassi provocarono il risentimento e il rifiuto della popolazione olandese protestante, nonché anche dell’aristocrazia locale seppur di appartenente al culto cattolico

4.2La rivolta dei Paesi Bassi

A causa delle scelte in materia finanziaria del governo di Filippo II che portarono i Paesi Bassi a una generale crisi economica, si arrivò a una rivolta armata dei sudditi olandesi, passata alla storia come la Guerra degli ottant’anni

Gli interventi di Fernando Álvarez de Toledo, detto duca d'Alba (1507-1582), e di Don Giovanni d’Austria (1547-1578), nonché la bancarotta del 1576, non riuscirono a disinnescare la ribellione

Alessandro Farnese (1545-1592), governatore dei Paesi Bassi
Alessandro Farnese (1545-1592), governatore dei Paesi Bassi — Fonte: getty-images

L’invio a Bruxelles del nuovo governatore Alessandro Farnese (1545-1592) fu importante per l’Unione di Arras del 1579, dove le province meridionali olandesi cattolici giurarono lealtà a Filippo II.

Di contro, nello stesso anno, la guida della rivolta Guglielmo d’Orange (1533-1584), unificò invece le sette province settentrionali nell'Unione di Utrecht, le stesse che lotteranno anche per l’indipendenza nel secolo successivo.

5Le problematiche dell’impero spagnolo

5.1Situazione finanziaria precaria

Il padre Carlo V lasciò al figlio Filippo II un impero con una situazione finanziaria estremamente critica: oltre al debito e a un deficit annuo consistenti, il sistema fiscale spagnolo, soprattutto nelle province, era inefficiente.

La resistenza delle autonomie locali non permisero una riforma efficace e ciò comportò che il bilancio dello stato si dovesse reggere principalmente sulle tasse della Castiglia e sulle entrate delle colonie.

Le numerose spese militari per far fronte ai diversi conflitti per l’Europa e nel Mediterraneo, come la Battaglia di Lepanto del 1571, più la già situazione finanziaria precaria dello Stato, portarono Filippo II a dichiarare bancarotta per tre volte: nel 1557, nel 1575 e nel 1596

Da questa crisi economica la Spagna non riuscì più ad uscirne, tanto che essa arrivò a dichiarare di nuovo fallimento altre sei volte nel secolo successivo. 

5.2I rapporti conflittuali con gli altri stati europei

Con le guerre di religione francesi i rapporti franco-spagnoli si deteriorano sempre di più: lo scopo di Filippo II, finanziando la Lega cattolica nella lotta contro gli ugonotti, era di deporre Enrico IV di Francia (1553-1610) per sostituirlo con la propria figlia Isabella d’Asburgo (1566-1633).

Entrambi stanchi del conflitto, i sovrani si appacificarono nel 1597 con il Trattato di Vervins.

Inizialmente i rapporti tra Spagna e Gran Bretagna erano pacifici, ma questi peggiorarono nel momento in cui la regina Elisabetta I d’Inghilterra (1533-1603) avviò delle politiche militari antispagnole sia in Europa che nelle colonie Americane.

Lo scontro tra i due Stati fu inevitabile ma si risolse con la vittoria della flotta inglese contro l’Invincibile Armata.